Ma Valdo non convince di Francesco Grignetti
Ma Valdo non convince Ma Valdo non convince ROMA. «Ora io sono candidato». Una frase secca di Valdo Spini: alle quindici di ieri pomeriggio veniva fuori la bruciante voglia di segreteria che si era impossessata del socialista toscano, moralizzatore ante-litteram del psi. Spini era reduce da un incontro con la minoranza martelliana, orfana del leader, sbandata, alla ricerca di una ciambella di salvataggio. Spini aveva colto al volo l'atmosfera. E si era proposto come la garanzia contro ogni epurazione interna. «Vi porto la mia solidarietà. Sarebbe miope se, per l'assenza di Martelli, l'assemblea pensasse di marciare come uno schiacciasassi contro Rinnovamento». Ma a sera, quella stessa voglia di segreteria lo ha bruciato. Spini è andato di persona a convincere i più riottosi tra i martelliani che era luì l'uomo della pacificazione interna. E lì l'ha fatta grossa, lasciandosi scappare i corteggiamenti degli «altri». I martelliani li ha convinti. Ma in compenso ha fatto infuriare i craxiani e Amato. Risultato finale: da candidato super-partes, si è ritrovato la minoranza a favore e contro la stragrande maggioranza del partito. Eppure lo doveva immaginare, Spini. Fin dal mattino si era mosso per mettersi alla testa dell'esercito martelliano in rotta. Era andato a trovarli al Residence di Ripetta, dove quelli cercavano di riorganizzarsi e li aveva blanditi niente male: «Non dovete sentirvi assediati. Mi impegnerò con voi a lavorare perché si creino le condizioni di una vostra partecipazione all'assemblea nazionale con piena dignità». Non attendevano altro, i colonnelli martelliani, che trovare un nuovo alleato che li rimettesse in gioco. E così ha preso corpo l'autocandidatura di Valdo. E' stato lui stesso, nel pomeriggio, entrando all'assemblea, a raccontare come è andata: «Ho visto Craxi e mi ha detto che su di me non ha obiezioni, a condizione che si realizzi un larga convergenza. Poi ho incontrato tutti: De Michelis e Conte hanno dato la propria disponibilità; Rinnovamento ha già indicato stamattina il mio nome». A dire il vero, però, i martelliani non si sono pronunciati fino a sera, fino alla riunione galeotta. Fin a quel momento, i colonnelli avevano fatto capire che andava bene. Giorgio Ruffolo: «Una soluzione unitaria è a portata di mano, ma non voglio fare il nome del compagno candidato perché sennò si brucia». Mauro Del Bue: «Se il nome è Spini, noi andiamo all'assemblea e lo votiamo». Di Donato: «Compagni, non dico di avviare una trattativa, che sembra una brutta parola, ma un confronto con le altre anime del partito. Il rinnovamento non siamo solo noi». Il problema di Spini, però, è che sul suo nome non s'incontrava solo ed esclusivamente entusiasmo. Era scontata l'opposizione del gruppo Formica-Signorile, che lo accusa di aver boicottato l'ex sindacalista Benvenuto. E c'erano perplessità anche in una buona fetta dei martelliani, Giacomo Mancini e Aldo Aniasi in testa. Molti della base chiedevano addirittura un direttorio. Poi c'era la maggioranza, che a dire di Craxi - lo ha detto ai martelliani e quelli lo hanno raccontato nella loro assemblea - si sarebbe spaccata sulla candidatura di Spini. E Giuliano Amato. I due si erano parlati al telefono! Ma nessuno poteva giurare sul placet del capo del governo. Per tutto il giorno, comunque, Spini è entrato ed uscito da riunioni. Si è mosso da protagonista. Ha sorriso alle telecamere che per una volta lo corteggiavano. A sera, finalmente, aveva arringato la sua minicorrente. «Sono pronto a guidare il partito». Non lo voleva ammettere, ma accarezzava un sogno: Bettino, al Midas, non ha cominciato con il 10 per cento dei voti? Francesco Grignetti
Persone citate: Aldo Aniasi, Craxi, De Michelis, Di Donato, Giacomo Mancini, Giorgio Ruffolo, Giuliano Amato, Mauro Del Bue, Valdo Spini
Luoghi citati: Roma
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