E fiorini vuota il sacco

E fiorini vuota il sacco E fiorini vuota il sacco Il finanziere conferma a Di Pietro quel conto serviva anche a Craxi GINEVRA. Il cerchio sul fatidico conto Protezione che inguaia Bettino Craxi e Claudio Martelli, Antonio Di Pietro è venuto a chiuderlo qui, nel palazzo di giustizia di Ginevra, davanti alla faccia liscia del detenuto Florio Fiorini. Quattro ore e mezzo di interrogatorio per l'ex finanziere d'assalto. E questa volta tutto combacia. Perché Fiorini ha deciso di collaborare e i misteri che per quasi dodici anni hanno coperto il conto Protezione, spariscono (o almeno sembra). Sì, quei sette milioni di dollari che l'allora presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi, tra il 1980 e il 1981, fece affluire sul conto 633369 nella filiale Ubs di Lugano, erano a disposizione di Craxi. Sì, l'intestatario del conto era Silvano Larini. Sì, Claudio Martelli sapeva. E ancora. Fiorini ammette di essere l'uomo che per tutti questi anni ha avuto il compito di proteggere la segretezza di quel conto. Antonio Di Pietro - con i colleghi Pier Luigi Dell'Osso e Luigi Orsi - è arrivato alle 14,50 con la faccia tirata. E' ripartito cinque ore dopo, ma con un mezzo sorriso. I due avvocati di Fiorini, Marc Bonnant (ex difensore di Licio Gelli) e Vincenzo Maroni, hanno implicitamente confermato la resa del loro assistito. «L'atmosfera di questo interrogatorio era ottimale» dice Bonnant. E Maroni: «Mancava solo il tè perché fosse perfetta». Ora Bonnant non dice più come nei giorni scorsi: «Il mio cliente è detenuto in Svizzera per bancarotta. Non accetterà domande sulla titolarità del conto Protezione», ma afferma: «Sì, abbiamo parlato del conto. Con l'arresto di Larini e le sue ammissioni, il problema è superato». Superato. Perché Larini, ammettendo di essere il titolare di quel conto, ha fatto saltare l'ultima serratura. Quella già violata dalle carte ritrovate a Gelli nel 1981. E poi in un paio di appunti sequestrati proprio a Fiorini dove i nomi di Craxi e Martelli risultavano legati al conto. Ma fino a ieri erano solo appunti che le strenue smentite dei due rendevano innefficaci. Il segreto dura sino al terremoto di Tangentopoli. Larini scappa. Ritorna, ammette: quei soldi erano a disposizione del psi. E oggi Fiorini segue a ruota e collabora. Qui in Svizzera, per il crack Sasea, rischia fino a vent'anni di galera. La sua disponibilità a dipanare la matassa dell'altro e ben più clamoroso crack (quello del Banco Ambrosiano), può essere una delle ultime carte da giocarsi. Ip. cor.]

Luoghi citati: Ginevra, Lugano, Svizzera