Il cantiere-Balia sta chiudendo
26 KAnce dà l'aUarme: Tangentopoli ormai blocca tutto, lo Stato investa subito Il cantiere-Balia sta chiudendo E250 mila edili rischiano ilposto ROMA. Duecentocinquantamila posti di lavoro a rischio nel settore delle costruzioni. Dopo un 1992 «nero» per le imprese edili si prospettano ancora momenti difficili. A temere di più gli effetti della crisi sono le piccole imprese riunitesi ieri a Roma in una «convention» nazionale. La crisi generale dell'economia del Paese e il ciclone «Tangentopoli» hanno messo alle corde 20.mila imprese, soprattutto di piccole dimensioni. Queste, avverte Riccardo Pisa presidente dell'Associazione nazionale costruttori edili, «sono giunte al limite della loro posibilità di sopravvivenza». Una crisi grave che nel 1992 ha causato la perdita di 100 mila posti di lavoro. Non solo imputati, ma anche vittime dell'inchiesta Mani pulite. Uno stato d'animo espresso ieri per tutti da Pisa che ha denunciato «il clima di ingiusto sospetto che si è generato intorno alla intera categoria». Per uscire da questa situazione ed evitare il.fallimento di migliaia di imprese c'è bisogno, avverte l'Ance, che la pubblica amministrazione «torni a fare il suo dovere, che è quello di amministrare e di pagare». I costruttori denunciano i ritardi dell'amministrazione nei pagamenti dei lavori eseguiti dalle imprese e l'immobilità del settore. «Non possiamo accettare - ha detto Pisa - che per effetto della magistratura nessun pubblico potere possa più assumersi responsabilità. Far luce sull'inquinamento degli appalti è necessario e auspicato da tutti, ma non deve in alcun modo comportare conseguenze sulla sopravvivenza di 20 mila imprese del settore e sull'occupazione di oltre 2 milioni di addetti che vi lavorano». Rientro dei debiti, sblocco dei 50 mila miliardi previsti dal governo per investimenti in opere pubbliche, riduzione del costo del lavoro e degli oneri sociali ai livelli dell'industria manifatturiera, misure per agevolare processi di «concentra¬ zione, fusione e aggregazione di imprese di costruzioni». Sono gli ingredienti della ricetta dell'Ance per uscire dalla crisi. Proposte da attuarsi con regole nuove da vararsi subito. Ma prima che vada in porto l'approvazione del testo di riforma degli appalti proposto dal governo e dal Parlamento non sono pochi i nodi da sciogliere. E' in discussione l'esistenza dell'Albo nazionale costruttori che nelle intenzioni del ministro dei Lavori pubblici Francesco Merloni dovrebbe sparire. Contrari i costruttori. «Il ministro - ha detto Pisa - si è troppo affezionato ad alcune cose, non capisco come l'albo possa essere considerato un elemento contrario allo sviluppo della concorrenza». L'Ance contesta anche l'abolizione della revisione prezzi per tutti i lavori con durata fino a tre anni prevista nella proposta legislativa del governo. «Questa previsione - spiegano i costruttori - costituisce una profonda ingiustizia, ancora più intollerabile se si considera che l'aggiornamento dei costi viene pienamente riconosciuto agli altri settori produttivi». Il presidente dell'Ance comprende la prudenza del ministro Merloni ma avverte che il «fattore tempo» è determinante per la sopravvivenza delle imprese. Liberare i «50 mila miliardi» previsti significherebbe per il settore una disponibilità di 15 mila miliardi l'anno che eviterebbe a 250 mila persone di trovarsi a spasso. «Questi soldi - ha spiegato Pisa - devono servire a mandare avanti in particolar modo i lavori con effetti capillari sul territorio e sull'occupazione, oltre a quelli necessari alla modernizzazione strategica del Paese». In attesa dell'approvazione delle nuove norme per l'Ance si dovrebbe porre mano a rendere esecutivi i progetti. «Altrimenti fra un anno - ha detto Pisa - non so quanti di noi riusciranno ancora ad essere operativi». Maria Corba Francesco Merloni
Persone citate: Francesco Merloni, Maria Corba, Merloni, Riccardo Pisa
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