Nebbia-killer altra strage in autostrada

Dopo il lunedì nero in Emilia, tamponamenti ieri sulla Torino-Milano: molte vetture in fiamme Dopo il lunedì nero in Emilia, tamponamenti ieri sulla Torino-Milano: molte vetture in fiamme Nebbia-killer, altra strage in autostrada Sette morti, un centinaio di feriti VERCELLI. Alle 8,45 scoppia l'inferno in autostrada. Alle 8,45 si vedono le macchine e i camion volare. «Sì, proprio volare» dice il camionista torinese Marco Bobbia. E piange, come un bambino, ha il volto insanguinato, piange e ride. «Non so come faccio ad essere vivo». 8,45, sull'autostrada MilanoTorino, fra i caselli di Santhià e di Carisio: è l'ora della morte. Muoiono sette persone: un tecnico dell'Enel di Novara, Paolo Zappa, 36 anni, sposato e padre di due bambini; Fabio Giunchi, 54 anni, di Milano; il camionista Antonino Giuseppe, 50 anni, di Baranzate (Milano); quindi tre amministratori varesini che stavano andando ad un convegno sugli enti locali a Courmayeur: Eraldo Benvenuti, 50 anni, assessore esterno al Bilancio della nuova giunta di Varese e «commissario ad acta» a Lecco; Enzo Suigo, 59 anni, funzionario del Coreco di Varese, e Nadia Broganelli, 40 anni, di Gavirate, segretaria del Coreco. Infine, Stefania Bocchi, 23 anni, di Malnate (Varese). Non c'è più niente di umano in quei corpi che i vigili del fuoco estraggono con delicatezza, quasi con premura dalla lamiere che non sono più lamiere. Soltanto Paolo Zappa è stato risparmiato dalle fiamme che hanno fatto ribollire l'asfalto dell'autostrada. Nebbia e fumo. E' una bolgia dantesca questa autostrada, questi seicento metri di autostrada, a un paio di chilometri dal casello di Carisio. Tre tranche di incidenti nella nebbia. Non si vede nulla, dieci metri o poco più di visibilità. «Bisogna chiuderle le autostrade quando c'è una nebbia del genere, perché andare piano non serve. Io andavo piano, e sono salvo per miracolo», dice un automobilista lombardo. Ha una sessantina d'anni, si tam pòna le ferite ad una gamba. E racconta una storia da confini della realtà. La storia di come è uscito vivo. «Davanti a me - spiega - ho visto un groviglio d'auto. Sono riuscito a fermarmi e a mettere in funzione le frecce a intermit tenza. Poi ho sentito un rumore da terremoto: un camion carico di bottiglie si è impennato sopra la mia testa, mi ha letteralmente saltato ed è finito sopra quelle macchine. Una cassa di botti glie mi ha sfondato il tettuccio, proprio un istante prima che qualcos'altro mi venisse addosso. Ho usato una di quelle bottiglie per rompere il finestrino, e sono uscito prima che si accendesse il rogo». Sì proprio il rogo, uno dei tanti esplosi in un attimo. E in uno di essi, una ragazza (Stefania Bocchi?) che piange, che grida «Aiuto, aiuto». La vede un giovane extracomunitario, appena sceso da una «Opel» a pezzi. «Non dovevo vederla - racconta - ma l'ho vista, e non la dimenticherò mai, finché vivo. La sua macchina era una torcia. Ha gridato con quanto fiato aveva in gola. Per qualche secondo. E io non potevo far niente, niente. Poi non ha gridato più». Quanto dura questo massacro? Pochi minuti. Tanto bastano perché duecento macchine finiscano nel groviglio, perché un centinaio di persone restino ferite, perché si mobilitino vigili del fuoco, polizia, carabinieri dell'intera provincia. Tutto è nato, sembra, per un pullman carico di turisti (di Aosta o di Matera, non è ancora ben chiaro) che ha tamponato un'autocisterna di Gpl. Nessun ferito sul pullman, ma è stata la scintilla che ha acceso l'inferno. Le ambulanze arrivano a raffica: caricano i feriti. I meno gravi, una sessantina, vengono portati a Santhià. Gli altri a Biella e a Vercelli. Alcuni non si fanno nemmeno medicare. Sono appena usciti dalle carcasse delle auto, seminudi, con i vestiti a pezzi. Si mettono addosso coperte, plaid. Cercano di arraffare qualcosa per proteggersi dal freddo. Un uomo, sotto choc, nota i fotografi dei giornali e dice: «Mi fate una foto per l'assicurazione? Aspettate che prendo i documenti». Ma non c'è più nulla da recuperare: l'auto non esiste più. E arrivano i soccorsi. Non dal cielo perché la nebbia impedisce agli elicotteri di levarsi in volo. Ecco le autopompe dei vigili del fuoco, le pattuglie della Polstrada, le a^to dell'esercito e della Protezione! civile, mentre i carabinieri ^*-!»incaricano di chiudere Mutostrada (che verrà aperta|probabilmente oggi, nebbia permettendo) e di dirottare il traffico sulla statale, verso Cigliano. I vigili del fuoco non solo soccorrono la gente, estraggono le salme, ma fanno arrivare i pullman per portare chi è rimasto a piedi alla stazioni ferroviarie più vicine. E ancora, organizzano una spedizione all'ipermercato «Continente»^ di Vercelli 1 per comprare cibo: ci sono almeno 300 persone da sfamare, bloccate su quella striscia di autostrada in cui sono addirittura spariti tratti di asfalto. Tra gli automobilisti illesi c'è Michele Alboreto: è uscito dal tettuccio apribile della sua «Mercedes» accartocciata. Nel terzo groviglio, c'è anche un carro funebre con una bara. Ed è appunto su questo morto che si è equivocato a lungo per il numero delle vittime: quattro erano nell'obitorio di Santhià, quattro a Carisio, ma era compreso il- defunto che si trovava nella bara carbonizzata. Nella notte il prefetto di Vercelli Francesco Marino ha confermato che i feriti portati in ospedale sono 86: quattro di loro sono in prognosi riservata. Marino dà i nomi e ripete ciò che adesso pretendono tutti: quando c'è nebbia, questa nebbia, bisogna chiudere le autostrade. Ma, come sempre, dopo una strage cominciano le polemiche. Enrico De Maria 8 iutim *Nj§ Gli incidenti tra i caselli di Santhià e Carisio Un autista: «Ho visto i veicoli volare» Riconosciute finora solo due delle vittime tra le quali un assessore comunale di Varese Qui a fianco Michele Alboreto, appena uscito dalla sua auto. A sinistra *Nj§ l'ammasso di lamiere bruciate dopo il tamponamento (FOTO GOLETTI LA STAMPA]