l'qnti-crociqtq dell'Islam di Domenico Quirico

l/qnti-crociqtq dell'Islam l/qnti-crociqtq dell'Islam Una caccia al cristiano lunga 40 anni ANALISI IL MASSACRO CENTO anni fa dalle arroventate distese di sabbia e di pietra che assediano la striscia azzurra dell'Alto Nilo uscì un uomo che impugnava la bandiera verde del Profeta. Lo chiamavano Mah di, uno dei tanti che scuotono nei secoli il rassegnato ron-ron dell'Islam umiliato dall'Occidente; come tutti i visionari e i santi la sua biografia era incerta e sfuggente, ma le sue grida, contagiose come una epidemia, rimbalzarono fuori dal Sudan, scossero come un tremito tutta l'Africa di Allah, dalle torri di Timbuctù alle acque del Mar Rosso, fecero tremare i vessilli degli imperi cristiani. Come le tempeste del deserto da cui era nata, la rivoluzione del Mah di fu accecante, .irresistibile ma breve come un lampo. Per batterlo ci voleva la calma, metodica tenacia di un fondatore di imperi; l'Inghilterra che doveva difendere il suo interminabile, vitale corridoio di sabbia e di savane che legava il Mediterraneo al fondo dell'Africa aveva un simile uomo. Lord Kitchener attraversò il deserto, riconquistò Karthoum e schiacciò sotto le ruote dei cannoni le bandiere del Mahdi. Ma il profeta non fu mai nell'elenco dei suoi trofei, era già morto e non gli restò da vincere che il Khalifa, suo fragile erede. Un secolo dopo c'è un nuovo profeta del passato che infiamma questa terra di frontiera dove culture e fedi rifiutano di confondersi e combattono nel sangue e nell'orrore una crociata infinita. Si chiama Hassan el Tourabi e la somiglianza con l'altro Mahdi è impressionate. Lo stesso fisico sottile e duro come un filo di ferro, il viso scavato che annulla il tempo dei suoi 62 anni, dove il candore del turbante moltiplica il guizzo degli occhi. Anche lui annuncia che «il tempo dell'ira e della spada» è ritornato. Tourabi non è un religioso, ma in migliaia di moschee, dall'Algeria all'Iran, il suo nome è sussurrato con un soffio di pauroso rispetto; non è un po¬ litico perché è convinto che solo Dio merita il potere, ma tiene le brighe di un Paese otto volte più grande dell' Italia, tratta alla pari con gli ayatollah di Teheran, dirige un esercito clandestino di fanatici pronti a gettarsi sull'Occidente. Tourabi è solo un professore che ha studiato a Londra e alla Sorbona le eresie del nemico; preferisce fare la storia stando dietro le quinte, tessendo i fili della cospirazione e del complotto, gettando le sue reti con le macchinazioni di forze irresistibili perché occulte. Un semplice, modesto «consigliere» che prima ha convertito l'ex dittatore Nimeiri da un pasticciato marxismo nasseriano alla legge islamica; e ora istruisce una giunta di militari fondamentalisti nella sua prima guerra santa. Gli infedeli, da sterminare prima che da convertire, sono i cristiani e gli animisti del Sud; ma è solo una prova generale per tutti gli infedeli del mondo che bisognerà riportare alla spietata dolcezza della famiglia musulmana. La tragedia del Sudan è rivestita di giacinti e di papiri, lussureggiante e mortifera come le pianure paludose tra Malakal e Bor dove il «budd», la barriera, blocca il Nilo con la forza di una catena vegetale. Nei secoli questa frontiera di acque e di piante ha diviso le culture nilotiche dal mondo arabo. Due Paesi, due religioni, l'Islam e l'animismo temperato dalle parole cristiane, due lingue, arabo e inglese. La saggezza dei britannici li voleva separare, l'equivoca unanimismo dell'indipendenza li ha forzatamente unjti pel J56. : , Ma è sempre difficile addomesticare la storia e la lotta del Sud per far riconoscere all'Islam la sua diversità è subito cominciata. L'epopea degli «anyanya» odora di morte e di sangue come il micidiale serpente da cui i ribelli presero il nome, finanziata e armata dagli etiopici alleati dei cristiani; alleati non disinteressati perché Karthoum a sua volta appoggiava gli indipendenti¬ sti eritrei. Sedici anni di massacri che un accordo firmato ad Addis Abeba con la mediazione del Negus sembravano aver interrotto. Ma la pace aveva due nemici implacabili e subdoli. La feroce determinazione di Tourabi a soffocare dolcemente il Sud con il mortale abbraccio della sharia, innanzitutto: fu lui a spingere Nimeiri a proclamare la legge coranica, costringendo nell'83 a una nuova rivolta cristiani e animisti. E poi un beffarde sgambetto della natura, la scoperta del petrolio a Bentiu. Un dono di Dio (o di Allah) che il governo centrale cercò prudentemente di arruolare sotto le sue bandiere spostando il territorio «del miracolo» nei confini delle province musulmane. Il Garibaldi del Sudan cristiano ha il volto massiccio di un ex colonnello diventato guerrigliero. Aveva studiato all'università economia agricola per aiutare il suo Paese a ridiventare il granaio dell'Africa come ai tempi dei faraoni. Ha dovuto invece ri¬ passare le strategie apprese sui banchi di West Point per difendere la sua gente, i dinka, dal massacro. Garang non è un apostolo senza macchia e senza paura: ha risposto alla violenza con violenza, e forgiato, in nome della guerra civile, una dittatura militare dura e assoluta, provocando tra i ribelli faide interne e ribellioni. La divisione nel campo cristiano ha ridato forza alle offensive islamiche, affidate al furore dei 60 mila pasdaran di el Tourabi, fanatizzati e armati da «tecnici» inviati dagli amici di Teheran. Per «Africa Watch» le vittime di -questa crociata al contrario, negli ultimi cinque anni, sono oltre 600 mila. Il Sudan è forse l'ultimo Paese al mondo in cui prospera un fiorente mercato degli schiavi, neppur troppo segreto: un bambino dinka costa venti-trentamila lire. I dinka, naturalmente, non sono musulmani. Domenico Quirico

Persone citate: Garang, Hassan El Tourabi, Negus, Profeta