Zega «Non volevamo impallinare Ciampi» di Alberto Papuzzi

6 Il direttore di Famiglia Cristiana: Bankitalia e Opus Dei? Solo informazione Zega: «Non volevamo impallinare Ciampi» IL SETTIMANALE CATTOLICO E GLI SCOOP ALBA DAL NOSTRO INVIATO Come ogni martedì che Dio manda sulla terra, don Leonardo Zega, direttore di Famiglia Cristiana, corregge le bozze del suo editoriale, nel modernissimo stabilimento di stampa e spedizione della Società San Paolo. Questo religioso dall'aria mite, marchigiano, 65 anni è da tredici anni il dinamico direttore di un giornale cattolico che ha l'ambizione di garantire un'informazione laica. Prima della direzione, è stato per altri 13 anni il vicedirettore di don Giuseppe Zilli, il paolino che fece di un bollettino parrocchiale un magazine famigliare di grande tiratura: un milione 250 mila copie, sei milioni di lettori. Un settimanale che non rifiuta le polemiche d'attualità. Don Zega, che cosa pensa dei concorrenti laici? «Ogni giornale dovrebbe avere un'anima e un volto. Se ti presenti come un newsmagazine perché non ti comporti come tale? Che c'entra Sgarbi nudo in copertina? Il Time non lo farebbe. Ma in Italia inseguiamo sempre il Guinness dei primati: facciamo il newsmagazine con le copertine sporcaccione e il famigliare che è uno s-famigliare. Esce Noi e per tre numeri presenta coppie sfasciate, da Caroline di Monaco a Borg e Berte. Dicono che le vogliono le indagini di mercato. Mah! Se la novità è mettere in copertina Parietti che offre il profilattico ne faccio a meno. Una volta il settimanale era la sede della riflessione, dell'approfondimento: adesso è tutto una zuppetta indistinta». E l'informazione politica? «Se non è scandalistica non esiste. Anche noi diamo le botte in testa ai politici, ma non abbiamo questo gusto dello sfascio con l'occhio all'audience: se non si strilla, strapazza, dissacra, smitizza, non è più giornalismo. Una giornalista laica, che lavora in un giornale non di provincia, mi ha telefonato ieri sera: don Zega, se hai un posto per me io vengo subito, non sopporto più l'aria fetida che si respira da me». Ma anche «Famiglia Cristiana» fa gli scoop, o no? «I nostri più grandi scoop sono stati tutti involontari». Che cosa vuol dire involontari? «Che avendo una notizia l'abbiamo data, non per fare uno scoop, per per dovere di informazione». Anche con l'articolo sulle dimissioni di Ciampi da Bankitalia? «Ma certo! Si è voluto vedére qualcosa che non c'era. Milano Finanza ha scritto persino che l'articolo era firmato con uno pseudonimo e tanti giornali hanno ripreso questa cavoiata. L'articolo era firmato da Guglielmo Nardocci, nostro redattore parlamentare da diversi anni. Si sono anche inventati una telefonata del Presidente della Bepubblica, che mi avrebbe sgridato...». Però Scalfaro lo conosce. Vi conoscete bene? «Lo conosco, ma non mi ha telefonato. E' possibile che Scalfaro abbia fatto una telefonata a Nardocci. Ma non per sgridarci, 10 assicuro. Abbiamo dato delle informazioni, non abbiamo cercato uno scoop, per impallinare 11 governatore». La gerarchia ecclesiastica è contenta di voi o ci sono dei problemi? «I rapporti con la gerarchia sono ottimi all'88 per cento. Poi c'è un dodici per cento di scontento, metà di destra, metà di sinistra: di chi ci ritiene o troppo avanguardisti o troppo prudenti». Lei ha rapporti diretti con il Papa? «No. Ho visto il Papa in udienza privata solo una volta, e ho portato con me il vicedirettore e i due capiredattori. Non ho più parlato con il Papa né in privato né in pubblico, né di persona né per telefono». Che cosa pensa del «Sabato»? «Niente bene. Un giornale settario, che punta allo shock. Anche con noi hanno cercato la polemica, ma non abbiamo abboccato. Non mi piace il giornale. E non mi piace il Movimento popolare». Qual è il male della vita italiana? «Il male è la separazione fra etica e politica. Quella separazione predicata da Miglio, fin da quando flirtava col Sabato e con don Giussani. Quando ci dicevano: la politica si basa sul denaro e gli affari, dobbiamo sporcarci col denaro e gli affari, se voglia- mo davvero fare politica. Le stesse cose che scrive Gianni De Michelis, che scrive Giuliano Ferrara. Su questa separazione fra etica e politica è avvenuto lo sposalizio fra Craxi e CI. Adesso teorizzano di averlo fatto per salvare il Paese dai potentati economici, dal partito trasversale, da Eugenio Scalfari. Cavolate. Non è che io ami Scalfari: ma penso che la politica deve riscoprire il suo valore alto e nobile». Ma voi non avete niente da rimproverarvi? Non avete sostenuto troppo la de? «L'abbiamo scritto sull'ultimo numero: negli Anni Ottanta non eravamo in emergenza, per cui se si è lasciato fare si è trattato di un complice silenzio. Se siamo stati zitti noi, se sono state zitte le gerarchie, delle responsabilità ci sono. Però quando Arnaldo Forlani è stato eletto segretario il nostro editoriale si intitolava: ecco che ritorna la vecchia de. E' l'unica volta che Forlani mi ha telefonato: ma come, mi ha detto, proprio tu che sei anche un mio compaesano». Alberto Papuzzi e «Il "Sabato" di Banfi? Non mi piace affitto I nostri rapporti con la gerarchia ecclesiastica? Ottimi, all'88%...» A sinistra Carlo Azeglio Ciampi governatore di Bankitalia A destra don Leonardo Zega direttore di Famiglia Cristiana In alto una copertina del settimanale cattolico

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