«Ricordi padre quando mi vendesti a uno stupratore?» di Mirella Serri

«Ricordi, padre, quando mi vendesti a uno stupratore?» Intervista con Zana Muhsen, offerta per 1300 sterline a uno yemenita: ora in un libro lancia protesta e vendetta «Ricordi, padre, quando mi vendesti a uno stupratore?» Ceduta per generare «un figlio musulmano». E l'Inghilterra stava a guardare ROMA I sono rabbia e dolore insieme nelle lacrime che riempiono gli occhi neri di Zana Muhsen, venduta per 1300 sterline dal padre yemenita, con cui viveva a Birmingham, e vissuta prigioniera nello Yemen. La sorella Nadia, che ha subito la stessa sorte, e il figlio Marcus, che Zana ha avuto dal «matrimonio» al quale è stata costretta, sono ancora là, tra le montagne mediorientali, in spaventose condizioni di vita: «Il governo inglese non fa niente per aiutare mio figlio e mia sorella a uscire dallo Yemen. Al contrario, cerca di insabbiare tutto». Perché? «Teme che a partire dalla nostra storia lo scandalo si allarghi a macchia d'olio. E che emergano gli innumerevoli casi di ragazze rapite e vendute nei Paesi arabi. Esiste una volontà politica di ignorare, per non far fronte a grandi problemi diplomatici». Il viso dai lineamenti delicati della Muhsen è controllato nella sofferenza: le mani grandi e forti, dalle unghie rosicchiate, sono contratte e immobili sulle ginocchia. Il libro della Muhsen, appe¬ na pubblicato in Italia dalla Mondadori, Vendute, ha fatto scalpore all'estero. E proprio grazie alle pressioni della stampa internazionale Zana - in questi giorni a Roma - è riuscita recentemente a tornare nello Yemen. Ma il suo permesso è stato di soli tre giorni e l'incontro con la sorella è durato appena un'ora: «Non abbiamo potuto parlare da sole. Intorno a noi sedevano una ventina di uomini. Nadia, comunque, riesce ancora a esprimersi in inglese. Ma il suo stato psicologico e mentale è molto confuso. Vuol tornare in Inghilterra, ma ha paura delle sevizie che possono fare a lei e ai suoi bambini se avanza questa richiesta». Lo stesso capitava a Zana: botte, umiliazioni, sorveglianza continua se accennava ai «pa¬ droni» yemeniti il desiderio di riconquistare la libertà. La Muhsen ha oggi 27 anni. Ne aveva 15 quando il padre le promise di farle passare vacanze di. sogno nella sua terra natale. All'aeroporto venne data in custodia all'amico Abdul Khada, aria riservata, baffi neri e spioventi. Dopo il lungo viaggio, Zana non trovò nulla di quanto aveva immaginato: né le spiagge dorate che il padre le aveva descritto, né parenti affettuosi e cordiali. Ad aspettarla, a nove ore di macchina dal paese più vicino, c'era un gruppo di case in cima ad una pietraia, case di terra e fango, maleodoranti, senza servizi igienici, senza acqua. Al calar della sera il figli' di Abdul le venne presentato coue suo «marito» e al diniego ostinato della ragazza seguì la violenza fisica: «Era im- possibile fuggire. Non parlavo arabo. Non c'era telefono né posto di polizia, non c'era un trasporto pubblico. Abdul mi aveva sequestrato il passaporto». Zana cercava di scrivere lettere alla madre, ma venivano intercettate. E, poco tempo dopo, ecco arrivare, ignara di tutto quello che l'aspettava, Nadia, a sua volta destinata in «sposa» a un ragazzo di un villaggio vicino. La madre, intanto, in Inghilterra cercava di stabilire un contatto con le fighe. «Solo una lettera alla mamma - dice la Muhsen riuscì a superare le linee di sbarramento». Si apriva un varco nell'isolamento creato intorno alle sorelle. «Ma la cosa più terribile è stato andarmene senza mio figlio Marcus. E' cittadino yemenita e vogliono allevarlo nella fede islamica. A volte mi viene da paragonarmi alle donne che nell'ex Jugoslavia in questi giorni vengono violentate dai serbi a scopi di "pulizia etnica". Il mio caso è diverso. Però sono stata stuprata allo stesso modo. Perché potessi procreare bambini da far crescere da veri musulmani». E il rientro in Inghilterra? «Ho tuttora tremende difficoltà. Ho l'insonnia, ho paura ad uscire. Se riesco a farlo mi sento in colpa, per Nadia e per mio figlio. Sono stata in cura da uno psichiatra, ma non è servito a nulla. Volevo riprendere gli studi e non riuscivo a concentrarmi. Poi, con l'aiuto di un compagno molto affettuoso e con la nascita di mio figlio Liam, mi sono un po' ripresa e ho scritto il libro». Verso chi ha maggior risentimento? «Verso mio padre, a cui ho chiesto anche il risarcimento dei danni, poi verso il governo yemenita e quello inglese. In Inghilterra i funzionari dell'ambasciata mi hanno detto chiaramente che già otto anni fa avrebbero potuto prendere iniziative per liberarmi, ma che poi non è stato fatto nulla. E, intanto, io ero stuprata e imprigionata. Non dimenticherò mai». Mirella Serri «Siamo tante e il governo teme scandali» La copertina di «Vendute», il libro in cui Zana Muhsen (nel riquadro) racconta la sua storia: «Mi sembrano gli stupri compiuti per la "pulizia etnica" nell'ex Jugoslavia» ZANA MUHSEN

Persone citate: Muhsen, Zana, Zana Muhsen