«Islamici del Sudan giù le mani dui cristiani»

«Islamici del Sudan, giù le mani dui cristiani» AFRICA Hi Giovanni Paolo n raccoglie il drammatico appello lanciato dai vescovi contro il regime «Islamici del Sudan, giù le mani dui cristiani» Aspra denuncia del Papa alla vigilia della visita a Khartoum KASESE DAL NOSTRO INVIATO Il Papa denuncia il Sudan: l'offensiva diplomatica della Santa Sede comincia con due giorni di anticipo sul previsto, dopo la drammatica lettera-appello consegnata a Giovanni Paolo H a Gulu dal vescovo Paride Taban di Torit, a nome del Consiglio delle Chiese del Nuovo Sudan. I presuli del Sud ricordavano al Pontefice che le mani che stringerà a Khartoum sono «grondanti del sangue dei cristiani». Con una mossa a sorpresa, il Papa ha alzato la sua denuncia incontrando ieri il corpo diplomatico a Rampala, dopo aver celebrato messa a Kasese, in Uganda, ai piedi del massiccio del Ruwenzori. Conflitti armati, carestie, rifugiati e sfollati (oltre venti milioni degli uni e degli altri nel continente): di questo ha parlato il Pontefice. «Si potrebbero citare vari esempi - ha detto -. In parti¬ colare rivolgo il mio pensiero alla prossima tappa del mio pellegrinaggio che mi porterà in Sudan. Le condizioni non permettono una visita pastorale completa alla comunità cattolica di quel Paese. Ciononostante, nel visitare la capitale desidero innalzare la mia voce a favore della pace e della giustizia per tutto il popolo sudanese, e portare conforto ai miei fratelli e sorelle nella fede, molti dei quali sono colpiti dalla guerra in atto nel Sud». E' inusuale, questo annuncio; evidentemente Giovanni Paolo II vuole sostenere il desiderio di autonomia del Sud «nero» nei confronti del Nord arabo e islamizzato. «Questo conflitto è in ampia misura il risultato del desiderio di identità nazionale in un Paese in cui vi sono grandi differenze tra il Nord e il Sud - ha detto ancora , differenze razziali, culturali, linguistiche e religiose che non possono essere ignorate. Solo un dialogo sincero, aperto alle ri¬ chieste di tutte le parti in causa, può creare un contesto di autentica giustizia in cui tutti possano lavorare insieme per il bene reale del loro Paese». Papa Wojtyla si è augurato che la sua visita possa contribuire allo scopo. Ma nel resto del discorso ha fatto più di un accenno al Sudan: «Nell'Africa del futuro - ha detto - non dovrebbe esserci spazio per progetti che cerchino di costruire l'unità nazionale costringendo le minoranze ad assimilare la cultura o la religione della maggioranza... La falsa unità conduce alla tragedia». Il «blitz» di nove ore del Papa a Khartoum, e la coraggiosa denuncia dei vescovi cristiani, forse romperanno quell'«omertà internazionale» che, secondo i missionari, avvolge da anni questo genocidio ignorato. «Il perseguitato popolo nero del Sudan dovrebbe essere aiutato come la minoranza musulmana della Bosnia Erzegovina», scrive l'Asso¬ ciazione delle Conferenze Episcopali deU'East Africa, ricordando che il governo sudanese, strettamente legato a quello sciita di Teheran, preme il pedale sull'islamizzazione forzata. Dal 2 agosto padre David Tombe, parroco di Kator, della diocesi di Juba, è nelle mani della polizia. Probabilmente - dicono i missionari - è rinchiuso in una delle «case per ospiti» di Khartoum, dove la tortura è pratica abituale. Ma l'arresto di ecclesiastici non è infrequente. Il Sudan, dopo aver stabilito l'«asse» con Teheran, giocherebbe anche un ruolo nella crisi somala. Da Port Sudan • ci dice padre Giulio Albanese - passano le armi destinate ai «signori della guerra» di Mogadiscio. Intanto, il ministro sudanese Al Al Haj ha dichiarato ieri che il suo governo è pronto ad aprire negoziati con i ribelli e con il loro capo storico, Johng Garang. Marco Tosarti

Persone citate: Garang, Giovanni Paolo, Giovanni Paolo Ii, Giulio Albanese, Papa Wojtyla, Paride Taban, Port