Avviso di garanzia a Sbardella di Massimo Gramellini

I giudici di Milano lo chiamano in causa per gli appalti della metropolitana di Roma I giudici di Milano lo chiamano in causa per gli appalti della metropolitana di Roma Avviso di garanzia a Sbardella S g '•—rTlJT : =■= — s; *- A .. "—S : i—tr~w —1 ~ j—'- . .- E l'onorevole de lascia l'editrice del «Sabato» ROMA. Se non altro l'ha presa sportivamente. E così, due ore prima che si diffondesse la notizia dell'avviso di garanzia, Vittorio Sbardella si era già fatto da parte. La più potente e massiccia mascella democristiana della Capitale ha ricevuto in serata il provvedimento dei giudici di Milano. Materia del contendere: le rivelazioni degli imprenditori Luciano Scipioni e Leonardo De Vita sul valzer degli appalti intorno alla metropolitana di Roma. Ma Sbardella non ha aspettato Di Pietro. Infatti fin dal pomeriggio aveva deciso di dimettersi da Squalo, annunciandolo egli stesso ai lettori del «Sabato», il settimanale prediletto, con un'intervista sobria e distaccata che riscatta decine di barzellette e luoghi comuni sul suo conto. «Rinuncio alla carriera personale», dice Sbardella, e dietro le parole è come se apparisse la sua faccia grave, con gli occhi che si stringono a fessura. E ancora: «E' venuto il momento di pren¬ dere atto che ci sono giudizi diversi sulla mia persona». E soprattutto: «Il successo di una linea politica non può essere appesantito da vicende personali». Cosa è successo? Possibile che la fiocina di Tangentopoli, dopo avergli ferito l'antico collaboratore Giorgio Moschetti, abbia ora trafitto proprio lo Squalo? «So che c'è un grande interesse dei giudici di Milano nei confronti della mia persona», spiega Sbardella con linguaggio da baronetto inglese. «Sento che sono continuamente chiamato in causa sulle vicende che riguardano Roma. Se dovessi èssere colpito da misure giudiziarie, credo di essere in grado di rispondere serenamente a qualsiasi contestazione». Nel frattempo, mentre altri si abbarbicano alle poltrone, lo Squalo rinuncia spontaneamente a quella a cui, forse, teneva di più: la presidenza del consiglio d'amministrazione della Edit, la casa editrice che controlla il «Sabato». Sui rapporti fra Sbardella e il settimanale ciellino si potrebbe scrivere un romanzo o, più realisticamente, una telenovela: incontri e scontri, addii e ritorni. Già nel giugno del '91, ad esempio, un Sbardella dai toni accorati annunciava la sua uscita: «Forse una certa fase si è chiusa. Forse alla crescita del giornale non giova quell'ingiu¬ sta etichetta che lo accosta al mio nome...» Parole che lette oggi sembrerebbero profetiche, ma che allora non impedirono a Sbardella di restarsene in panchina solo per un po', pronto a risalire sul carro del «Sabato» e a prenderne addirittura il volante. Chissà se finirà così anche stavolta. O se invece, come si mor- mora da più parti, il consiglio d'amministrazione del «Sabato» sostituirà lo Squalo con la Quercia, i demo-sbardeìliani con i demo-sinistri del pds. Intanto, per non sbagliarsi, Sbardella detta al suo adorato settimanale una sorta di bilancio politico che assume i toni gravi di un testamento: «Ho avuto una vita politica molto controversa... Le mie ambizioni personali sono già abbondantemente in disarmo... Ho l'impressione che sulle nostre idee ci sia un consenso che politicamente ha difficoltà a manifestarsi... Per il successo di una strategia e di idee più grandi, accetto senza fatica sacrifici personali». Un addio? «Rinuncio alla carriera ma non alla politica, cioè a favorire la creazione di strumenti che...». Okay, è solo un arrivederci. Massimo Gramellini Qui a fianco il direttore del settimanale «Il Sabato» Alessandro Banfi, Nella foto sotto: il de Vittorio Sbardella

Luoghi citati: Milano, Roma