Iarini ai giudici un fiume di parole di Susanna Marzolla

Tangenti, Craxi e «conto Protezione», Hnterrogatorio del faccendiere concluso in serata Tangenti, Craxi e «conto Protezione», Hnterrogatorio del faccendiere concluso in serata Ianni ai giudici, un fiume di parole Di Pietro: ba detto tutto amilo che volevo sapere MILANO. Quattro ore domenica; ieri molte di più. Parla, parla l'architetto Silvano Larini. «Collaborazione e ccdialità»: così descrivono in procura il suo atteggiamento. Ha parlato, parla e parlerà ancora. Su tutto: le tangenti, i suoi rapporti con Craxi, il «conto Protezione» alimentato dai soldi dell'Ambrosiano. Nel carcere di Opera, dove è detenuto, si assisterà per parecchi giorni ad una processione di magistrati. E già si favoleggia: «Tra due giorni, vedrete, scoppierà il Finimondo». Nell'attesa di questo ipotetico redde rationem di Tangentopoli, conviene attenersi ai fatti. La trattativa. «E' durata almeno un mese ed è stata condotta dal sostituto procuratore Di Pietro», spiega il capitano dei carabinieri Paolo La Forgia. Per dare l'annuncio ufficiale della cattura è stata convocata una conferenza stampa in cui vengono fornite «notizie concordate con i magistrati». Ma il termine «trattativa» non piace al procuratore capo Francesco Saverio Borrelli: non vuole che si pensi ad uno scambio, a promesse di trattamenti di favore. «Nessuna trattativa - dice - semplicemente contatti tra la procura e il difensore». In sostanza, saputo dell'intenzione di Larini di «mettersi a disposizione della magistratura», si sono pensate diverse soluzioni: la consegna di un memoriale, un interrogatorio tramite rogatoria all'estero, un incontro in territorio «neutro» (un consolato). «Alla fine - spiega Borrelli - ha preferito costituirsi». La consegna. Silvano Larini si presenta domenica al valico di Ventimiglia. Arriva in taxi, accompagnato solo dal suo avvocato, Corso Bovio. Ha con sé una piccola borsa da viaggio con qualche ricambio. Niente «dossier» e, come documenti, unicamente la carta d'identità. Una volta varcato il confine Larini lascia il suo taxi: è su un'auto civile dei carabinieri e, alle 17,45 arriva in una caserma di Milano. Ha detto qualcosa? «Solo che era stanco della latitanza - risponde La Forgia - e che aveva una gran voglia di mangiare una pizza». Il primo interrogatorio. Non una pizza, ma un tè con i biscotti per Larini, prima dell'incontro con i magistrati, i sostituti pro¬ curatori Antonio di Pietro e Piercamillo Davigo. Poi le domande e le risposte, a fiume. Nulla è trapelato sul contenuto di questo primo interrogatorio. Però si sa che presto la procura preparerà un «allegato» per la Camera dei deputati da aggiungere alla richiesta di autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi. Sapendo ancora che in questa richiesta vi sono elencati venti capi di imputazione nei confronti del segretario del psi «in concorso con Larini Silvano», non è diffìcile fare due più due. Argomento dell'interrogatorio è stato dunque il rapporto che lega Larini a Craxi: l'amicizia ai magistrati non interessa; il legame economico sì. E Di Pietro si lascia andare a una battuta: «Per me Larini ha già detto ciò che mi interessa, posso anche non sentirlo più». La deténzione. Che Larini fosse ad Opera si è saputo ieri pomeriggio. «Per motivi di tranquillità e sicurezza», la procura aveva disposto di tenere Larini fuori da San Vittore, in una località segreta. «Un carcere lombardo», si sono limitati a dire i carabinieri. Ma poi una troupe televisiva ha visto il gip Italo Ghitti uscire da Opera: era la conferma definitiva che Larini si trova nel nuovo penitenziario, costruito alle porte di Milano. Il secondo interrogatorio. Ghitti è andato nel carcere di Opera ieri mattina; ne è uscito per qualche ora nel pomeriggio e poi è rientrato, fermandosi fino a tarda sera. Segno che Larini non risponde a monosillabi. Sull'argomento è più facile indovinare: Ghitti contesta solo ciò che è scritto nel mandato di cattura. Cioè il giro di tangenti alla metropolitana milanese: dall'accusa è quantificato in oltre 40 miliardi; Larini ne avrebbe preso sempre il 50 per cento. E' accusato di corruzione, in concorso con i vertici della Mm e con Bettino Craxi, nonché di violazione della legge sul finanziamento ai partiti: sarebbe stato il «materiale percettore» delle tangenti poi finite - secondo l'accusa - al segretario psi. Il terzo interrogatorio, già concordato durante una riunione in procura, viene condotto dal pm Pierluigi Dell'Osso, entrato a Opera nella tarda serata di ieri. E' lui infatti il titolare dell'inchiesta-stralcio dell'Ambrosiano sull'ormai celebre conto Protezione. In alcune lettere sequestrate al finanziere Florio Fiorini (ma lui non ha mai voluto rispondere su questo) il conto sarebbe stato intestato proprio a Larini. E sul conto - questo invece lo dicono le carte in mano ai magistrati - erano finiti sette milioni di dollari provenienti dalle casse del Banco. Una «tangente» pagata da Calvi ai socialisti? Questa è sempre stata l'ipotesi dei magistrati. E forse una conferma (o una smentita) verrà da Larini prima che dagli ancora inviolati forzieri dell'Ubs di Lugano. Susanna Marzolla Il procuratore di Milano Borrelli «Non c'è stata trattativa con i difensori» La conferenza stampa in cui i carabinieri hanno annunciato la cattura di Silvano Larini (foto grande)

Luoghi citati: Lugano, Milano, Opera, Ventimiglia