Le bacchettate della sacerdotessa Buttiglione; Sos per il teatro

Anche Ilei affonda Venezia Le bacchettate della sacerdotessa Buttiglione; Sos per il teatro lettere AL GIORNALE Il dovere di schiodarsi dalla poltrona Incautamente - per salvarsi la faccia - la conduttrice del Tg 1 A. Buttiglione, lancia (La Stampa 25 gennaio) una sorprendente chiamata di correo: tanto ai colleghi della carta stampata quanto alla magistratura. Disegna poi Paolo Guzzanti come un «giacobino», intento a sistemar trappole ed esche e a tramare contro i pennivendoli della partitocrazia, impropriamente qualificata come Tv di Stato e «servizio pubblico»! Non è nemmeno sfiorata dal dubbio che i teleutenti siano tanto esasperati da essere molto più critici dell'onesto Guzzanti. Pure la signora non può ignorare che - dai tempi di Bamabei alla gestione Manca - i circa 1500 giornalisti Rai-Tv (un esercito costosissimo!), salvo rare eccezioni, debbono la loro assunzione non ad eccelsa professionalità bensì alla canonica tessera di partito ed agli altrettanto indispensabili «padrini». Quei boss delle tante correnti dei vari partiti che hanno trascinato il Paese alla bancarotta, rubando, spartendo e lottizzando tutto, Rai-Tv inclusa. Da tempo ormai nessuno più ignora che questa informazione asservita, mediocre, narcotizzante era indispensabile per la nostra fradicia nomenklatura. Come nessuno ignora che non è il solo B. Vespa ad avere «un editore di riferimento» per il quale credere, obbedire e combattere! La Buttiglione è salita in cattedra per dare bacchettate ai congiurati alla Guzzanti; fornire una dotta lezione tele-socio-politica agli ignoranti lettori; effettuare una difesa d'ufficio - tanto disperata quanto inutile - dei colleghi. Se davvero le sacerdotesse ed i gran sacerdoti Rai-Tv possedessero una «coscienza» dovrebbero sentire - tutti - il dovere di rassegnare le dimissioni! Professionalmente tanto validi e così onesti, non dovrebbero avere difficoltà nel reperire nuova collocazione... Purtroppo pare che la Buttiglione non intenda schiodarsi dalla poltrona; l'ecumenico invito: «Lavoriamo sodo (...) insieme» non lascia dubbi né speranze! La signora non può ignorare che gli editori veri (ma, ahimè, «impuri»!) non fruiscono di introiti derivanti da «garantita» pubblicità ed «obbligatorio» canone; tantomeno Tiri - l'azienda di Stato - ripiana loro, annualmente, parecchie decine di miliardi di deficit... Infine mi permetto di rammentare ai tanti giornalisti Rai-Tv che sono scesi in campo, come la Buttiglione, per occuparsi di «cambiare» la Rai un versetto dall'Antico Testamento (Proverbi 17;28): «Anche uno stolto, se tace, passa per saggio, ed è creduto intelligente se tiene chiuse le labbra». M. Carla Ivaldi, Torino Bicentenario in tv solo in bianco e nero Ho letto con interesse l'«Sos Cinema» di Ernesto Baldo (26 gennaio) e vorrei che lo stesso appello potesse essere lanciato per il teatro. E' assurdo, infatti, che non vengano utilizzate le risorse tecnologiche del nostro tempo per creare un archivio di registrazioni dei principali spettacoli teatrali che ogni anno vengono prodotti nel nostro Paese. Si tratta di un vetusto desiderio dei teatranti per far sì che il teatro sia un po' meno l'arte che scrive sulla sabbia. La Rai per celebrare il bicentenario di Goldoni è costretta a tirar fuori registrazioni in bianco e nero - pur egregie per la loro storicità - degli spettacoli di Baseggio. E intanto le produzioni illustri degli ultimi anni e di questa stagione si spengono senza lasciar traccia se non nella memoria degli operatori, dei critici e degli spettatori fortunati che ad esse hanno assistito. I costi non sarebbero alti, poiché la retribuzione aggiuntiva per gli attori (che il contratto di lavoro fissa anacronisticamente in 18 volte la paga giornaliera) scatta solo in caso di trasmissione televisiva, mentre per la sola funzione di archivio la registrazione dello spettacolo non produce diritto a compensi. Nuccio Messina, Roma Cortine fumogene sul segreto istruttorio Come sempre accade in Italia, agitando i «sacri principi» si stendono cortine fumogene sull'essenza delle cose. Accade anche per la proposta di legge Martelli relativa al segreto istruttorio. Da ogni parte si levano alti lai «in difesa di», senza scomodarsi ad andare al fondo delle cose. E cioè: 1) La legge difende il segreto istruttorio: chi la viola commette reato, perseguibile tanto più se a commetterlo è proprio chi, istituzionalmente, è chiamato a far rispettare le leggi. 2) Le notizie, è chiaro, non le inventano i giornalisti, ma vengono fuori dalle stesse fonti che dovrebbero custodirle. Sulla base di quale dinamica? a) Il giornalista esercita pressioni e «compra» la notizia? Ma questa è corruzione! Oppure viene «ceduta»? Nel caso è concussione! b) La notizia viene fornita spontaneamente? Ebbene, ci sarà pur sempre un fine. Politico, affaristico o di qualsiasi altro genere non certo edificante. 3) Com'è possibile che chi dirige gli Uffici preposti alla tutela del segreto istruttorio non sia in grado di far rispettare la legge ai propri dipendenti? E come mai, commesso il reato, ci si limita a dolersi dell'accaduto senza che mai venga aperta un'inchiesta per rintracciare e condannare i colpevoli? Virgilio Cipollone, Chieti Tagli, cominciamo dai Palazzi I posti di lavoro decrescono, la disoccupazione aumenta, l'intero mondo del lavoro affronta una crisi preoccupante. L'unico «mondo» improduttivo che non risente di crisi, che non si pone problemi circa il suo personale è il Palazzo. Il costo del Palazzo, anzi dei Palazzi, è di 1700 miliardi nel '93, ha scritto Pierluigi Franz su La Stampa, ed elenca in modo dettagliato, con cifre, le varie spese ed il numero degli addetti compresi senatori, deputati ecc. Alto si è levato il grido di dolore del sig. Presidente della Repubblica, dolore verso i poveri disgraziati i quali vuoi per la cassa integrazione, vuoi per licenziamenti non hanno certo un futuro roseo davanti a loro. Che dire dei giovani in cerca di una occupazione? Si consoleranno con le parole del Presidente! In definitiva dall'alto dei Palazzi non giunge alcun buon esempio, anzi cattivi esempi i quali non incoraggiano a ben sperare. Invece delle solite parole sa¬ rebbe utile cominciare dai Palazzi a rivedere la quadratura dei bilanci e decurtare gli eventuali esuberi di spese e di persone. E' cattivo augurio quello di «tagli», ma il mondo del lavoro osserva quanto avviene nel governo e rimarca certe disparità con apprezzamenti giusti e non accetta certo che i sacrifici siano, al solito, da una sola parte. Franco Artioli, Torino I «forti» in famiglia umiliano gli invalidi Sono d'accordo con quanto ha scritto una signora di Bordighera nella lettera dell 8 gennaio col titolo «Buoi e pecorelle non sono arraffoni»), sull'appropriazione indebita, praticata per esempio ai danni della vecchia zia. A proposito di persone «forti» che si impongono in famiglia vorrei fare un'osservazione t una domanda dalla parte degli invalidi. A volte, quando uno per ma latria o per disgrazia diventa handicappato, il coniuge o i fa migliali lo privano del possesso < titolarità dei soldi e dei beni (frutto del suo lavoro e di tanti sacrifici), prendono loro in mano tutto... Domando ai medici e agli psicologi: tale comportamento non nuoce, deprime, umilia l'invàlido? Non bisognerebbe consi gliare i famigliari di lasciare l'in valido fisico possessore e non impedito di disporre economica mente... E naturalmente farlo sentire che come persona conta che è importante. Importante lo è, in verità, e così è sperabile sia effettivamente considerato, non come inferiore! So di una signora che ha aper to e non consegnato lettere indi rizzate al marito invalido fisica mente (sanissimo di mente): per controllare cosa gli scrivevano i parenti. Non ci sono parole per qualificare tale comportamento dal punto di vista umano e mo rale. Lettera firmata

Luoghi citati: Bordighera, Chieti, Italia, Roma, Torino