L'EX DIRETTORE DI RAIDUE

E L'EX DIRETTORE E ROMA NTRAVANO nella mia stanza di direttore della seconda rete Rai certe signore non più giovanissime, profumate, vestite come miliardarie, arroganti, che si gettavano sul divano e dettavano le loro condizioni: voglio far questo, devo far quello... Io le guardavo, dicevo no grazie, allora quelle, sdegnate come zarine, si alzavano e se ne andavano sbattendo la porta. Volevano dire che io ero finito. Avevo chiuso. Ero morto. E avevano ragione. Per me la bara era già pronta e ci stava pensando Manca a controllare i chiodi...». Nome: Luigi Locatelli. Professione: ex dirigente Rai a riposo, alla vigilia della pensione. Ruolo svolto: direttore di Raidue, dopo il socialista Pio De Berti Gambini (passato alla storia perché non spese 160 miliardi affidatigli per la sua rete, e li restituì, facendoli assegnare a Raiuno) e prima di Giampaolo Sodano, l'ipercraxiano sfegatato fino a fondere mussolinismo e craxismo sfidando il mondo con uno slogan che lo ha reso celebre a viale Mazzini e oltre: «Nun ce ne potrebbe frega de meno»; cioè: protetti e impuniti a qualsiasi obiezione risponderemo, oggi come ieri, me ne frego. Locatelli fu un caso anomalo: un giornalista venuto dalla leva del Giorno insieme ad Andrea Barbato, Ettore Masina, Mario Pastore, Franco Giustolisi, Gaetano Scardocchia, Willy De Luca, approdato per chiamata di De Luca a inventare uno speciale che durò 7 anni e che si chiamava «Az un fatto come e perché», poi vicedirettore del Tg2 e - per un caso fortunoso - invitato a reggere provvisoriamente le sorti della seconda rete in attesa che si placasse la guerra fra il craxiano puro Giancarlo Governi e Giovanni Minoli, amico di Martelli, sposato Bernabei e vicino a Berlinguer. Questa intervista nasce dalle dichiarazioni di Guglielmo Rositani, sindaco missino della Rai, che ha accusato anche Locatelli di aver sperperato miliardi. Locatelli non tanto si difende dall'accusa, ma attacca a colpi di cannone il sottomondo degli appalti, delle amanti, delle rivole corporative e dello spreco. A lei la parola, accusatore Locatelli. «La mia storia personale costituisce il primo fascicolo di questo dossier. Vengo proposto dal presidente Manca perché Minoli e Governi sono ai coltelli. Dovrei durare meno d'un anno, è il 1987, e lasciare il campo al vincitore. Io invece, che sono uno abituato a lavorare, rimetto in sesto la rete e rendo difficile il mio accantonamento. Per di più, rompo. Non sto

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