Ma davvero Omero è un non vedente? di Lorenzo Mondo

Ma davvero Omero è un non vedente? Ma davvero Omero è un non vedente? ARGOMENTO è di quelli che ronzano periodicamente nell'aria, lasciandoti sospeso fra l'irritazione e la noia, finché un aggiornamento inedito viene a tirarti per i capelli. L'ultimo stimolo nasce dalla decisione delle competenti autorità newyorchesi di abolire il termine «zoo» che dovrebbe essere sostituito da «wildlife conservation park», parco di conservazione detta natura. I motivi di questa cassazione? Laggiù, zoo ha preso un significato peggiorativo, è diventato anche sinonimo di confusione e disordine, per dirla alla buona, casino. E gli addetti si sentono umiliati ma, essendo gente del giro, intendono magari difendere per soprammercato il buon nome degli animali. Secondo una convinzione abbastanza diffusa tra gli zoofili (ma potremmo ancora chiamarli impunemente così?) gli animali sono oggi gli ultimi della Terra, una specie di «quinto stato» che attende una magna charta dei suoi diritti. Bene per gli animali, ma la trovata dei censori linguistici mi sembra una stupidaggine monumentale: il tentativo comico e improduttivo di impedire che le parole, com'è loro destino non soltanto in poesia, assumano significati plurimi e obliqui, diventino metafore. Nulla vieta infatti che in futuro «wildlife conservation park»? giudiziosamente abbreviato, diventi un corrispettivo sardonico di luoghi abominevoli, impronunciabili. L'episodio mi fa venire in mente il parlare che si fa ogni tanto di una riforma linguistica rispettosa degli handicap fisici e morali, dei lavori più umili, di una qualsiasi condizione che procuri sofferenza e disagio. Nobili propositi, che non possono però essere esauditi da una precettistica lessicale. Non ci sono riusciti i puristi, i linguaioli, a imbavagliare la lingua, figuriamoci i progressisti di professione. Concesso il giusto ostracismo a termini ritenuti offensivi per la coscienza comune, di matrice razzistica o semplicemente maleducata, bisognerebbe muoversi in questo campo con ^^ersi un minimo di buonsenso. Vada per nero invece di negro, se a qualcuno piace, anche se nella tradizione italiana i termini sono rigorosamente equivalenti, per il bene e per il male (negro del resto piace a Senghor, che se ne intende, e adesso sembra piacere - è l'ultimo grido - agli afroamericani più militanti e trasgressivi). Ma non sento offesa nella parola cieco e, forse perché guastato da letture superflue, trovo irresistibile chiamare non vedente Omero, il cieco veggente. Se vogliamo pigliarla più bassa, come tradurremo la «Muta di Portici» cara alle nostre nonne? E perché mai colf, con quell'impressione di targa stampigliata sul didietro, suonerebbe più rispettoso di domestica? Dovrebbe dirla lunga il fatto che a parole scavate e ripulite da una tradizione millenaria, veloci ed espressive, siamo costretti a sostituire lunghe, opache perifrasi: senza avvenire anche quando non siano irrimediabilmente ridicole. Perché ci pensa il genietto della lingua a fare giustizia, a reinventarsi da solo le parole purché lo esigano il cambiamento del costume e della coscienza, relegando nei dizionari quelle arcaiche e superate. Mentre si illudono i benintenzionati che credono di modificare una lingua chiedendo il permesso dei pochi e dei differenti delle minoranze - autorizzandole a scegliersi il proprio nome. Sia come sia, fratelli, attenzione. Dateci parole inventive, vigorose e fresche, non pastrocchi impresentabili che trasferirebbero gli zelatori nella categoria degli sciocchi. Non è poi detto che gli sciocchi siano minoranza, e perderebbero così, automaticamente, i diritti lessicografici magnanimamente concessi. Lorenzo Mondo ido j

Persone citate: Senghor

Luoghi citati: Portici