Burocrazia senza cuore, moglie espulsa
Cassiere Crt Sposata con un operaio di Alpignano, non aveva fatto ricorso contro un decreto Burocrazia senza cuore, moglie espulsa E'nigeriana, l'hanno rispeditaluLagos: tornerà? «Sua moglie non ha commesso reati, ma deve tornare in Nigeria. C'è da eseguire un decreto di espulsione del '90 per motivi amministrativi. Ci dispiace, ma è la legge». Vincenzo Cepparrone, 26 anni, operaio di Alpignano, lunedì si è sentito crollare il mondo addosso. Era andato in questura a prendere la moglie, Anthonia Amavo, 30 anni, sposata il 25 maggio '91, che doveva ritirare il nuovo permesso di soggiorno. Quando un maresciallo gli si è fatto incontro chiedendogli se era lui il marito di quella nigeriana seduta da ore nella «sala fermati» e gli ha offerto un bicchiere d'acqua, Cepparrone ha capito che doveva ingoiare un boccone amarissimo. «Anthonia ed io ne avevamo già passate di tutti i colori per colpa della burocrazia. Ma non avevamo nulla da temere. Almeno così credevo: per una leggerezza mi hanno portato via la moglie e non so quando potrò rivederla». La storia italiana di Anthonia Amavo è diversa da quella di tante sue connazionali, finite su un marciapiede. Arriva a Verona il 9 ottobre '89, ospite di parenti che commerciano abiti tradizionali africani. E' la questura scaligera a rilasciarle, il 24 gennaio '90, il permesso di soggiorno. A fine estate la donna trascorre un periodo presso conoscenti a Torino. Il 4 settembre un controllo della polizia la sorprende sprovvista di visto. In questura le intimano di presentarlo entro 15 giorni, pena l'espulsione. «La Amavo non si è più fatta viva dicono all'ufficio stranieri -. Poteva risolvere tutto e invece abbiamo scoperto che ci fornì dati anagrafici non coincidenti con quelli riportati sul permesso». Qualche giorno dopo il controllo, Anthonia conosce Vincenzo. Tra i due è subito amore: a dicembre decidono di sposarsi. Per lei, forse, il matrimonio con un italiano è la strada più sicura per cancellare il ricordo di quella disavventura e guardare con serenità al futuro. Afferma Cepparrone: «Mia moglie mi aveva detto di quel controllo. Ma non sapeva dell'espulsione. Non ho motivo di du- bitare della sua buona fede: il suo permesso era regolare». Tutto, comunque, fila liscio fino all'inverno '91. Durante una gita a Roma sparisce una valigia con i documenti della donna. Bisogna rifare il permesso: pratiche e attese interminabili a Verona e infine la beffa: nel nuovo visto Anthonia Amayo è ancora «nubile» nonostante il certificato di matrimonio allegato agli atti. Per correggere l'errore occorre tornare in questura. E lunedì, a Torino, controlli incrociati fanno riemergere quel provvedimento mai eseguito. Vincenzo Cepparrone non sa darsi pace: «Sono quasi due anni che il nome di mia moglie è di casa in questura. Possibile che non se ne siano accorti prima? E poi, visto che non ha commesso reati, non potevano chiudere un occhio?». «Sarebbe stata omissione di atti d'ufficio», replicano all'ufficio stranieri. «Queste irregolarità sono sanabili solo per via diplomatica. La signora deve fare istanza di rientro al ministero degli Interni tramite la nostra ambasciata a Lagos. Il signor Cepparrone può stare tranquillo: tra qualche mese potrà riabbracciare sua moglie». Il marito: «Speriamo sia così. Guadagno un milione e 300 mila lire il mese e non posso certo permettermi un avvocato che segua la pratica. Ma intanto Anthonia è a Benin City, lontanissima». [r. con.] Anthonia Amayo, 30 anni
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