A Ciriè 6500 fusti avvelenati

Il crack dell'Interchim: per smaltire i rifiuti occorrono tre miliardi Il crack dell'Interchim: per smaltire i rifiuti occorrono tre miliardi A Griè 6500 fusti avvelenati Torna la paura per la fabbrica della morte Veleni ammassati nell'azienda senza che ve ne fosse traccia sui registri contabili, macchinari acquistati a prezzi gonfiati da società collegate agli inquisiti. Sarebbero due degli elementi dell'inchiesta che ha condotto in carcere due ex dirigenti dell'Interchim e alla richiesta di rinvio a giudizio di altri sei, accusati di falso in bilancio e bancarotta fraudolenta. Dall'azienda di Ciriè, fallita nell'89 con uno scoperto di oltre 10 miliardi, sarebbero «spariti» 4 miliardi di lire, finiti, secondo l'accusa, nelle tasche degli stessi amministratori che hanno abbandonato all'interno dell'Interchim 6500 fusti, 35 serbatoi e 17 vasche di rifiuti tossico-nocivi. Si tratta di 4 mila tonnellate di veleni, in parte interrati, che potrebbero essere smaltiti con un costo di 3 miliardi. In manette sono finiti Giampiero Morgantini, direttore dello stabilimento di vernici e coloranti, e Roberto Pellegrin, membro del consiglio d'amministrazione già coinvolto nello scandalo petroli. Il rinvio a giudizio è invece stato chiesto per due commercialisti, Vincenzo Rocca e Franca Gay, per i membri del consiglio d'amministrazione Carlo Costanza di Costigliole, Franco Tasca e Luigi Somavilla, e per l'ex amministratore delegato Ettore Maraschi, che si alternò alla guida dell'azienda con la moglie Franca Gay. Secondo le accuse formulate dal pm Prunas Tola, l'Interchim avrebbe rilevato i macchinari dell'Ipca, la «fabbrica della morte» che causò decine di morti tra gli operai colpiti da cancro alla vescica, attraverso la società Coima snc, collegata agli accusati. I macchinari sarebbero stati comprati dalla Coima per poche decine di milioni e rivenduti all'Interchim a prezzi gonfiati, con un ammanco di 4 miliardi. La Mida, un'altra società collegata a Ettore Maraschi, avrebbe invece rilevato l'immobile dall'Ipca, incaricandosi anche di smaltirne i rifiuti lasciati all'in¬ terno della fabbrica della morte al momento del fallimento. Antonio Forchino, difensore di Morgantini e Pellegrin: «L'Interchim era autorizzata a raccogliere anche rifiuti provenienti da altre ditte, oltre a poter smaltire i propri rifiuti. Quanto ai fusti rimasti nell'azienda, non c'è stato il tempo di smaltirli: si voleva utilizzare un inceneritore il cui funzionamento era però parzialmente bloccato». Il legale ammette il «buco» sull'acquisto di macchinari dell'Ipca, ma spiega che «il denaro entrato nelle cas- se della Coima veniva riutilizzato dall'Interchim». Stefano Comellini, legale di parte civile del Comune guidato da Aldo Buratto: «La sentenza ha dimostrato che nell'Interchim sono stati ammassati anche fusti di oli minerali ed emulsioni, rifiuti per i quali mancavano autorizzazioni al trattamento e tracce contabili. Questi arresti permetteranno di modificare le nostre richieste di risarcimento del danno all'ambiente». Giovanna Favro Chiesti sei rinvii a giudizio per i dirigenti dell'azienda Aldo Buratto sindaco a Ciriè Accanto, i fusti non smaltiti

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