«Attuale»

«Attuale» «Attuale» Di lui resta il senso morale £\ IOSA resta di Lenin? In1 ' nanzi tutto l'eterodossia, I la capacità di innovare 1 t liberamente rispetto ad 3^luna tradizione dommatica e consolidata. «Seppe liberare il marxismo dall'angustia dell'operaismo socialdemocratico e dalla concezione corporativa della lotta di classe» - ha scritto felicemente Lucio Colletti - «per restituirlo alla dimensione della politica, cioè della strategia rivoluzionaria» {L'Espresso, 3 febbraio 1974). In secondo luogo la percezione dello sviluppo storico nel suo farsi. Lo si vide nel 1914, a fronte della miopia degli stati maggiori del socialismo tedesco e francese. In terzo luogo la lotta per la verità. Lo dirò con le efficaci parole di Vittorio Strada: «Lottare con accanimento per quella verità che Lenin diceva conquistabile in un processo infinito» (L'Espresso, 3 febbraio 1974). Infine - e bisognerebbe porre questa dote in primo piano - il ferreo senso morale. Ha scritto Isaak Deutscher (Idilemmi morali di Lenin): «Cosa diede a quest'uomo la forza morale di condannare se stesso alla persecuzione... per una causa della quale non si aspettava nemmeno di vedere il trionfo? Il vecchio sogno della libertà dell'uomo». Nulla di più incongruo del culto della sua persona e del suo pensiero: culto che - ben scrive Strada nel saggio ora citato ebbe inizio solo dopo la morte. E' ovvio che pubblicare gli scritti di Lenin, come del resto Mazzini o di Robespierre, è quanto mai opportuno: già solo per il rilievo storico-culturale. Un classico della politica non va pubblicato acriticamente, ma con adeguati apparati, come nella mirabile edizione del Che fare? curata da Strada (Einaudi 1971). Luciano Canfora Luciano Canfora: «Continuate a leggere Lenin, e anche Mazzini»