Saga familiare con casalinga insoddisfatta di Osvaldo Guerrieri

La Torta all'Adua La Torta all'Adua Saga familiare con casalinga insoddisfatta TORINO. La parola «casalinghitudine» ha per noi una doppia risonanza: esprime la condizione della casalinga e, insieme, contiene quell'alone di solitudine che, si dice, appartenga quasi costituzionalmente a questa categoria femminile. Come sapete «Casalinghitudine» è il titolo di un singolare romanzo memorialistico di Clara Sereni pubblicato qualche anno fa da Einaudi. Attraverso un certo numero di ricette gastronomiche, e facendosi trasportare dal loro potere evocativo, la Sereni raccontava di sé e della propria famiglia: la nonna trapiantata in Palestina, il padre deputato comunista, la madre morta precocemente. E poi il compagno, i figli, le zie che la chiamavano Clarù, i cognati. Attraverso minuscoli e rapidi lampi di vita, la Sereni componeva il quadro storico di una buona parte del Novecento. Che quel romanzo potesse diventare uno spettacolo teatrale (fondato quindi su leggi completamente diverse) sembrava cosa lontanissima e quasi impossibile. Mancava quella concretezza espressiva che collega la parola al gesto e il gesto al racconto. Invece, con una temerarietà ammirevole, Paolo Lucchesini e Carlina Torta hanno tentato l'azzardo. Reinventando senza tradirla la materia del libro, hanno creato uno spettacolo che, ripreso più volte, è giunto ora all'Adua, dove resterà fino a sabato. Con risultati spesso godibili. Su una scena ingombra di sedie che, di volta in volta, evocano un ambiente preciso. Carlina Torta e Marco Zannoni danno vita a una pacata saga familiare. Non sempre il racconto procede per dialoghi, anzi prende vita spesso dai monologhi dell'uno o dell'altra. E l'uno e l'altra s'incaricano di dar voce ed espressione a più personaggi. Se vogliamo, è questa la trovata dello spettacolo, l'espediente che, oltre tutto, mette in luce le qualità e la simpatia degli interpreti molto applauditi dal pubblico. Se Carlina Torta evoca la vita con la nonna, con il padre, con la famiglia del futuro compagno, e per tutti ha un tono o un tic, Zannoni s'incarica di rivivere l'oltranzismo del '68, con quei comunisti snob e annoiati che aspettavano la rivoluzione mangiando crostini e bevendo Brunello di Montalcino. Lei e lui finiscono per diventare le voci e le coscienze di due famiglie che si fondono in una coppia neanche regolare (invece del matrimonio, i due festeggiano il non matrimonio). Ma, col tempo, lei e lui vanno ad occupare due zone diverse di vita: e Clara sente in sé la solitudine della casalinga, la casalinghitudine, il bisogno disperato di coccolarsi, magari preparandosi un elisir di latte, proprio per reinventare l'esistenza, per non rimasticarla. Amarezza grande, ma anche divertimento, pudore, irriverenza, derisione, timidezza, tenerezza: la vita insomma. In questo senso «Casalinghitudine» è un bell'esempio di teatro intimista appena smosso, e quasi bistrato, dalle improvvise coloriture psicologiche. E sarebbe uno spettacolo davvero toccante se riuscisse ad avere sempre lo spettatore intorno alla propria simbolica mensa. Purtroppo ciò non accade sempre. I personaggi femminili ci appaiono così lontani e le loro voci sembrano così intimamente fioche, così tremolanti, così alla ricerca della parola, da diventare i fantasmi di una vita irrimediabilmente lontana. Ecco: la letteratura si è vendicata del teatro. Osvaldo Guerrieri

Persone citate: Carlina Torta, Clara Sereni, Einaudi, Marco Zannoni, Paolo Lucchesini, Zannoni

Luoghi citati: Montalcino, Palestina, Torino