Mai più «rivoluzionari messicani» nei musei d'Italia di Maria Corbi
Duras, 1 milione di multa per le ingiurie a Le Pen Il ministro Ronchey e il direttore Sisinni annunciano il «nuovo look»: servizi efficienti, abolita la sciatteria Mai più «rivoluzionari messicani» nei musei d'Italia Per i custodi divise eleganti, per i soprintendenti l'invito a autofinanziarsi ~~wj ROMA I L rinnovamento nei muI sei voluto dal ministro I dei Beni culturali Alberto j| I Ronchey parte dall'estetica. Non solo orari più lunghi e amministrazione più efficiente, avremo anche custodi più eleganti. Con le prossime divise, ha assicurato il direttore generale Francesco Sisinni, «sembreranno hostess e steward e non più rivoluzionari messicani». Trasformare i custodi-rospi in raffinati principi è solo uno dei modi con cui Ronchey intende «uscire da un tunnel di assurdità nella gestione del patrimonio» e far diventare i musei italiani un conveniente business. Per raggiungere questo risultato il ministro ha riconfermato ieri in una riunione con i maggiori soprintendenti tattiche e strategie della sua legge lampo. ((Anzitutto più efficienza, con orari più lunghi, e dunque più affluenza di visitatori, grazie alla combinazione di tre fattori: il monitoraggio audiovisivo 24 ore su 24, la mobilità dei dipendenti, un uso effettivo e selettivo del volontariato». Perché i musei diventino macchine per far soldi, come il Metropolitan di New York che fattura 80 milioni di dollari l'anno (120 miliardi di lire), si ricorrerà all'offerta di servizi commerciali. Accanto alle austere sale che raccolgono «il patrimonio culturale e artistico» nostrano avremo presto ristoranti, caffetterie, librerie, negozi dove si venderanno ogni sorta di riproduzioni artistiche, come avviene all'estero. Si potranno comprare gioielli «etruschi» e romani copiati a re¬ gola d'arte dagli originali, stoffe rinascimentali, statue e gessi firmate da imprese e artigiani. Un affare che fa gola a molti. Per libri, cataloghi, guide, riproduzioni bidimensionali, calchi è già lunga la lista delle imprese «pretendenti». Per le videocassette, a cui sono interessati Mondadori-Berlusconi, Rizzoli, Curcio, si pensa di seguire l'esempio francese. «Si potrebbe mettere in scena - ha spiegato Ronchey - un dialogo tra opere, dipinti, monumenti o sculture, come nel caso delle videocassette del Louvre, dove due statue etnische dialogano tra loro». Nel «new look» dei musei non potevano mancare le case di moda. Saranno consentite, ha spiegato il ministro, «riproduzioni su tagli di seta dai dipinti rinascimentali, ma non confezioni per evitare di trasformare i musei in succursali di sartorie». Il tutto a prezzi contenuti. Tra gli stilisti interessati, Laura Biagiotti, Romeo Gigli, Versace, Lancetti. Ma la rivoluzione non piace a tutti. A chi lo accusa di «volgarizzare l'arte», Ronchey risponde citando l'economista Keynes: «Brindo all'economia che non è la civiltà, ma la possibilità della civiltà. Certi austeri custodi dell'arte italiana - avverte il ministro - sembrano ignorare come la maggiore civiltà delle arti, realizzata dal nostro Rinascimento, era tenuta insieme e si espandeva in tutta Europa, grazie anche a un grande ingegno commerciale». Con i nuovi servizi commerciali i musei e le aree archeolo- giche tenteranno di autofinanziarsi, anche se «ciò non può significare autosufficienza». «Se il meccanismo funziona - ha aggiunto Ronchey - può diventare autopropulsivo. Più efficienza e più afflusso di visitatori significa più reddito da commercializzazione, che a sua volta significa più risorse per finanziare i singoli istituti e l'intero sistema». Se l'iniziativa avrà successo ai soprintendenti potrebbero andare retribuzioni adeguate a quelle dei professori universitari e incentivi per tutti. Prossimo passo verso l'entrata in vigore della legge sarà la definizione del regolamento di attuazione che dovrà essere varatodal ministro dei Beni culturali entro 90 giorni dal 14 gennaio. Maria Corbi
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