Vent'anni di sfide di Paolo Fossati

Vent'anni di sfide Vent'anni di sfide Così i pittori italiani si misurarono col mondo ~~wj STRUZIONI per l'uso: I scindere il catalogo dalla I mostra. Nel catalogo gli I interventi soprattutto di S Paolo Fossati e di Maurizio Fagiolo dell'Arco, oltre ad una ricca messe di testimonianze (Luciano Pistoi e Corrado Levi, Giuseppe Bertasso e Gian Enzo Sperone, Edoardo Sanguineti e Marella Agnelli), tracciano il quadro di una «stagione memorabile» che rimarrà fondamentale. Fossati scrive con forte accento non conformistico e aperture di grande interesse. Fagiolo illustra il periodo con ampia e documentata informazione corrispondente in mostra alla sua sezione di testi, cataloghi, riviste che concretizza, essa sola, tutta una serie di momenti e fenomeni della cultura figurativa a Torino nel primo dei due decenni considerati - da cui non esula un preciso taglio critico. La mostra, dal canto suo, offre al visitatore un godibilissimo panorama internationale: la stagione (europea) del gesto, del segno, della materia, estesa ai giapponesi «Gutai» ai quali la coincidenza fra Torino e Tapié ha offerto una seconda patria d'elezione; la pop art; l'apoteosi finale nel confronto fra gli italiani, prevalentemente di formazione e di attività torinese, dell'«Arte Povera», con la logica aggiunta di Paolini, Gastini e Griffa, e tutte le fondamentali voci internazionali dell'arte d'ambiente, di comportamento, concettuale, primaria e «minimal». Lo stesso criterio viene avanzato a giustificazione della sezione introduttiva, per così dire, «storica» che spazia, in genere con opere significative, da Balla, De Chirico, Picabia fino a Licini e Melotti. E qui direi che la forzatura è alquanto evidente: che questi artisti abbiano dovuto attendere le proposte espositive torinesi, soprattutto presso la Galleria Civica d'Arte Moderna di Viale, Malie e Passoni (la cui attività d'allora fu comunque e certo di assoluto livello anche internazionale), per un lancio o un rilancio internazionale mi sembra francamente un poco eccessivo. Nell'insieme, i problemi di fondo sono due: la scelta del periodo; l'interscambio anche attivo, e non solo ricettivo e conoscitivo, fra Torino e il mondo, il panorama vivo del mondo. Torino crocevia internazionale di immediata vitalità e creatività negli Anni 60: è verissimo, e le opere e le voci in catalogo concorrono ampiamente a dimostrarlo; ma per gli Anni 50? Anche le proposte di Tapié e della mostra «Arte Nuova» del 1959, al momento dell'esaurirsi delle mostre «Francia-Italia», si riferiscono a fenomeni e voci anche assai alte e vitali ma non di immediato impatto e rottura come nel decennio successivo: siamo ancora insomma all'aggiornamento su ciò che è deflagrato altrove uno o più decenni prima. Quanto alla Torino attiva, esordisce in mostra con Gallizio, Garelli, Carol Rama, il primo Merz: giusti, e l'ultima sacrosanta; e poi trapassa, attraverso Gilardi e Mondino, agli artisti già citati. Fossati, provocatore a fin di bene e di chiarezza, dichiara in catalogo che nel periodo considerato, e a confronto internazionale, a Torino non ci sono novità rilevanti: «Né da esporre, né da ragionare» (sapendo benissimo che nel testo successivo si smentirà: Davico, De Alexandris). Ma, dopo aver giustamente esaltato questi anni torinesi il cui carattere fondamentale è quello «di un vitalismo operativo, di una voglia di fare, i galleristi i galleristi, i collezionisti i collezionisti, i critici i critici», conclude sull'Arte Povera trionfante ed egemone: «Da gruppo sigla formula... a ragion d'essere di musei, gallerie, mostre rievocative; e in poco tempo. Da presenza in circuiti a presa diretta, in pochi mesi, in tempo reale si era arrivati a museificazione con i critici d'arte a fare gli storici, i direttori, i professori a dettare le regole, ecc. ecc.». Nel Museo d'Arte Contemporanea di Rivoli la mostra è questa, né poteva essere altra. Marco Rosei

Luoghi citati: Rivoli, Torino