«Salvo l'anima dei cantanti di Stefania Miretti

«Salvo Fanima dei cantanti I segreti di don Antonio Mazzi, il sacerdote a cui si rivolgono star in crisi «Salvo Fanima dei cantanti Convertiti Zero, Venditti e Matia Bazar UHATONACA TRAI BIG DELLA MUSICA MILANO. Padre, si dice che lei abbia convertito Renato Zero. Vuol raccontarci com'è andata? «Conversione, che parola grossa! Diciamo che con Zero abbiamo avviato, da tempo, una riflessione piuttosto profonda e interessante». E' un prete, non più giovane, che trent'anni fa ha fondato l'Opera Don Calabria, e da allora sta con i balordi, gli emarginati, i coatti, amandoli con tenerezza speciale e gioiosa. Don Antonio Mazzi è un prete che usa il tu e all'occorrenza dice «menate» e dice «cagate». Un religioso senza perpetua, con due segretarie che se telefoni ti mettono in attesa ad ascoltare il «Bolero». Uno che non ha il tempo né la voglia, racconta, «di formalizzarsi»; e di fronte a certi peccatori non si chiede quale sia la dottrina della Chiesa, perché preferisce attenersi alla sua: «Mi siedo ed ascolto». In attesa di sapere se Don Gelmini, nuovo conduttore di Rock Cafè, darà questa sera l'assoluzione a Marco Masini e al'suo «Vaffanculo» canoro, incontriamo Don Mazzi che da tempo ha aperto le porte della sua sacrestia alle pecorelle smarrite della canzone italiana. Lui, diplomato in organo, che quando decide di prendersi una vacanza va à sentire Abbado, che i concerti di musica leggera li ha sempre considerati «fastidioso rumore», da un paio d'anni dialoga, tra le mura della sua comunità di Bormio, con Renato Zero, Antonello Venditti, i Matia Bazar. Com'è arrivato, Renato Zero, fin da lei? «L'hanno incontrato due anni fa alcuni dei miei ragazzi. Erano andati a fare una camminata in montagna, e lì c'era anche Zero, che attraversava un momento difficile. Poco tempo dopo, lui venne in visita alla comunità Exodus, e chiese di parlare con me. Non l'avevo mai visto, mai sentito, prima». E quale fu il suo primo pensiero su di lui? «Il mio dovere è quello di non avere mai una "prima impressione" su chi siede davanti a me. E col tempo ho imparato un'altra cosa: a non giudicare mai l'anormale, e a giudicare, casomai, il normale. Ho ascoltato questo cantautore come faccio con i tanti che mi vengono a cercare. Né troppo sul serio, né troppo per burla. Qualche dubbio all'inizio l'avevo mi avevano parlato di lui, della sua storia, e temevo che si potesse trattare di una delle solite fresconate che faceva, dell'ultima stravaganza». E invece era vera luce? «Ci vediamo da due anni, e tra qualche tempo Zero verrà a stare un po' con noi in comunità, per poter approfondire meglio le sue motivazioni. Quello che abbiamo avviato è un dialogo importante, e molto interessante». Riflette anche con Venditti? E con i Matia Bazar? «Con Venditti da molto tempo. I Matia Bazar vengono spesso qui, e ora il loro paroliere, Marale, sta scrivendo una canzone per il nostro gruppo di danza. Ma Zero è senz'altro quello più avanti di tutti, sulla strada della riflessione». Una specie di figlio prediletto? «Ha più problemi, probabilmente arriva da più lontano. Ne sono affascinato. Ora abbiamo anche un progetto comune, gli diamo una mano alla realizzazione di "Fonopoli", una specie di città della musica, alle porte di Roma, dove si tenterà il recupero di alcuni giovani. Lui ci sta investendo tutto ciò che ha». Però, padre, quanti cantanti convertiti negli ultimi tempi. Non sarà una moda? «Ci ho pensato a lungo, naturalmente. So come sono abituati a muoversi quei marpioni dei mass media, può darsi che qualcuno ci stia sfruttando, chissà. Ma se alcune persone che i giovani ascoltano, e per di più dentro un mondo tanto frivolo come quello dello spettacolo, vengono fuori e ci danno una mano a diffondere un messaggio di solidarietà, contro lo sballo schifoso, questo è per noi molto importante. Credo anche che i musicisti italiani siano assai più maturi, più intelligenti, di quelli inglesi e americani». Don Gelmini conduce «Rock Cafè». Raidue ha aperto il suo palinsesto ai religiosi. Che ne pensa? «Sto a guardare. So che una Messa in televisione può essere più equivocabile che un programma di musica condotto da un sacerdote. Oppure, no, ma dipende dal momento. Il mondo della comunicazione ci ha abituati a ribaltare i giudizi in pochi istanti. Don Gelmini mi ha telefonato ieri, per chiedermi un parere. Le posso solo dire che io non l'avrei fatto, e non so davvero quanto ne sappia Gelmini di musica rock; ma per chi lavora come noi, nel campo della prevenzione, queste sono occasioni da non sprecare». Zero canterà «Ave Maria» al Festival di Sanremo. E' una bella canzone? «E' una preghiera, a tutti gli effetti. E poi, è una bellissima canzone, anche dal punto di vista musicale. Abbiamo passato una nottata insieme, lui a farmi ascoltare e riascoltare i primi accordi, i primi versi, io entusiasta. Ora spero soltanto che non vinca». E perché mai non vuole che «Ave Maria» vinca il Festival? «Perché si sa che quando un artista vince a Sanremo, c'è sotto qualcosa che non va. Puzza di bruciato. Per questo auguro a Renato un semplice buon piazzamento». Stefania Miretti «Renato mi affascina Spero non vinca a Sanremo, sarebbe un brutto segno» Don Antonio Mazzi, fondatore dell'Opera Don Calabria. Sopra, Antonello Venditti Laura Valente dei Matia Bazar: frequenta la comunità di don Mazzi A destra, Renato Zero

Luoghi citati: Bormio, Milano, Roma, Sanremo