«Manderò mezza Rai in galera»

«Con 58 centri di spesa, i controlli sono impossibili Nessuno ha voluto darmi ascolto» Il missino che è stato sindaco a Viale Mazzini: mi hanno anche minacciato «Manderò mena Rai in galera» «Ho le prove di 7 anni di sprechi e tangenti» GLI APPALTI DAL GIUDICE AROMA LLA Rai mi chiamavano "Il Rompicoglioni"». Si presenta così, con qualche fierezza, Guglielmo Rositani, 55 anni, professore di ragioneria a Rieti, per sette anni sindaco della Rai. I sindaci di una società sono quei signori che dovrebbero far le pulci ai conti e agli amministratori. Ma alla Rai, società atipica in tutto, anche i sindaci sono lottizzati dai partiti e, in genere, come dice Rositani «non rompono». Lui, designato dal Movimento sociale, giura che ci ha provato con tutte le forze, con decine e decine di denunce alla procura della Repubblica, ma che non è riuscito, suo malgrado, a infrangere il muro di omertà diffusa e ferrea. Adesso esulta: come sindaco aveva l'obbligo di segretezza previsto dal Codice civile; come deputato del msi eletto il 5 aprile scorso, non solo non ha più segreti da proteggere, ma ha anche l'immunità parlamentare. E allora si accinge a sballare le sei casse di documenti («alcuni quintali di relazioni, denunce, appunti») che ha portato via da viale Mazzini dopo le elezioni e a presentarsi spontaneamente ai giudici della procura di Roma, che sta indagando sugli appalti della Rai. Sette anni di «illegalità diffusa, di sprechi, di tangenti, di scandali», sono difficili da raccontare, ma il professor Rositani ha discreta memoria e garantisce che «se questa volta la magistratura farà sul serio - ed era ora - avremo paesaggi da "Mani pulite", vedremo legioni di inquisiti, centinaia di persone finire in galera nell'inchiesta "Raipulita"». Ascoltiamolo. «La Rai ha cinquantotto centri di spesa incontrollabili, ciascuno fa quel che crede, nessuno riesce a controllare, l'illegalità si taglia col coltello nella maggior parte dei contratti, appalti, compravendite. Quando ho cominciato a capire il livello d'illegalità aziendale, ho smesso di firmare i bilanci, perché alla mia firma ci tengo, i sindaci sono responsabili come gli amministratori e rischiano la galera. E i bilanci della Rai sono falsi: in genere, ad esempio, le voci degli ammortamenti mascherano perdite. Ma da dove cominciare per raccontare questa gestione delinquenziale che, da commercialista, ritengo non abbia l'eguale nel mondo civile? Vado a caso, così come mi viene secondo i miei ricordi, che sono tutti documentati in sei casse di fascicoli». «L'acquisto dei film di produzione straniera, per dirne una, non è affidata a un ufficio aziendale, ma a un intermediario: poco dopo il mio arrivo in Rai scoprii l'esistenza di un signore molto potente, il cui nome veniva pronunciato sottovoce e con rispetto. Questo signore, tale Francesco De Crescenzio, non è un dipendente Rai, ma alla Rai ha il suo ufficio e di lì organizza i suoi traffici. Un giorno mi chiesi: se i film li compra De Crescenzio, con provvigione stellare, che ci sta a fare la Rai Corporation a New York? Perché prendono lo stipendio Bonetti e Pachetti? Il collegio sindacale ordinò un'ispezione a New York, ma tutto finì nel nulla e De Crescenzio continuò a prendere le sue provvigioni miliardarie». «Questo dovrebbe spiegare ampiamente perché sono possibili operazioni come quelle dei Cecchi Gori che hanno venduto alla Rai per 110 miliardi un pacchetto di film per i quali Berlusconi ne aveva offerti 50. L'intero collegio sindacale in quel caso s'indignò. Ci risposero soltanto soavemente che il costo era "congruo". L'Iri, l'azionista, non interveniva, la Corte dei conti meno che meno, per la magistratura contabile la Rai è praticamente intoccabile. Tutti d'accordo. Allora cominciai a far denunce alla magistratura. Non mi andò meglio. La prima denuncia la presentai nel 1986. Raffaella Carrà aveva fatto uno spettacolo a New York, un monumento allo spreco, all'illegalità e chissà a che altro. Dagli 8 miliardi previsti in budget si passò a 32 miliardi: limousine, massaggiatori, mobili antichi, quadri. Henry Kissinger intascò 70 mila dollari per una comparsata, uno spettacolo ignobile, nel complesso. La magistratura mi dissi - mi darà soddisfazione. Sarò pure un provinciale, ma non mi aspettavo che tutto finisse nel nulla. Eppure è così. Per la magistratura romana, al¬ meno fino ad oggi, la Rai è stata intoccabile. Tutto archiviato. Sa chi c'era dietro questa produzione pazzesca? C'era una certa "Producentro srl", che poi era soltanto una targa in via Cristoforo Colombo numero 12. L'amministratore unico era un tizio dal nome argentino, che -me ne convinsi subito era in combutta con qualche alto dirigente della Rai. Dopo l'archiviazione, quel procedimento da me innescato fu riaperto dalla Procura generale con 19 avvisi di reato, da Biagio Agnes a Raffaella Carrà, ma poi non ne ho saputo più niente». «Lei mi chiede fatti più recenti? C'è soltanto da scegliere. Da quella produzione per la Rete due di un film di fantascienza, protagonista un Robinson Crusoe degli Anni Duemila, una bufala costata 35 miliardi, fino alla "Piovra". Sette minuti in più di film costarono 5 miliardi, dico 5 miliardi. A chi furono regalati?». «Com'è il meccanismo per gli appalti della fiction? Si fa una riunione chiamata di planning, poi contratti con società esterne che un commercialista alle prime armi non firmerebbe mai: clausole di favore, niente penali. Alla fine non si riesce neanche a sapere quant'è costata in realtà una produzione perché si paga a fattura e le fatture arrivano mesi dopo. Un inferno contabile». «I giudici di "Raipulita" dovranno chiederne conto ai responsabili aziendali, ma anche ai direttori delle Reti, che sono degli ayatollah, padroni quasi assoluti dell'azienda. Ne abbia¬ mo avuti di terribili. Locatelli, per esempio, ex direttore di Raidue, un vero pozzo senza fondo. A un certo punto era fuori di 300 miliardi. Oggi, il peggiore è Fuscagni di Raiuno, poi viene Sodano di Raidue. Il più corretto - e lo dico io deputato missino - è Guglielmi di Raitre». «Sa di che cosa stiamo parlando? Di 750 miliardi di appalti su un bilancio di 3500, gran parte dei quali va per stipendi ai dipendenti. Quanto incideranno le tangenti su questa ci- fra? Non so proprio dirlo perché non essendoci controlli non ci sono limiti». «Quando è arrivato Pasquarelli come direttore generale c'è stato un cambiamento, ma soltanto formale. Agnes faceva come gli pareva, Pasquarelli fa finta di fare i controlli. Ma la situazione è perfino peggiorata. Manca? Manca era un politico e ha messo a frutto la Rai per i suoi obiettivi politici, ha approfittato dell'azienda senza alcuno scrupolo per aumentare il suo potere. Pedullà è un po¬ vero professore che non capisce niente. E' proprio arrivata l'ora del commissario tecnico per un'azienda che non è uno scandalo nazionale, ma internazionale, perché al mondo non c'è proprio niente di simile». «Chissà perché mi viene in mente il concerto dei Pink Floyd di un paio d'anni fa a Venezia. Furono presi a pomodorate. Se il giudice, cui mi presenterò, mi domanderà a chi chièdere di che si tratta, gli dirò di rivolgersi all'esimio sovrintendente dell'Opera di Roma, l'ex presidente della Sacis Giampaolo Cresci». «Non creda che i sette anni di Rai siano stati una passeggiata. Qualche volta mi blandivano, cercavano di corrompermi. No, non le racconto le offerte che mi hanno fatto i rappresentanti delle società che lavorano per gli appalti, le dico però che nel mio ufficio alla Rai mi spiavano. E quando feci una delle mie denunce fui minacciato ripetutamente. Si trattava della "Polivideo", una società con sede in Svizzera, proprietà del signor Cassina, figlio del conte Cassina di Palermo, amico di Leoluca Orlando. Questa società aveva avuto contratti di miliardi per attività che la Rai poteva benissimo fare direttamente». «Sa quanti contratti esterni di collaborazione ha la Rai? Cinquantamila, per un valore di 150 miliardi. Altro che il Minculpop, con 50 mila contratti del genere sì che si manipola il Paese. Lei dirà che sono fascista, può darsi, ma quelli sono morti senza una lira in tasca. Questi invece sono vivi, vegeti e ben forniti». «Alla Rai sono circolati e circolano fiumi di denaro. I produttori esterni che ottengono contratti miliardari devono pur ringraziare qualcuno, che a sua volta ringrazia il partito i'appartenenza o il politico di riferimento». «Sa chi ha scoperto per primo Stefania Craxi, che con la sua società di produzione ha fattun to con la Rai decine e decine di miliardi? Proprio io, quattro anni fa, quando allestì un carissimo programma da Montecatini. Lei faceva il "casting", o almeno avrebbe dovuto farlo, perché invece mi risulta che la ricerca degli artisti da chiamare in trasmissione è stata fatta dalla Rai stessa. Neanche la spesa di un gettone telefonico!». «Un povero sindaco non poteva accertare niente, soprattutto dal momento in cui il direttore generale Agnes, con totale abuso di potere, impedì ai dirigenti di venirci a parlare, mandava degli avvocati. Provammo a indagare sulle società private di artisti e giornalisti che lavoravano a piene mani per la Rai, ma ci dissero che debordavamo dal nostro compito. Pippo Baudo aveva una società, Folco Quilici aveva una società, non riuscimmo a sapere se con un rapporto regolato contrattualmente. E quelle dei giornalisti a stipendio? Finte consulenze, passaggi gratuiti in video, budgets illimitati. Ricorda l'intervista a Saddam Hussein di Bruno Vespa? Lei ne ha fatte in vita sua interviste importanti? Quanto sono costate? L'aereo, l'albergo, il pranzo, il taxi. Sa quanto costò l'intervista di Vespa a Saddam? Centosessanta milioni, diconsi centosessanta. Questa roba almeno è contabilizzata. Di certo non è contabilizzata la pubblicità surrettizia di Gianni Boncompagni. Il collegio dei sindaci ha indagato e ha scoperto senza ombra di dubbio che, al di là degli sponsor ufficiali, Boncompagni prendeva soldi dagli sponsor occulti. Ha fatto miliardi a palate e non è il solo». «Vogliamo parlare di questioni immobiliari? Del costo del nuovo centro Rai di Saxa Rubra? Se vuole, anche qui c'è da rabbrividire». Gli diciamo che sarà per la prossima volta e gli chiediamo di concludere. Il professor Rositani, docente di ragioneria a Rieti, non vuol far politica: «Qui parla il sindaco di una società e non il deputato missino, ma parla anche il cittadino che vede nella Rai lo specchio del regime e l'emblema di uno Stato in disfacimento». Le sei casse di documenti del professore sono a disposizione del giudice che - è convinto «questa volta farà sul serio». L'inchiesta "Raipulita" ha il suo primo testimone. Alberto Staterà «Con 58 centri di spesa, i controlli sono impossibili Nessuno ha voluto darmi ascolto» Nel mirino pure la «Piovra» «Sette minuti in più sono costati cinque miliardi» Gli studi del Tgl A destra Pippo Baudo e Gianni Boncompagni Sotto Raffaella Carrà A sin. Guglielmo Rositani Sopra Biagio Agnes

Luoghi citati: Montecatini, New York, Rieti, Roma, Svizzera, Venezia