Addio al Rambo d'Africa di Enrico Benedetto
Il colonnello Bob Denard torna a Parigi: sono stanco, voglio pagare e rifarmi una vita E GOLPE DALL'INDOCINA ALLE COMORE Il colonnello Bob Denard torna a Parigi: sono stanco, voglio pagare e rifarmi una vita Addio al Rombo d'Africa Si costituisce il re dei mercenari GPARIGI UAI a chiamarlo «l'ultimo dei mercenari», specie ora che lo attende un processo in Francia, dove ha rimesso piede ieri per farsi arrestare dopo ampia latitanza. «Sono un free lance», replica imperturbabile Robert Denard alias Colonnello Bob, 64 anni di flirt con la morte e l'avventura. Il suo medagliere: Indocina, Katanga, Yemen, Biafra, Mauritania, Libia, Kurdistan, Benin, Ciad, Angola e - ultima tappa - le Comore. L'arcipelago, che quasi l'intronizzò viceré per 12 anni, doveva essergli fatale. Coinvolto nell'uccisione del presidente Abdallah (1989), una massiccia operazione navale francese lo obbligò a cercare rifugio in Sud Africa. Da allora l'uomo dalle sei mogli, il convertito all'Islam, l'implacabile e sanguinario colonnello Denard era un uomo solo. Nei mesi scorsi ha negoziato la resa con Parigi. «Ero al verde, non avevo alternative», dice, e annuncia: «Voglio rifarmi un'esistenza in patria. Se ho da pagare, pagherò. Poi vorrei scrivere un libro e portare sullo schermo la mia storia». Chi lo attendeva ieri allo Charles de Gaulle ha visto un guerriero stanco in jeans e impermeabile beige, che zoppica e non vuole più randeggiare. Deve anche scontare 5 anni per il fallito golpe nel Benin del '77. Ma il soggiorno in carcere potrebbe essere breve. Denard aveva buone relazioni con i «seri vizi» francesi: qualcuno ha forse interesse a comprarne il silenzio. Ipotizzare sconti sulla pena non è fuori luogo. Eroe conradiano, ribaldo, omicida seriale, fascista, attentatore (voleva uccidere, tra gli altri, Pierre Mendès France), megalomane, autocrate, pedina manovrata da Parigi. Non mancano le definizioni tranchantes per una biografia alla Salgari. Ma chi sia davvero Bob Denard pochi lo sanno, forse neppure Pierre Lunel che gli ha dedicato il ponderoso volume «Le roi de fortune». La famiglia - povera - arriva dalle terre fra Aquitania e Pirenei. E' il profondo Sud transalpino. Lui ne conserva ancora la parlata tranquilla, vocali larghe e frasi atone. Ma il destino che lo attendeva era già nel mestiere paterno, caporale delle truppe coloniali. A 13 anni esordisce come staffetta nelle «Ffi», i partigiani gollisti. E' un imprinting decisivo, tuttavia non si può dire che le imprese successive abbiano eguale vocazione anti-totalitaria, malgrado Bod Denard affermi: «Nelle mie campagne, ero invariabilmente con i deboli. Il I Potere l'avevo contro». Concluse le ostilità, frequenta un corso per meccanici in Marina. Lo ritroviamo fuciliere sul Mekong. E arriva la prima delle innumerevoli ferite. L'Indocina forgia il giovane Denard. «Ero lì, in definitiva, per caso. Non me l'ero cercata», spiega, ma da quell'inferno tornò con una rabbia nuova. Nel '54, Parigi smobilitava l'impero. Amara pace. Ma proprio in quegli anni Bob issa la propria bandiera tardo-romantica: la Francia ha chiuso, e lui inizia. Per qualche tempo ancora rimane nell'alveo di incarichi ufficiali. Il Marocco l'aveva già visto dirigere il traffico a Casablanca nella Police Chérifienne. Rimarrà una breve parentesi. Eccolo immerso nella «guerra sporca». Deve individuare chi lotta per l'indipendenza nazionale e - se occorre - farlo sparire. Il suo ufficio funge da copertura. Breve soggiorno ad Algeri, ove stringe amicizia con i fedelissimi Oas, poi rientra a Parigi. L'inizio dell'epopea africana non si fa attendere. 1960: secessione in Katanga. «Mi bastò leggere la notizia sui giornali per capire che era una buona occasione. Raggiunsi i ribelli grazie a un passaporto diplomatico fornitomi dall'abbé Fulbert Yulu, che all'epoca governava il Congo-Brazzaville». Denard s'ingaggia per Ciombè, ma poi appoggerà Mobutu salvo tornare in extremis con i katanghesi. «Eravamo uno contro 100. Io unico bianco tra gli indigeni. Un giorno affrontiamo un drappello di Baluba. In spregio ai nostri mitra cominciano una danza rituale. I miei, dopo qualche indecisione, li imitano accogliendo la sfida. Bisogna che mi adegui. Nudo con la pistola alla cintola inizio a dimenarmi. Be', si arresero». Altri episodi, meno pittoreschi, Bob Denard preferisce non raccontarli. Gli eccidi, le sevizie, i saccheggi. I reportage della stampa narrano l'orrore, consacrandone re l'ex meccanico. Ormai ha il pedigree necessario per vendersi bene. Nello Yemen difende l'imam El Badr da una rivoluzione filonasseriana. Nuovo coup de foudre secessionista: tocca al Biafra. Ma in Gabon protegge invece il leader ufficiale, Omar Bongo, che gli affida i suoi pretoriani. Anche Hassan II vuole assumerlo. Missione: liberare in Libia i ministri di re Idris che un misconosciuto Gheddafi tiene prigionieri. 16 gennaio '77, naufraga un golpe in Benin. Dietro pare ci fosse Parigi, ma solo il Colonnello viene messo in causa. Le autorità di Cotonu ottengono, via Onu, che lo giudichi un tribunale francese. Sentenza in contumacia nel '91. Nuove glorie con l'Angola. Senza i mercenari che raccoglie infaticabile - l'ormai cinquantenne Denard, mai Savimbi avrebbe sconfitto l'establishment marxista. E siamo alle Comore. L'anziano combattente cerca un buen retiro, le spiagge dell'Oceano Indiano parrebbero l'ideale. Organizza una congiura anti-Abdallah per favorire Ali Solih. E' il 1975. Tre anni più tardi inverte i ruoli, con successo. L'ex nemico ritrova il potere e lo ricompensa offrendogli di comandare la guardia presidenziale. Ma il 26 novembre '89 gli oppositori insorgono. Quando Abdallah viene ucciso, Bob Denard è nel medesimo locale. Complice? O addirittu¬ ra istigatore? La famiglia lo accusa, tanto più che il super-mercenario intende assumere l'autorità suprema. Per tre settimane comanda lui. Il soldato di ventura ha infine un trono, la realtà sembra abbeverarsi di cattiva letteratura. Ma dura poco. Francia e Sud Africa, grandi protettori della piccola Repubblica, vogliono liquidarlo. L'esilio è un «prendere o lasciare». Bob salva la pelle, non il mito. Ora gli toccherà difendersi a parole, senza mitra. Ma anche l'arsenale linguistico è ben nutrito. Sentitelo: «Dicono che facevamo porcherie, ma sono le circostanze a imporle, da sempre. Per millenni la storia non ha condannato i mercenari. Garibaldi cos'era, in definitiva? E Malraux?». Enrico Benedetto Denard al suo arrivo a Parigi A destra nel 1962 in Katanga La foto è apparsa su «Fire» la rivista diretta dal colonnello [FOTO ANSA]
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