Tangenti ora tocca alla Rai

L'inchiesta è partita dalle dichiarazioni di alcuni imputati nello scandalo «palazzi d'oro» Un alto ufficiale: «Indaghiamo non su un singolo programma ma su un sistema di appalti» Tangenti, ora tocca alla Rai Blitz della Finanza in viale Mazzini ROMA. Si apre un nuovo capitolo nella storia infinita delle tangenti. Ieri la Guardia di Finanza ha visitato la Rai. Sono arrivati in viale Mazzini, hanno parcheggiato l'auto sotto la statua del cavallo morente e sono entrati nel palazzone. I finanzieri hanno sequestrato la documentazione su una larga serie di appalti «sospetti». Li mandava il giudice Antonino Vinci, lo stesso che sta indagando sui Palazzi d'oro e che ha già spedito in galera la bella cifra di 47 imputati. I finanzieri, arrivati al mattino, quando ancora il palazzo non è percorso in lungo e in largo dalle «stelle» della radiotelevisione nazionale, sapevano bene che cosa cercare. Negli uffici dell'amministrazione sono andati a colpo sicuro. Non si sa quali siano i programmi «sospetti», però. Segreto istruttorio. Magari si tratta di appuntamenti di massimo ascolto. Oppure programmi fallimentari, che nessuno ha mai visto. Ma tutto questo, in fondo, alla Finanza non interessa. Spiega un alto ufficiale, coperto da anonimato: «E' un'indagine penale, che parte da fatti ben precisi. Abbiamo indizi di reato e procediamo. Indaghiamo non tanto su un programma, quanto su un sistema di appalti». Ecco, il sistema degli appalti: un bubbone di cui si mormora da anni. Un groviglio di imprenditori, faccendieri, «facce» celebri dello spettacolo e politici che prospera sulle spalle della Rai. Sembra che l'inchiesta sia partita dopo alcuni esposti, ben documentati, che alcuni imprenditori cinematografici hanno inviato in Procura. E poi ci sono le dichiarazioni di alcuni imputati dell'inchiesta Palazzi d'oro. Alle contestazioni del giudice, infatti, diversi imprenditori e faccendieri si sono difesi squarciando altri veli: «Ma signor giudice, così va il mondo! Mica soltanto per i palazzi abbiamo pagato tangenti. E della Rai, non ne vogliamo parlare?». Ma certo, parliamone. E il giudice Vinci ha verbalizzato la storia di tanti altri «balzel¬ li». Questi sono legati alla realizzazione di sceneggiati e film per la televisione. Ma il meccanismo della tangente, in fondo, non cambia granché anche se si esplora il mondo delle costruzioni, delle metropolitane o delle centrali elettriche. Torna così alla mente una sfilza di scandali, piccoli e grandi, che negli anni hanno macchiato l'immagine dell'ente di Stato. Che dire del «Marco Polo», ad esempio, kolossal venezian-internazionale del 1988? Doveva celebrare l'esploratore-commerciante che partì dall'Adriatico e arrivò in Cina. Allo stesso tempo, il film doveva imporre la Rai sui mercati televisivi di tutto il mondo. Il giudice Giancarlo Arma¬ ti, all'epoca, aprì un'inchiesta sullo sperpero di 12 miliardi e scoprì che la Rai si era rivolta per realizzare il kolossal a una piccola società che neppure possedeva le attrezzature tecniche per girare il film. Anzi, Armati scoprì che la società in questione si era costituita per l'occasione. Finì tutto in una bolla di sapone, grazie a un ribaltone giuridico: la Rai fu giudicata, dalla Cassazione, ente di diritto privato e non pubblico. Anche se maneggiavano soldi pubblici ed erano di nomina politica, insomma, gli amministratori della Rai erano considerati come privati cittadini che potevano muoversi a loro piacimento. L'inchiesta fu archiviata. Altri titoli, altri scandali. Il «Cristoforo Colombo». I film prodotti insieme ai fratelli Cecchi Gori. Le sponsorizzazioni mascherate. E i tanti programmi d'intrattenimento che fecero gridare allo scandalo per le cifre miliardarie. Tutto come da contratto, naturalmente. Ma i conti della Rai, intanto, andavano a fondo. Questa volta, però, in Procura si respira un clima diverso. I giudici trovano la collaborazione di quanti sono stati costretti a pagare le tangenti ai politici. E sperano di arrivare fino in fondo. Fino ai titoli di coda. Francesco Grignetti L'inchiesta è partita dalle dichiarazioni di alcuni imputati nello scandalo «palazzi d'oro» E si torna a parlare del «Marco Polo» Per realizzarlo furono spesi nell'88 12 miliardi A sinistra il «Cavallo morente» di Francesco Messina nella sede Rai di viale Mazzini In alto il direttore generale Gianni Pasquarelli

Persone citate: Antonino Vinci, Cecchi Gori, Cristoforo Colombo, Francesco Grignetti, Francesco Messina, Gianni Pasquarelli

Luoghi citati: Cina, Roma