Pagine celeberrime giovedì 4 con la direzione di Krivine di 1. O.

RAVEL, DE FALLA E GERSHWIN RAVEL, DE FALLA E GERSHWIN Pagine celeberrime giovedì 4 con la direzione di Krivine IL prossimo concerto della Rai (giovedì 4 alle 20,30, venerdì 5 alle 21, sabato 6 alle 16,30) farà segnare un record o quasi, nel senso che raramente si possono ascoltare tutte insieme quattro opere così popolari come: «Alborada del gracioso» e «Bolero» di Ravel, «Suites n. 1 e n. 2 da "Il cappello a tre punte"» di de Falla e «Un americano a Parigi» di Gershwin. Il tutto sotto la direzione del francese Emmanuel Krivine. Con beneficio d'inventario per quanto riguarda l'ordine di esecuzione, che è ancora da stabilire con precisione, ricordiamo brevemente di che si tratta. L'«Alborada del gracioso», che vuol dire all'incirca «serenata del buffone», è una delle tante trascrizioni che Ravel fece di sue opere pianistiche. L'orchestra è chiamata a un difficile cimento sul piano della precisione, di fronte a una partitura breve ma ricca di tranelli ritmici e stupende finezze sonore. Da sottolineare il ricco spiegamento di percussioni per rendere più vivace il clima di spagnoleria: oltre ai timpani, crotali, triangolo, tamburello basco, castagnette, tamburo, piatti, grancassa, xilofono. Fin troppo noto è il «Bolero». Ravel lo compose su sollecitazione della ballerina Ida Rubinstein ed è un unicum nella storia della musica, se si eccettua (fatte le debite differenze) l'impressionante crescendo nel primo movimento della «Settima sinfonia» di Shostakovic: una melodia di 32 battute ripetuta fino all'estenuazione, un avvicendarsi e un sovrapporsi di strumenti in una tessitura sonora sempre più robusta e complessa, su una base ritmica ripetuta e ipnotizzante fino all'urlo liberatorio conclusivo. Se le due pagine raveliane ci mostrano una Spagna «alla francese», con il «Cappello a tre punte» l'anima iberica appare in tutta la sua immediatezza. Il balletto di de Falla - dal quale l'autore trasse le due suites - emana profumi e colori, sentimenti viscerali e passioni estreme: della Spagna, qui, c'è il fuoco e la malinconia, l'amore e l'odio, l'ironia sempre un po' venata di pessimismo. Sventagliate di note e chicche sonore: musica fatta per piacere, che fa subito presa. «Un americano a Parigi», che secondo il programma originale dovrebbe precedere il «Bolero» di chiusura, fa fare un bel salto all'ascoltatore. Ben poco di francese c'è qui, salvo un sottofondo di scanzonatezza che emerge da certe pagine (i claxon delle automobili, il tornino enunciato dai tromboni). La bella cartolina gershwiniana è comunque benissimo studiata e congegnata, e i moduli del jazz si trovano a loro agio nel contesto sinfonico. D'altronde non va dimenticato che quest'opera ebbe fin dall'inizio il convinto sostegno di Toscanini, il quale la impose infischiandosene delle proteste levate dal pubblico più conservatore. Leonardo Osella un solo respiro: tale concentrazione si ritrova soltanto là dove manca in analoga misura ogni tendenza alla lamentosa noia. Comprenderà questi pezzi soltanto chi ha fede che sia possibile esprimere mediante suoni qualcosa che solo con i suoni si può dire».Le «stregonerie» mozartiane di inizio serata si congiungeranno, in chiusura, con il «demoniaco» che si intravvede nel «Quartetto in fa minore op. 95» di Beethoven, definito dallo stesso autore come «serioso». [1. o.]

Luoghi citati: Parigi, Spagna