caponnetto

Germania, donna accusa i killer del coniuge: «Dovevano dare una dimostrazione di fedeltà ai boss» ™HM!m E ora non c'è più pace per i figli delle vittime MI sembra strano il silenzio che quasi tutti i giornali, fatta eccezione per «l'Unità», hanno mantenuto su un articolo pubblicato dieci giorni fa da «L'opinio i pne», settimanale del pli, che non disdegna di ricevere danaro pubblico. L'autore dell'articolo si cela vigliaccamente dietro lo pseudonimo di Valerio Marziale. Il direttore del periodico lo descrive come «un giornalista noto, forsennato garantista»: e non mi meraviglierei se, al coperto di così classicheggiante pseudonimo, si celasse qualcuno degli squallidi personaggi che da anni pongono le loro firme a disposizione della campagna tesa ad ostacolare l'attività di chi si batte per liberare il Paese dalla mafia. L'articolo, che già nel titolo «Buon sangue», con occhiello «Valgono oro i cognomi dei martiri eccellenti» - palesa la cinica animosità che lo ispira, inizia così: «Cominciano a essere numerosi figli, mogli e fratelli di illustri morti ammazzati che fanno una scintillante carriera sui cadaveri di famiglia. Senza il morto, sarebbero sconosciuti. Grazie al morto, te li ritrovi dappertutto. In Parlamento; in libreria, come autori di bestsellers; negli show televisivi a oracolare. Sono i nuovi vampiri». L'articolista menziona, quindi, i tre figli del generale Dalla Chiesa, i parlamentari Carmine Mancuso e Claudio Fava, Maria Fida Moro, Carol Beebe Tarantelli, le vedove del giudice Costa e dell'agente Schifani, Sergio Mattarella e Giuseppe Ayala. Seguono sette «schede» dedicate, oltre che a me, a Giuseppe Ayala, Nando Dalla Chiesa, Tano Grasso, Carmine Mancuso, Carlo Palermo e Carol Beebe Tarantelli. Quella che mi riguarda contiene - in negativo - solo alcuni vaghi apprezzamenti sul «tono» delle mie dichiarazioni, permeato della «cultura del sospetto» e così conclude: «Intanto, chi non la pensa come lui viene ghettizzato, disprezzato. Non esistono altre verità. E se esistono, vanno messe a tacere. L'autorità del nuovo oracolo rende il fenomeno ancor più preoccupante». Per la verità non mi ero mai accorto né avevo preteso di essere un «oracolo», tanto meno autorevole. Le schede sono precedute da un «cappello» che, sotto il titolo «All'ombra delle bare», contiene anche questa frase: «Quella di "figlio del martire" è diventata quasi una professione. Sono sempre di più i parenti e gii amici che fanno carriera. Una caratteristica li ac¬ comuna: la loro fortuna nasce dal sangue. Spesso dal sangue dei loro famigliari. Si tratta in particolare di personaggi che hanno fatto fortuna nel campo della politica. E che, nella maggior parte dei casi, utilizzano e cercano di aumentare le loro fortune tentando di distruggere lo Stato». A questo punto, non comprendo a quale titolo mi sia toccato il privilegio di essere «schedato», non riuscendo a capire quale sia la mia «fortuna», visto che non godo degli «agi di parlamentare», né ho ricavato un solo centesimo dalla mia partecipazione - mai sollecitata - a convegni o trasmissioni tv, e nemmeno dal mio libro I miei giorni a Palermo, per il quale ho devoluto tutti i ricavi al Fondo famiglie delle vittime di mafia. Ma non è il mio caso personale che vorrei far notare: quel che preoccupa è il progressivo e inarrestabile imbarbarimento del costume giornalisticopolitico. Apprendo dall'«Unità» dell'altro ieri che il direttore del settimanale, Diaconale, ha ammesso scusandosene che si è «esagerato nel tono», ma ha aggiunto: «Sulla sostanza politica resto convinto che quella provocazione andava fatta». Ma non ci spiega perché. A sua volta il segretario del pli, Altissimo, alla richiesta di spiegazioni rivoltagli dal presidente della Camera, ha risposto scusandosi, ma anche difendendo «l'autonomia del direttore del giornale cui, all'atto della nomina, è stata assicurata totale libertà». Risposta ipocrita e sfuggente, che mi fa ammirare, per contrasto, il comportamento dei deputati Biondi e Battistuzzi che si sono espressi contro il loro giornale e si sono anche scusati, a quanto mi è stato riferito, con Dalla Chiesa. Ho sperato, per giorni, che un così grave episodio di «killeraggio» trovasse risonanza, come mi sembrava doveroso, nella stampa. Quando ho capito che, forse perché coperto dall'anonimato, quell'articolo non sarebbe stato messo a conoscenza del grande pubblico, ho ritenuto fosse dovere di cittadino intervenire. Da parte mia continuo a sperare in un Paese migliore ed a girare l'Italia per trasmettere ai giovani questo messaggio: dobbiamo cercare di costruire una società nuova in cui non ci sia più posto per farabutti come Valerio Marziale. E il mio pensiero ritorna ancora una volta con fiducia al presidente Scalfaro, sulla cui saggezza tutte le persone oneste ripongono le loro ultime speranze in questo oscuro passaggio tra un mondo vecchio destinato a scomparire, con tutti i suoi Valerio Marziale, ed un mondo nuovo del quale ancora non riusciamo ad intravedere i lineamenti. Antonino Caponnetto tto |

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