C'era Nenni e neanche una lira poi via alla grande abbuffata di Filippo CeccarelliPietro Nenni

C SII! |111||:ÌÌ|1PÌ TUTTO COMINCIO' DOPO IL CENTRO SINISTRA C Poi Nenni, e neanche una lira via alla grande abbuffala aROMA UELL' ufficio di via Tomacelli: niente di speciale come arredamento. Sì, certo, l'aria condizionata e la moquette, che a via del Corso se la sognavano in quegli anni. Poi, da un certo giorno del 1977, anche i vetri blindati. E così, chiuse le finestre, ben attutito il rumore di Roma automobilistica e fracassona, in cinque-sei stanze lontane ma non troppo da quella «vecchia casa» dove lavoravano a stratificazioni geologiche torme di segretarie con la borza della spesa e di placidi, rassegnati funzionari demartiniani e manciniani, il craxismo, fenomeno prettamente milanese, decise che sì, «primum vivere», ma per vivere com'è ovvio ci volevano i soldi. Ecco, né Zaccagnini, né Berlinguer ebbero mai un ufficio separato e relativamente misterioso. Sarebbe stato contro le leggi sacre del correntismo democristiano e dell'apparato comunista. Invece Craxi, che tra l'altro già si tirava appresso tutta una serie di (finte) leggende di dollari, di marchi socialdemocratici e perfino di pompelmi israeliani, occupò con la massima naturalezza via Tomacelli numero 146, stesso (brutto) palazzo del Manifesto e della Voce repubblicana, poi anche del pdup e della Fgci, e qui si installò con un ristretto gruppo di compagni fidati. Tra questi c'è sempre stato il segretario amministrativo, che all'inizio era Formica. Vulcanico, attivissimo, immaginifico, sospettato di essere assai generoso con le federazioni della maggioranza e di manica stretta con gli avversari interni, quando doveva contribuire al sostentamento dei primi intellettuali del nuovo corso Formica officiava una specie di rito della parsimonia: «Eh - diceva aprendo il cassetto - quanto mi costano 'sti czz d'intellettuali!». Rimase lì fino alla conquista del partito, sostituito poi alla cassa con un altro craxianissimo delle origini, Giorgio Gangi. In quelle stanze ieri violate dai carabinieri, oppure al bar di sotto, quel «caffé delle Antille» che richiamava avventure di pirati e magari anche di tesori, si potevano incontrare gli uomini discreti che stavano appunto mettendo in pratica, insieme con Bettino, questo benedetto «primum vivere»: Tommy Pesce, Nerio Nesi e un bel giovanotto dal nome altisonante, Ferdinando Mach di Palmstein. Inutile dire che avevano trovato il caos più totale, una specie di big bang finanziario in corso. Debiti, sprechi, impicci, piccole e grandi debolezze. E se è vero che la democrazia dei partiti era, forse è ancora avvolta come il Grande Gatsby dalla «polvere sozza dei propri sogni», beh, quelli del psi pre-craxico erano miseri sogni: al dunque si trattava di vivacchiare. Forse anche rubacchiando: la storia del socialista «ladro» già circolava, e senza le grandiosità, il giallo cosmopolita (la Svizzera, l'avvocato John Rossi), l'articolazione finanziaria, la corruzione ambientale, i personaggi da film, i patriarchi e i ladri avventurieri di oggi. Ma già era, il socialista, più scopertamente e quindi anche più ingiustamente ladro del democristiano, quando Craxi prese in mano il psi del centrosinistra che non sapeva stare a tavola. Un parvenu. Niente regali, si capisce, dall'industria privata. Semmai gli scarti delle PPss. Insomma, negli Anni Sessanta, era sempre la de a farsi intermediaria e mallevadrice di un psi corrotto al punto giusto. Così come, in pre¬ cedenza, era stato il pei ad aiutare il psi colonizzato. Un partito povero, molto povero: e per capirsi, in un congresso De Martino ha raccontato di alcuni funzionari divenuti tisici e spediti a curarsi. Il psi indigente e idealista dei primi Anni Cinquanta. Per forza: alle spalle della de c'era la Chiesa, l'America, i residui fascisti delle Ppss. Dietro i comunisti c'era l'Urss. Dietro al Nenni autonomista del 1956 non c'era davvero nessuno, forse solo la simpatia del vecchio Angelo Rizzoli e qualche contributo di Dino Gentili, che faceva affari con i cinesi. Per il resto, buona notte. E allora, forse, per capire la grande abbuffata di Tangentopoli al di là del dato algebrico (la rendita di posizione del psi, quel suo 12 per cento che rendeva 50 e più della torta); per cercar di comprendere il dissennato, parossistico gratta-gratta di oggi, questa passione collettiva per il denaro che più nei socialisti che nei de o nei post comunisti tradisce una specie di istinto predatorio, ecco, magari tutto questo si spiega anche come reazione al terribile passato finanziario, alla solitudine economica,, allo stare scomodamente in mezzo a due blocchi compatti e sentirsi fratello povero e bisognoso. Non che sia un'attenuante, né tantomeno una giustificazione, ma quella che si legge nell'inchiesta di Di Pietro fa pensare parecchio alla fame atavica, che non passa mai. Una bulimia di derivazione storica: bipartitismo finanziario perverso, un'autonomia che nasce orfana, esclusa dall'eredità fascista, senza cooperative, senza America, senza Russia. Come risultato, una dipendenza finanziaria che si ri¬ flette in una debolezza politica. La tesi, esposta qualche ,meise,fa, davanti a pochi, selezionatissimi socialisti, è di uno dei più lucidi e dei più onesti intellettuali del psi, Luciano Cafagna in un bel saggio che parla di «ancillarità finanziaria». Superata, certo, dal nuovo corso craxiano. Ma è qui, tra lo scandalo dell'Eni-Petromin e l'indebitamento con Calvi, tra la P2 (risultava iscritto il viceresponsabile amministrativo del psi) e i vari affari petroliferi, che si ritorna a quell'ufficio un po' segreto di via Tomacelli dove, con gli anni, i confini di buon senso e di anche di buon gusto del «primum vivere» erano stati ampiamente oltrepassati. Anzi, polverizzati. Alla metà degli Ottanta era finalmente indipendente, il psi, e dal punto di vista della politica come da quello dei quattrini. E tuttavia quei sistemi,, quegli sforzi di razionalizzazione dell'arraffa-arraffa, insomma le stecche, le tangenti più che dei politici avevano generato degli «esattori». Che forse erano, sono i più ricchi e i più spregiudicati perché avevano, hanno alle spalle la storia più infelice. Filippo Ceccarelli «Primum vivere» Dallo scandalo Eni-Petromin ai debiti con Calvi In alto a sinistra Rino Formica Qui accanto da sinistra Giorgio Gangi e Pietro Nenni

Luoghi citati: America, Roma, Russia, Svizzera, Urss