Uccisero invalido condannati
Cronaca Leinì: dopo un giorno trascorso a bere, pugni e calci allo sventurato Uccisero invali do, condannati Ventidue anni all'omicida e al complice Ucciso a calci e pugni dopo una bevuta al bar e poi abbandonato in un campo dietro il cimitero di Leinì. Michele Piangolino, 42 anni, era un invalido civile, soprannominato mano mozza da quando una pressa gli aveva schiacciato sette dita. L'ha massacrato di botte un giovane amico di osteria. Salvatore D'Orsa, 23 anni, mentre un altro, Antonio Melis lo istigava a colpire: entrambi gli imputati sono stati condannati ieri a 22 anni di carcere. La Corte d'assise (presidente Pettenati) ha accolto in pieno le richieste del pm Avenati Bassi e della parte civile, avvocato Lo Greco: «E' stato un delitto voluto. Non è vero che volessero dargli soltanto una lezione. Un omicidio causato da futili motivi su un povero invalido che non poteva difendersi». Michele Piangiolino sarebbe stato ucciso perché un paio d'anni prima non aveva soccorso un parente di D'Orsa dopo un incidente stradale. I due imputati devono versare una provvisionale di 100 milioni a favore dei parenti della vittima che in 11 si sono costituiti parte civile. Il delitto avvenne nella notte tra il 6 e il 7 gennio '92. Gli imputati, la vittima e un quarto amico, Antonio Colangelo, un impiegato postale di 23 anni, avevano passato il pomeriggio precedente a bere: prima al circolo dei sardi, poi in un bar di piazza Vittorio Emanuele a Leinì e infine in Barriera di Milano, a Torino. A sera erano tornati a Leinì in una birreria e avevano continuato a bere ed era scoppiato il litigio. Il titola- re del locale li aveva buttati fuori. I quattro erano saliti sulla Ritmo del Melis e si erano allontanati, fermandosi in mezzo ai campi, dietro il cimitero. D'Orsa, difeso dall'avvocato Antonio Foti, ha raccontato in aula: «Siamo scesi dall'auto e abbiamo ripreso a litigare. Lui mi ha colpito al volto. Io ho rea- gito con due pugni. Era vivo quando l'ho lasciato in quello spiazzo. Tanto vivo che s'è messo a correre». Nessuno gli ha creduto. Il pm Avenati Bassi gli ha contestato le conclusioni dei periti Torre e Bosco: «La vittima è stata colpita mentre si trovava a terra. E' stata uccisa dalle percosse. Come può essersi allontanato dopo il litigio? come poteva picchiare una persona se era praticamente senza mani?». L'altro imputato, Melis, difeso dagli avvocati Antonio e Anna Rossomando, ha sostenuto: «Ero presente, ma non l'ho toccato». Lo ha smentito il quarto avventore, il Colangelo: «Melis incitava D'Orsa a colpire. Mi ha minacciato di star calmo se non volevo finir male». [n. pie.] Salvatore D'orsa istigato a colpire da Antonio Melis
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