Splendori e lussi proibiti della Lady Macbeth albanese

Splendori e lussi proibiti della Lady Macbeth albanese Splendori e lussi proibiti della Lady Macbeth albanese UNA DINASTIA COMUNISTA AFIANCO del marito ha osato sfidare le scomuniche di Mosca e l'ira di Krusciov; è riuscita a prolungare oltre ogni logica politica, usando il pugno di ferro, l'agonia dell'ultimo fossile comunista d'Europa. Ma nella fine di questa inflessibile pasionaria stalinista che va in galera per aver rubato poco più di 100 milioni manca la cupa grandezza che ha circondato altri protagonisti dell'impero rosso. La leggendaria, temuta, odiata vedova Nexhmije Hoxha è uscita di scena in tono minore. Perfino la clemenza della Corte che le ha abbuonato cinque anni di galera ha il sapore di un patetico regalo: ormai la lady Macbeth di Tirana non fa più paura a nessuno, e non è utilizzabile nemmeno come simbolo della nemesi di un regime tanto scalcagnato e ottuso quanto feroce. Questa settantenne di seta e di ferro, l'eterna crocchia che avvolge i capelli candidi, il vestito grigio anonimo di taglio impeccabile, uniforme di tutte le pasionarie che nella prima metà del secolo hanno forgiato con lo scalpello rivoluzionario il comunismo, ha accolto la sentenza in silenzio, senza battere ciglio. «Ci sarà sempre qualcuno che vive nel lusso e qualcuno che mangia gli avanzi» ha ribattuto con degnazione alle accuse di essere vissuta nel lusso mentre il popolo moriva di fame. Paradossale epitaffio a una generazione che della sbandierata eguaglianza aveva fatto la pietra del potere. Per anni è stata una leggenda nera di cui i sudditi «felici» dell'unico comunismo realizzato osavano appena sussurrare il potere e l'influenza, nel terrore di essere ascoltati dalla onnipresente Sigurini. Raccontano che una notte suo marito Enver, padre, padrone, inventore del comunismo albanese non riuscisse a dormire per il latrare di un cane troppo vicino alla «città proibita» dove viveva la nomenklatura. Il giorno dopo Nexhmije ordinò di eliminare tutti i cani della città colpevoli di questa paradossale forma di «deviazionismo acustico». Eppure la moglie di Hoxha non è stata una Chang Cing da salotto o da corridoio. Aveva conosciuto il marito nel '41, negli anni dell'occupazione italiana e al suo fianco aveva percorso tutta la accidentata carriera del leader di un Paese fratello, sotto lo sguardo sospettoso di Stalin. Al suo fianco si era ritagliata uno spazio politico entrando nel comitato centrale già nel '52 e assumendo l'incarico di responsabile della ideologia nel '69, un posto chiave che ha gestito con inflessibile dedizione. Nel bunker del più piccolo alleato di Mosca fu lei a guidare il marito nella più incredibile e suicida delle sfide: schierarsi a fianco della Cina e contestare l'onnipotenza di Krusciov addirittura un anno prima che si scatenasse il grande scisma tra Pechino e Mosca. Si racconta che scrissero a quattro mani il discorso che Enver Hoxha pronunciò a Mosca, davanti agli occhi allibiti del leader sovietico e dei delegati di tutti i partiti fratelli il 16 novembre del '60: «I topi sovietici hanno da mangiare, mentre il popolo albanese muore di fame». E Krusciov rischiò l'infarto. Questi sono i fasti della donna che ha conosciuto tutto il pantheon del comunismo post bellico. Il lato oscuro della sua storia lo ha declinato il pubblico ministero Teodor Mosko. Anche in Albania la nomenklatura che predicava la purezza spartana della fede comunista si concedeva poi una generosa dispensa dalle consuete leggi morali. Ma sono pur sempre abusi di un comunismo affamato, agrario'e miserabile. Come i ventiquattromila dollari, corrispondenti a un secolo di stipendio medio di un lavoratore albanese, per comprare preservativi e medicinali contro l'impotenza. O la frutta esotica e i sa¬

Persone citate: Enver Hoxha, Hoxha, Krusciov, Lady Macbeth, Nexhmije Hoxha, Stalin

Luoghi citati: Albania, Cina, Europa, Mosca, Pechino, Tirana