Noi antisemiti da feuilleton

Studiosa americana ci accusa Studiosa americana ci accusa Noi, antisemiti da feuilleton ENTRE gli italiani leggono con stupore i risultati di un recente sondaggio e si chiedono se dietro la loro apparente bonarietà e tolleranza si nasconda davvero un tenace pregiudizio antisemita, in America appare un libro che a quella domanda risponde esplicitamente sì. L'autore è una studiosa della Brown University, Lynn M. Gunzberg, e il suo libro, pubblicato dalla California University Press, s'intitola Strangers at Home.Jews in the italian Literary Imagination (Estranei a casa loro. Gli ebrei nell'immaginario letterario italiano). Mi ha lasciato un senso di sconforto, disagio, talvolta incredulità e irritazione. Giudichi il lettore. Gli ebrei, ricorda Lynn Gunzberg, vivono in Italia da duemila anni, ma appartati e remoti, sino al secolo scorso, dietro le mura e le catene dei ghetti. In alcune città (Livorno e Venezia, ad esempio) godono di una certa libertà, commerciano e prestano denaro. Altrove vivono di umili mestieri scrutando ansiosamente gli umori del sovrano. A Roma e negli Stati della Chiesa il Papa re vuole che portino sull'abito un pezzo di stoffa gialla o rossa, lo sciammanno, e li costringe ad ascoltare una predica ogni sabato nella chiesa di Sant'Angelo in Pe scheria, accanto al Portico d'Ottavia. Durante il carnevale capita spesso che i buontemponi ne prendano uno, lo mettano in una botte e lo facciano rotolare lungo le pendici del Testacelo. Capita anche che i preti -e i frati cerchino . diirapire Moro figli per convertirli nella Casa dei catecumeni. Ac cadde nel 1858 a Bologna dove un ragazzino di sei anni, Marco Mortara, venne rapito, battezza to e allevato per l'ordine degli Agostiniani. Non riuscirono a li berarlo neppure Napoleone III e Moses Montefiori, il grande ebreo inglese di origine livornese che spese una vita a difendere la sua gente. Di quel mondo e di quell'epo ca esiste, ricorda Lynn Gunzberg, una straordinaria testimonianza letteraria: i sonetti roma neschi di Gioacchino Belli in cui 1 «giudii» sono brutti, sporchi, strozzini, robivecchi e menagramo, ma non fanno peggior figura, alla fine, dei preti e dei cardinali che il poeta mette in scena accanto a loro. Siamo ormai alla vigilia dei grandi avvenimenti che sconvolsero l'Italia fra il 1848 e il 1860. Emancipati da Napoleone agli inizi del secolo e più durevolmente da Carlo Alberto nel 1848, gli ebrei escono dal ghetto e fanno il loro ingresso nella società italiana. Per molti intellettuali del Risorgimento, ricorda Lynn Gun zberg, la loro causa assume un valore simbolico e s'identifica con la causa nazionale. Agli occhi di una parte dell'opinione cattolica essi acquistano quindi una connotazione ancor più negativa di quella che avevano avuto in passato, e l'ebreo deicida diventa, cosi, anche un perfido liberale. E' questo il ruolo di Aser, l'ebreo di Verona, nel romanzo del padre Antonio Bresciani. Ma Aser, cospiratore e carbonaro, incontra una casta fanciulla cristiana, Alisa, che lo sospinge dolcemente, con la bontà e con l'esempio, sulla via della conversione. Morirà come un martire, ucciso dai suoi compagni di congiura Che un tale personaggio sia uscito dalla penna di un gesuita che fu tra i fondatori di Civiltà Cattolica non è sorprendente. E' più sorprendente invece, ricorda Lynn Gunzberg, che un certo pregiudizio antisemita sia presente nei ricordi livornesi e nei romanzi di uno scrittore liberale come Francesco Domenico Guerrazzi. Ma quando appaiono le Note autobiografiche di Guerrazzi (admsedSGgEnCbrscicIGnritgzgrtrrg i , ' i e a , à i a a à E' a o re zi (a Firenze nel 1899) la condizione degli ebrei italiani è completamente mutata. Da Isacco Artom, segretario di Cavour, a Alessandro d'Ancona, direttore della Scuola Normale Superiore, da Giacomo Malvano, segretario generale del ministero degli Esteri, a Luzzatti, Fortis e Sonnino che furono presidenti del Consiglio a cavallo del secolo, l'ebraismo italiano racconta all'Europa la storia esemplare di uno straordinario successo. Da due cattedre opposte dell'orizzonte intellettuale Croce e Gramsci decretano che l'antisemitismo, in Italia, non esiste. Esiste tuttavia, secondo Lynn Gunzberg, nei racconti storici, nella letteratura popolare e nei romanzi d'appendice, vale a dire in quelle opere che maggiormente riflettono e alimentano i pregiudizi della maggioranza silenziosa. Per sapere che cosa pensa la gente, sostiene Gunzberg, occorre leggere La canaglia felice di Cle to Arrighi (1885), / misteri di Firenze di E. Maccanti (1884), Fi renze sotterranea di Jarro (1884), // ghetto di Ausonio Liberi (1881) e soprattutto L'orfana del ghetto di Carolina Invernizio. In queste pagine traboccanti di rapimenti, seduzioni, complotti e intrighi, l'ebreo recita quasi sempre la parte dell'uomo malvagio, gret to, ambizioso che tutto calpesta pur di acquistare ricchezza e po tere. Sono questi, sostiene Lynn Gunzberg, gli stereotipi della vecchia tradizione cattolica che resistono tenacemente nell'im màginazione letteraria degli ita liani. Il quadro peggiorò con la letteratura nazionalista e fascista. Mentre nella vita intellettuale italiana fanno la loro apparizione i concetti di «nazione», «razza» e «stirpe», gli ebrei di Salvator Gotta, Virgilio Brocchi, Mario Carli e Gian Paolo Callegari acquistano lineamenti sempre più negativi, divengono l'estraneo, il diverso, il «non italiano». E in Gog di Giovanni Papini, infine, l'ebreo Benrubi assume i connotati diabolici di una potenza eversiva. Il 17 novembre 1938, quando viene promulgato il R decreto n. 1728, le leggi razziali cadono su un terreno arato e seminato da secoli di pregiudizi cattolici e da decenni di letteratura popolare e nazionalista. E' davvero sorprendente, si chiede Lynn Gunzberg alla fine del suo libro, che le parole dopo essere rimaste lungamente nelle pagine dei libri, siano divenute fatti? Di fatti, per la verità, nella storia dell'ebraismo italiano ve ne furono molti altri. Vi furono i cinquanta generali ebrei che combatterono nell'esercito italiano durante la Prima guerra mondiale, i duecentotrenta ebrei che fecero la marcia su Roma, i diecimila ebrei iscritti al partito nazionale fascista, i ministri ebrei nei governi dell'Italia liberale e fascista, l'opera di Perlasca a Budapest e quella dei militari italiani durante la Seconda guerra mondiale di cui ha scritto Ivo Herze in un libro apparso recentemente presso la Catholic University of America. Forse la vita è troppo complicata per essere letta esclu sivamente attraverso il prisma della letteratura popolare. Eppure comprendo perfetta mente i sentimenti che ispirano l'analisi di Lynn Gunzberg. Sono quelli che provo anch'io quando scopro che i camerieri, i parruc chieri, i gigolò, i tagliaborse, gangster, gli sgherri e i sicari dell'immaginario letterario angloamericano, dal romanzo gotico ai film di Hollywood, parlano spes so con l'accento italiano. Mi con solo dicendomi che sono soltanto caricature; anche se le caricature purtroppo, possono somigliare all'originale. cpapfFvfcbcScgttsteasftSergio Romano