Bari la nuova mafia sono i baby-boss di Foto Tranchina

In una settimana arrestati tre piccoli capibanda, sono più spietati dei vecchi della mala In una settimana arrestati tre piccoli capibanda, sono più spietati dei vecchi della mala Bari, la nuova mafia sono i baby-boss Gianni, 14 anni, guidava assalti sanguinosi ai negozi Giuseppe, 15, preso con la pistola carica nella cintola BARI NOSTRO SERVIZIO Tredici anni sono pochi per un boss, ma guardatevi intorno, guardate la Bari dei ghetti che sforna piccoli criminali, ragazzetti dalla pistola facile, terribili capibanda pronti a razziare portafogli e premere il grilletto. Mentre i grossi calibri della malavita sono dietro le sbarre, come «Savinuccio» Parisi, il re del quartiere Japigia, market nazionale dell'eroina, come i clan Diomede, Montani e Capriati, che si dividono la città azzannandosi, fuori dilagano i baby-boss. Per pochi spiccioli sparano, con una ferocia incosciente. Gianni P. ha 14 anni. I poliziotti l'hanno preso mercoledì dopo che, con tre complici più grandi di lui, ha saccheggiato una tabaccheria e un negozio di alimentari riducendo in fin di vita un salumiere. Ha sparato un suo compagno, 17 anni, ma non ci sono dubbi dicono in questura - il capo è lui, questo ragazzino apparentemente innocuo, ma con un carattere forte, un duro. E che fosse un duro l'hanno capito tutti l'estate scorsa quando, dopo essere stato ferito con otto colpi di pistola (alcune settimane di coma, s'è salvato per miracolo) non ha neppure fiatato. Chi è stato a sparare? Chi voleva farlo fuori? «Ha pestato i piedi a qualcuno più grosso di lui», dice semplicemente Vincenzo Carella, dirigente della Squadra mobile. Ma da Gianni il duro, nean- che una sillaba. Se sa, non parla, come un boss di rango. Anche Giuseppe L. è un babyboss. Ha 15 anni e, come Gianni, è un capobanda. Quando sabato sera i carabinieri l'hanno arrestato aveva nella cintola una pistola calibro 7,65 con il colpo in canna. Otto proiettili li aveva già scaricati, appena un'ora prima, contro la porta blindata del negozio di un parrucchiere che, non facendosi sorprendere, glie l'aveva chiusa sul muso. Volevano rapinarlo, missione fallita. Poi di filato in uno studio oculistico per svuotare le tasche al medico, una donna, e ai cinque clienti che erano nella sala d'attesa. Il bottino, i baby-criminali, non sono neppure riusciti a spartirselo, perché una pattuglia dei carabinieri li ha bloccati. Giuseppe non ha fatto una grinza, perché il boss non fiata, non ha paura, semmai impugna la pistola con una spregiudicatezza che stupisce perfino gli investigatori. Sarà un caso, sarà che le nuove leve hanno subito più degli altri il fascino del modello malavitoso, ma certo il denominatore comune che unisce queste storie è l'età. Se ne stupisce anche un ufficiale dei carabinieri. Dice: «Sì, queste bande sono solitamente comandate dai più giovani, da ragazzini». Un altro esempio. Ieri la polizia ha arrestato a Bitonto un ragazzo di 14 anni. Con due complici di 15 e 16 anni avrebbe rapinato il 7 gennaio i gestori di due stazioni di servizio, un raid compiuto con due auto rubate, una Mini 90 e una Lancia Thema. Per il questore Nicola Giulitto le bande di piccoli criminali non hanno collegamenti con le organizzazioni malavitose «che in questi mesi abbiamo messo alle corde». Eppure a ottobre si scopre nella città vecchia, il feudo della potentissima famiglia Capriati, che una squadra di ragazzini viene utilizzata dai boss per smerciare eroina. «Ricordo l'episodio di un capoclan: trasportava armi facendosi aiutare da un ragazzino», dice Francesco Occhiogrosso, magistrato del tribunale per i minori, che introduce il concetto dell'affidamento mafioso: «Sì - afferma - sono molti i ragazzi che fuggono di casa per stare con i malavitosi. E allora una domanda bisogna porsi di fronte a questi avvenimenti: perché un dodicenne ha la pistola in tasca? La mia impressione è che la cultura della mafiosità, qui più che altrove, incida sui ragazzi. E' un modello per molti di loro. A Bitonto, qualche tempo fa, un tredicenne veniva considerato il boss del paese. Fuori dal suo ambiente, è tornato tranquillo, dopo sei mesi aveva fatto la comunione. Qui probabilmente tornerebbe a essere il temibile boss. Vuole saperne un'altra? Mi dicono che nella città vecchia una scuola è sul punto di chiudere: un ragazzino ha aggredito la preside, e tutti gli alunni sono con lui. Ne faranno un idolo. Perché la cultura che predomina, il modello che affascina è quello mafioso». L'«affidamento mafioso», che vi sia un diretto collegamento tra baby e big, è insomma una realtà che fa delle organizzazioni malavitose una pericolosa chioccia. E poco conta se la chioccia ora è dietro alle sbarre, poco conta se 57 imputati - il « peggio della criminalità barese devono rispondere (il processo, cominciato a giugno, si avvia alla fase finale) di associazione a delinquere finalizzata al traffico di armi e droga oltre che di tre omicidi. Perché fuori i ragazzini terribili armati fino ai denti danno l'assalto alla città. Sandro Tarantino p i i \... i ■ *. 1 Bambini del quartiere japigia da dove i piccoli boss partono per dare l'assalto a Bari [foto tranchina]

Persone citate: Capriati, Francesco Occhiogrosso, Giuseppe L., Montani, Nicola Giulitto, Parisi, Sandro Tarantino, Vincenzo Carella

Luoghi citati: Bari, Bitonto