Sì c'è voglia di epurazione alla Rai ma i giornalisti non sono tutti uguali di Paolo FrajesePaolo Frajese

Il piano di riorganizzazione deciso dal gruppo Ferruzzi FRAJESE REPLICA A «LA STAMPA» Sì, c'è voglia di epurazione alla Rai ma i giornalisti non sono tutti uguali CARO direttore, ricordo da bambino, quando camminando accanto a mio padre e a mia madre nel quartiere romano dove sono nato incontravamo spesso un signore con i capelli bianchi, l'aria dignitosa, il sorriso mesto. Un saluto silenzioso, la mano al cappello, e poi mio padre diceva «poverette, era capodivisione al ministero, era uno per bene ma è stato epurato. E invece quell'altro, che era un fascistone, è sempre al suo posto e anzi stanno per promuoverlo». Il capodivisione me l'ha fatto tornare in mente Guzzanti, con la sua proposta. Ecco, epurazione è il termine esatto per definirla. Ma per epurare ci vuole un 25 aprile, qui siamo appena all'8 settembre. I giornalisti e il sistema, i giornalisti e il potere. Il potere politico, il potere economico, il potere dei salotti dove tutti sono tanto intelligenti e spiritosi. Ora questo potere è finito, il sistema è arrivato al capolinea: si cambia, ed era ora. Su questo giornale è stata avanzata la proposta che i direttori dei telegiornali, andandosene, si portino via i «conduttori», colpevoli di aver prestato la loro faccia al sistema: conduttori o mezzobusti, ci dice La Stampa, tornate a fare i giornalisti, abbandonate la vostra sedia «per riprendere quella normale e universale di giornalisti». Non è colpa vostra, per carità, ma la vostra faccia era diventata la faccia del sistema: «... quelle figure ibride tra il giornalista e lo speaker... di quel passato erano l'emblema, la forma, il volto e la condizione». Cerchiamo di fare chiarezza: certo, ci sono conduttori «ibridi», più speaker che gior- I za: i I «ibri nalisti, anzi talvolta solo speaker. Ma c'è il conduttore ch« non ha mai smesso di essere un giornalista, e che anzi solo se vero giornalista può fare bene il suo mestiere: che non è, come ha scritto Guzzanti, quello di «tenere insieme polpettoni di mezze verità». Ma è quello di raccontare alla gente, giorno dopo giorno, quello che è successo: senza aggiungere, alla prepotenza insita nel mezzo televisivo la prepotenza di voler affermare la propria opinione o, peggio, quella di voler dare solo una verità parziale. Certo, ci sono tanti giornalisti «dimezzati», alla Rai. E non solo alla Rai. Ma ci sono anche i giornalisti che non hanno voluto «dimezzarsi», che cioè non hanno scritto le loro notizie «pensando che cosa avrebbe pensato» il tale o il talaltro personaggio di questo o quel partito. Ma hanno scritto le loro notizie controllando le fonti con rigore, cercando di evitare le approssimazioni, i luoghi comuni, la superficialità. Cercando di scrivere la verità, anche se scomoda per i potenti. E chi attribuisce la patente di giornalista «non dimezzato», al servizio del pubblico e non di partiti, gruppi, perso-, ne? Lo può fare uno solo: il pubblico, appunto. Il telespettatore che si accorge benissimo se chi gli sta parlando dal teleschermo crede in quello che dice o no: proprio perché facciamo da tanto tempo questo mestiere, capita spesso di incontrare qualcuno che ti fermi e ti chieda qualcosa di quella tal notizia, di quel certo fatto. Bene, la gente si ricorda proprio di quella volta in cui hai fatto uno sforzo particolare, scrivendo e riscrivendo più volte quelle cinque righe perché potessero essere capite da tutti e non solo dagli «addetti ai lavori». Non è la presunzione di chi dice «questa è la verità, te lo dico io e ti devi fidare»: è piuttosto l'umiltà di chi dice «senti, io ho controllato il controllabile e secondo me quella cosa è andata in questo modo». E lo dice con la sua faccia, lo spettatore lo conosce e sa se può fidarsi o no. Per qualche mio collega, essere giornalista del servizio pubblico significava essere giornalisti vicini al «palazzo», vicini ad un gruppo o ad un uomo politico, per interpretarne messaggi e desideri. In cambio si aveva una carriera «dolce». Io sono tranquillo, la mia carriera è stata aspra. Ma quando si parla di epurazioni - questo il termine esatto per la proposta de La Stampa sento puzza di bruciato. E c'è il rischio che chi denuncia veda negli altri, in realtà, quello che ha paura di leggere dentro di sé. Paolo Frajese Paolo Frajese

Persone citate: Frajese, Guzzanti