Torna il crack Ambrosiano di Susanna Marzolla
Torna il crack Ambrosiano Torna il crack Ambrosiano L'intestatario del conto svizzero dovrà rispondere di bancarotta MILANO. Chi risulterà intestatario o beneficiario, in modo illecito, del conto «Protezione» si ritroverà inquisito per concorso in bancarotta fraudolenta. Pierluigi Dell'Osso, pubblico ministero nel crack del Banco Ambrosiano, sulla vicenda ha già raccolto un cospicuo dossier «contro ignoti»: aspetta solo le carte dalla Svizzera per poter dare loro un nome. Questo intestatario o beneficiario è proprio Silvano Larini? Al momento è impossibile rispondere con certezza: nessuno ha visto quel conto. E il nome di Larini non era finora mai comparso nell'inchiesta sull'Ambrosiano. Dell'Osso non si pronuncia: «Solo quando arriveranno i documenti da Lugano avremo una risposta, e inequivocabile». Ma perché l'intestatario del conto «Protezione» finirà imputato di concorso nella bancarotta deh'Ambrosiano? Perché i soldi che lo hanno alimentato provenivano proprio da quella banca fallita per un «buco» di duemila miliardi. Nel 1986 i magistrati che indagano sul crack (Dell'Osso e i giudici istruttori Pizzi e Bricchetti) ricevono una relazione della Guardia di finanza. Segnala «un accredito di 3,5 milioni di dollari in data 30.10.1980 e un ulteriore accredito, di identica cifra, in data 3.2.1981, pervenuti al conto 633369 presso l'Ubs di Lugano e provenienti da Zus». Non è un messaggio in codice. Significa: la Zus corporation (una delle società panamensi create da Calvi per coprire gli spostamenti di denaro) ha inviato in due anni sette milioni di dollari al conto «Protezione» di Lugano. E dato che alla Zus i soldi venivano dalle consociate estere dell'Ambrosiano, «Protezione» è stato alimentato dalla banca fallita : uno dei tanti prelievi che dissanguarono il Banco. Il numero di conto dell'Ubs corrisponde a quello dell'appunto trovato in casa Gelli. L'appunto «faceva riferimento ad una tangente politica collegata alla stipula di un accordo fra Eni e Banco Ambrosiano». E «in effetti tra la Tradinvest Bank di Nassau, controllata dall'Eni, ed il banco Ambrosiano Andino era stato firmato un contratto di finanziamento nel 1980». La procura inviò una richiesta di rogatoria a Lugano. Poi le carte sulla P2 passarono a Roma. E qui la vicenda fu archiviata perché «gli accertamenti non evidenziarono il soggetto cui il conto apparteneva». Nel novembre '87 viene chiesta una nuova rogatoria e aperta un'inchiesta stralcio «nei confronti di soggetti non identificati», accusati di «illecito utilizzo dei fondi distratti in danno del gruppo Ambrosiano, con la conseguente distruzione di risorse economiche». A questo punto un'ultima ipotesi: che il conto «Protezione» sia stato utilizzato per versamenti di altre, e recenti, tangenti. Ma è poco credibile perché, almeno dalla fine dell'87, il conto è rimasto bloccato. E probabilmente, visto lo scandalo della P2 e il crack del Banco, fin dall'81 chi lo possedeva si è ben guardato dal lasciare nuove tracce. Ma qualcosa di scottante ci dev'essere comunque, se gli svizzeri ci hanno messo cinque anni a sbloccarlo. Susanna Marzolla
Persone citate: Bricchetti, Dell'osso, Gelli, Larini, Pierluigi Dell'osso, Pizzi, Silvano Larini
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