Farà nomi?
Farà nomi? Farà nomi? E a Milano c'è chi trema MILANO. Cosa dirà Giovanni Manzi? I suoi legali, Michele Saponara e Giuseppe Bonamassa, si sono detti convinti di «poter dimostrare l'insussistenza della concussione», mentre per la corruzione parlano di «fatti generici». Ma se l'interrogatorio condotto dal gip dovrà limitarsi alle accuse «ufficiali», le domande di Di Pietro e degli altri pm spazieranno probabilmente su ben altro. E Manzi cosa farà? Racconterà cose nuove, capaci di allargare l'inchiesta? Oppure si trincererà dietro i «disturbi della memoria», di cui ha parlato nell'intervista? Da oggi pomeriggio si saprà qualcosa di più e c'è da credere che parecchia gente, a Milano e non solo, viva in ansia questa vigilia di interrogatorio. Basta scorrere il curriculum di Manzi per capire che era un personaggio di primissimo piano a «Tangentopoli» e dintorni. Al momento della sua fuga, il 10 giugno scorso, le sue cariche erano queste: presidente della Sea (la società che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa), presidente di «Sea informatica», consigliere di «Airport terminal», consigliere di «Cid Italia», presidente della «Disma spa», vicepresidente dell'Anci Lombardia, consigliere dell'editrice Critica Sociale e presidente delle Edizioni Alta Brianza. A queste cariche Manzi era arrivato dopo una carriera nelle file psi, di cui è stato segretario provinciale fino all'84. [r. m.l
Persone citate: Di Pietro, Giovanni Manzi, Giuseppe Bonamassa, Manzi, Michele Saponara
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