Eastwood profumo di Oscar

I Globi d'oro premiano «Gli spietati», Al Pacino e «I protagonisti» di Altman I Globi d'oro premiano «Gli spietati», Al Pacino e «I protagonisti» di Altman Eastwood, profumo di Oscar Un killer pentito contro la violenza «Non so, forse è l'ultimo western» LOS ANGELES. Con tre Globi d'oro (miglior film drammatico, migliore sceneggiatura, miglior attore, Al Pacino), «Profumo di donna» è stato l'inatteso vincitore di sabato. Nella categoria commedie, una bella soddisfazione per Robert Altman, il cui «The Player» è stato premiato come miglior film e per l'interpretazione del suo protagonista, Tim Robbins. Per le attrici, serata con accento britannico: miglior attrice drammatica Emma Thompson per «Howards End»; migliore attrice nella categoria «comedy» Miranda Richardson per «Enchanted Aprii», che ha dato un premio da non protagonista anche a Joan Plowright. Anche se formata da soli 85 membri, la Hollywood Foreign Press ha un grande potere: i Globi sono diventati un barometro abbastanza preciso per gli Oscar. Ed ecco che al party di ieri, nel 50° anniversario, c'erano tutti: Tom Cruise, Jodie Foster, Sharon Stone, Gregory Peck. C'era anche Jack Nicholson, candidato a due Globes e rimasto a mani vuote. [1. s.j LOS ANGELES. «Una cosa alla volta per carità! Non fatemi diventare nervoso». Clint Eastwood ha appena vinto il suo Globo d'oro per la regia de «Gli spietati». E il pensiero, inevitabilmente, corre già verso il premio più importante, verso gli Oscar. Perché anche se «Profumo di donna» sabato sera gli ha portato via il titolo di miglior film drammatico, «Gli spietati» viene ancora visto come il concorrente da battere. E' stato unanimemente ammirato dai critici. Risponde a uno dei criteri che sembrano guidare i membri dell'Academy: buon successo commerciale ma non troppo. Ha saputo resuscitare il genere western proprio quando era ormai stato dato per morto. E poi, dopo aver visto Clint per trent'anni come quel tipo silenzioso che aveva lasciato Hollywood per andare a girare western in Italia e che poi si era messo a fare parti da poliziotti e vigilantes dalla pistola facile, la capitale del cinema ha voglia di rifarsi e pagare il proprio tributo. Non è una storia hollywoodiana? Il pistolero dagli occhi di ghiaccio viene finalmente riconosciuto come uno dei grandi autori americani. Come se non bastasse «Gli spietati», storia di un killer che ha compreso che la violenza è un vicolo cieco, ha un qualcosa di vagamente autobiografico. «Ma non è un atto di penitenza per quello che ho fatto in passato - precisa l'attore regista -. Ho solo voluto esplorare quello che la violenza fa non solo alle sue vittime, ma anche a chi la commette». Ci sono due immagini di Clint Eastwood. Quella del killer senza pietà e quella del cineasta brillante e originale. Quale sente più vicina? «Non c'è ragione di preoccuparsi, non sono uno che va in giro con la pistola. Sono solo uno cui piace fare film, mi sono divertito recitando per 39 anni e dirigendo per 22. Mi diverto ancora e se un giorno non accadrà più spero che saprò essere abbastanza intelligente da accettarlo, farmi da parte e diventare un professionista del golf». Cosa prova, a ormai quasi trent'anni di distanza, quando rivede i western di Sergio Leone? «Non li vedo da tantissimo tempo, anche se conservo bellissimi ricordi. Sono stati una parte della mia vita molto importante; Erano molto violenti, anche se rispetto a quello che si vede oggi non fanno più così tanta impressione. Ma c'era molta satira, un approccio diverso rispetto al western tradizionale. Io ero un giovane attore che iniziava ad affermarsi, Sergio era un nuovo regista e questo ha creato un forte legame. Un grande uomo con il quale lavorare, un grande senso dell'immagine. Da lui ho imparato moltissimo». Tornando un attimo alla violenza, negli Stati Uniti, in Italia e un po' dappertutto si sentono sempre più voci che temono una relazione tra violenza nel cinema e violenza fuori dagli schermi e nella società civile. C'è chi chiede che il mondo del cinema si dia dei limiti e che adotti degli standard. Cosa ne pensa? «Ricordo quando ero giovane, quando guardavamo James Cagney che faceva fuori la gente nei bauli delle auto. Ricordo Humphrey Bogart: tutti i nostri eroi erano coinvolti in atti di violenza, ma non per questo uscivamo nelle strade e compivamo crimini. Comunque, l'idea de "Gli spietati" è nata proprio dal desiderio di raccontare una storia in cui la violenza non è romanticizzata e viene presentata in maniera ben diversa da come si fa di questi tempi». E' difficile per Eastwood regista dirigere Eastwood attore? «No, mi tratto allo stesso modo di tutti gli altri attori. Cerco di capire quando una scena è riuscita bene e seguo un po' il mio feeling. Oppure osservo l'operatore. Vedo una smorfia e so che devo ricominciare daccapo». C'era un periodo, quando lei era sindaco di Carmel, in cui si diceva che Eastwood il politico sarebbe andato molto lontano. Adesso, mentre Bill Clinton diventa Presidente, quali considerazioni le vengono in mente? «C'è stata molta retorica nel corso della campagna elettorale e adesso spero che qualcosa si muova. Auguro a Clinton e a Gore il meglio e sarò il primo a sostenerli. Penso anche che la natura e la protezione del nostro ambiente sono una questione di grande im- portanza». Perché ha scelto Carmel? E' più facile mantenere il proprio equilibrio mentale quando si è lontani da Hollywood? «A Hollywood non c'è niente di strano, quello che importa non è dove si vive. Se si lavora seriamente ma non ci si prende troppo seriamente, mi pare che ci si può stare abbastanza bene». Una domanda sul personale. Progetti di matrimonio con una delle protagoniste de «Gli spietati», Frances Fischer? «Siamo amici molto cari. Non so niente di matrimoni e cose di questo genere. Siamo... beh... adesso non vorrei cadere nel pettegolezzo». C'è chi ha visto ne «Gli spietati» l'ultimo dei western, il film che esaurisce il genere. «Penso che se c'è una bella storia, nessun genere finisce. Ho voluto fare "Gli spietati" perché mi sono sentito molto attratto dalla sua morale, perché l'ho trovato molto attuale. E non so neanche se sarà l'ultimo dei miei western. Non si sa mai, se domani venisse qualcuno offrendomi un qualcosa di altrettanto innovativo e originale potrei anche sentirmi tentato. Se poi sarà invece il mio ultimo western, mi pare che non avrei proprio potuto chiudere meglio di così». Lorenzo Sona Clint Eastwood: «Mi sono divertito recitando per 39 anni e dirigendo per 22 e mi diverto ancora»

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