Scarcerata l'ex Br Mantovani

Scarcerata l'ex Br Mantovani Scarcerata l'ex Br Mantovani Amica di Curcio, doveva scontare 20 anni PADOVA. L'effetto Moretti si allarga ad altri componenti della direzione strategica delle Brigate rosse. Sarà forse una coincidenza, ma la Procura generale di Venezia ha ordinato la liberazione condizionale di Nadia Mantovani, uno dei leader delle Br, poi dissociata dalla lotta armata. Tre giorni fa parere favorevole era stato espresso dal tribunale di sorveglianza di Bologna, ma spettava a Venezia l'ultima parola, poiché qui la Mantovani era stata inquisita dal giudice istruttore Carlo Mastelloni che indagava sulla colonna veneta del gruppo terroristico. Emiliana, compagna di Renato Curcio dopo la morte di Mara Cagol avvenuta durante un conflitto a fuoco con le forze dell'ordine, la Mantovani è rinchiusa in carcere dal '74. E' stata condannata a una lunga pena detentiva per associazione sovversiva e banda armata, anche se non è mai stata riconosciuta colpevole di fatti di sangue, come del resto il suo vecchio compagno. Da qualche anno è legata sentimentalmente a un altro disso- ciato, Roberto Ognibene, condannato a 18 anni per l'omicidio di due attivisti del movimento sociale, Giuseppe Mazzola e Gaetano Giralucci, il 17 giugno 1974, nella sede di via Zabarella a Padova. Di quel commando facevano parte anche Fabrizio Pelli, che era entrato nella sede del movimento di destra, e poi Susanna Ronconi, Giorgio Semeria e Martino Serafini, rimasti fuori a far da copertura. La cattura di Ognibene risale anch'essa al '74, a conclusione di un conflitto a fuoco nei pressi di Milano, nel quale perse la vita il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Maritano. La casa di Robbiano di Mediglia dove il brigatista venne sorpreso era una base operativa dell'organizzazione. Era il covo verso il quale si stava dirigendo un altro pezzo da novante della colonna veneta, Carlo Picchiura, studente di Filosofìa, la sera dell'omicidio di un agente della polizia stradale, Antonio Niedda, freddato a un posto di blocco a Ponte di Brenta, nel Padovano. Picchiura stava al volante di un'auto targata Verona, quando dovette fermarsi all'alt e gli furono chiesti i documenti. Aprì il fuoco e riuscì a fuggire. Quell'omicidio gli è costato una condanna a 28 anni. Picchiura è rimasto uno dei pochi irriducibili. Ognibene, in¬ vece, sempre in virtù della legge sulla dissociazione, ha già ottenuto la semilibertà, cioè l'autorizzazione al lavoro esterno. Si reca tutte le mattine all'Ufficio tecnico del Comune di Bologna, dove fa il geometra. Alla sera rientra nella sua cella. Per chiudere le sue pendenze con la giustizia, gli manca tuttavia ancora un atto, anche questo dipendente dall'autorità giudiziaria veneta: la Corte d'assise d'appello deve esprimersi nei prossimi giorni a proposito di due reati che egli avrebbe commesso durante la detenzione. Una condanna a 14 anni gli è stata inflitta in primo grado in conseguenza di una sanguinosa rivolta avvenuta il 27 ottobre 1980 nel carcere di Bad'e Carros a Nuoro, durante la quale erano rimasti uccisi due detenuti, uno strangolato, l'altro accoltellato. Ognibene si è sempre protestato innocente e paradossalmente è proprio questo che non gli consente di usufruire anche per questi 14 anni del cumulo di pena previsto dalla legge sulla dissociazione. Una seconda accusa riguarda un giro d'armi, anch'esso entro l'istituto dove stava espiando la pena. Tutto è dunque nelle mani della corte. Il p.g. Piero Pisani ha già annunciato il suo parere favorevole. La decisione spetta comunque ai due togati e ai cinque civili del collegio presieduto da Giuseppe Spigliano Messuti. Anche la Mantovani ha già assaporato il profumo della libertà. Ha potuto mettere piede fuori dal carcere all'inizio del '91: ma era per un brevissimo periodo che dovrà recuperare. Si chiama «differimento della pena»: e la ragione di questo rinvio è che l'ex brigatista era incinta. Ha messo alla luce una bambina, di nome Anna, che ora ha 2 anni, figlia dello stesso Ognibene. Nel luglio del '91 la Mantovani ha ottenuto a sua volta il beneficio della semilibertà. Ha cominciato a lavorare all'università di Bologna, nella facoltà di Veterinaria. Anche lei doveva rientrare in carcere ogni sera. Fino alla notizia di questi giorni: la libertà, sia pure con la condizionale. Mario Lollo