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Santo Domingo, riecco Manzi Santo Domingo, riecco Manzi E i magistrati: «Troppo clamore» MILANO. Casa de Campo, Santo Domingo. E' ai Caraibi il rifugio di Giovanni Manzi, psi, ex presidente della Sea, dal 10 giugno uno dei grandi latitanti di Tangentopoli. E nulla può fare la procura di Milano, bloccata dai mancati rapporti di estradizione con il Paese caraibico. Nessun commento ufficiale dei magistrati del pool antitangenti all'intervista concessa da Giovanni Manzi al Corriere della Sera. Il pubblico ministero Gherardo Colombo si è limitato a dire: «Meno si parla di queste cose meglio è per noi». Alla domanda di un cronista se l'intervista ha, in qualche modo, danneggiato le indagini, Colombo ha risposto: «No, però il clamore non ci piace». Giovanni Manzi, nel corso dell'intervista al Corriere, dice di non avere più contatti con la moglie e le due figlie da sette mesi, afferma di avere quasi finito i soldi e sostiene di essere pronto a tornare in Italia. Dei suoi rapporti con Bettino Craxi, anche lui finito nell'inchiesta «Mani pulite», Giovanni Manzi al Corriere dice soltanto: «Lo conosco da 30 anni, ma con lui non ho mai parlato di soldi. Sempre solo di politica». Occhi puntati sugli altri lati- tanti di Tangentopoli, adesso. Soprattutto su Silvano Larini, molto vicino a Bettino Craxi. Per i giudici era lui a incassare le mazzette sulla Metropolitana per conto del segretario psi. Polinesia, Kenya, Londra e ultimamente Parigi. «Globetrotter» Larini lo è sempre stato, adesso lo è per forza. Improbabile che si costituisca presto, sembra che stia scrivendo un memoriale, in sua difesa, da inviare ai magistrati. Uccel di bosco anche Gianfranco Troielli, psi, vicepresidente delle Ferrovie Nord, Aldo Moro, psi, vicepresidente MM, e l'imprenditore Marcellino Gavio, coinvolto nel filone autostrade, ancora all'opera, forse da Montecarlo, per rilevare la «Torno spa», un'altra azienda inquisita. Fabio Potetti Giovanni Manzi, latitante a Santo Domingo