IL SOGNO DI UNA PACE di Fiamma Nirenstein

All'ora di cena la voce del Nemico r IL SOGNO DI UNA PACE All'ora di cena la voce del Nemico LENTAMENTE, i sogni dei bambini cambieranno; la paura, l'immaginario collettivo israeliano del nemico si faranno nemico in carne ed ossa. Quella voce che giovedì dalla radio e dalla televisione israeliana si rivolgeva alla popolazione era proprio la voce che per legge fino a qualche giorno fa non poteva essere ascoltata in un colloquio diretto pena la prigione, e a cui (per uria legge decaduta da due giorni per il coraggio del governo Rabin) non si sarebbe mai dovuto opporre altro che il silenzio. Era la voce dell'idea stessa di nemico, la voce del capo supremo dell'Olp Yasser Arafat. E chi sa che cosa siano le hadashot, le notizie per gli israeliani, e che cosa sia Arafat nella coscienza del popolo d'Israele, non può non sentire tutt'intera una rottura storica e conoscitiva nel fatto che Kol Israel, la Voce d'Israele, abbia irradiato da Gerusalemme a tutta la popolazione un messaggio di pace del capo dell'Olp. La radio e la televisione israeliani non hanno niente a che fare con le nostre: intrattenimento e film sono soltanto un comma del tutto secondario di uno strumento necessario, che a ogni ora ti dice se c'è pace o c'è guerra, che ti porta notizie spesso tragiche sui figli tuoi e dei tuoi vicini. Ascoltare le notizie è un'attività primaria, per la quale si smette d'un tratto di mangiare, di lavorare, di fare l'amore, di dormire. Arafat che parlava direttamente agli ebrei è stato dunque di certo ascoltato da tutti quanti, capillarmente; il timbro della sua voce di essere umano è già andato ad infrangere l'immagine paurosa di odiatore assassino di ebrei, ma anche di un leader politicamente astuto ma sorpassato con cui il pensiero collettivo israeliano si consola dalla paura. Per la festa di Purim gli ebrei celebrano la sconfitta di Aman che ai tempi del re Assuero di Persia voleva morti tutti gli ebrei; Amalek, il terribile guerriero del deserto, era il suo diretto predecessore biblico nell'odio antiebraico; poi ci provarono i Romani con la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. e l'imperatore Tito entrò nel mito ebraico come successore di Aman; più tardi, attraverso numerosi passaggi minori, è stata la volta di Hitler. Il metafisico persecutore è una figura consolidata. Dai tempi della carta dell'Olp che prometteva la cancellazione d'Israele e via via attraverso l'attentato di Monaco giù per le strade crudeli del terrorismo palestinese, l'immaginario collettivo israeliano aveva inserito Ara1 fat nella storia degli odiatori I eteri ' Yasser Arafat eterni ed assoluti di ebrei. Ed anche quando i palestinesi si sono seduti a Madrid con gli emissari di Shamir al tavolo delle trattative, pure gli israeliani hanno pensato che Hanan Ashrawi, Sarin Nusseiba, Feisal Husseini, ovvero i palestinesi dell'interno erano coloro con cui si poteva avere a che fare come con degli esseri umani. Arafat, col suo sorriso da tigre addomesticata, la piega stirata perfettamente nel mezzo della kefia anche nei momenti più sanguinosi, era rimasto il simbolo della paura, del male, dell'antisemitismo immobile nei millenni. Chi scrive ha intervistato lungamente a Tunisi il capo dell'Olp, e il narrarlo agli amici israeliani, intellettuali, politici, giornalisti di vaglio desta sempre domande che un bambino farebbe parlando di un monstrum, di un fenomeno misterioso: com'era fatto? Cosa mangia? Quant'è alto? Insomma, è un uomo vero, in carne ed ossa? Quando l'estate scorsa l'aereo di Arafat scomparve nel deserto e per qualche ora il capo dell'Olp fu creduto morto, gli israeliani sentirono nell'evento un qualche segno metafisico, come se la fine dell'odiato nemico contenesse in sé un mes' saggio da fine dei tempi, forse un segno dell'avanzata delle orde neointegraliste, o forse invece un segno di pace. Quando si seppe che era sopravvissuto, quasi un respiro di sollievo percorse il Paese. Il male non muore solo perché un aereo cade, ci vuol altro. Altri sogghignarono: il vecchio arabo è così furbo che ci ha imbrogliati tutti. Chissà che cosa ha veramente combinato nelle ore in cui pareva morto. Forse era morto davvero, dicevano i bambini alle maestre, e adesso è resuscitato. Quando la Ashrawi lo abbracciò tra le lacrime al ritorno da Madrid, a molti passò la fantasia che si trattasse di un leader dimenticato. Era ben vivo ed era il simbolo che teneva insieme le più disparate correnti dei palestinesi. E quando si è inopinatamente sposato con una fanciulla di trent'anni più giovane di lui, anche gli israeliani gli hanno dedicato qualche sorriso ironico e perfino un po' pietoso. Il signor Male Assoluto adesso ha parlato alla tv israeliana. Bisognerebbe forse adesso che anche gli arabi dedicassero lo stesso attonito stupore, lo stesso scontro di sentimenti di segno opposto alla voce di Rabin, cessando così di immaginare l'ebreo solo come un crudele soldato col mitra impugnato. E poi che i corpi in carne ed ossa si toccassero. Un vero nemico non somiglia mai a Aman né a Amalek. Fiamma Nirenstein ein | Yasser Arafat

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Madrid, Monaco, Persia, Tunisi