Evirato da un carrello
Processo per l'infortunio subito da un operaio cinquantenne Processo per l'infortunio subito da un operaio cinquantenne Evirato da un carrello Si tratta di una causa pilota in Italia, la moglie si è costituita parte civile Dovrà essere quantificato il danno subito per la menomazione del marito Che valore ha la virilità di un uomo di 50 anni che, a causa di un incidente nella ditta dove lavora, si trova evirato? Come quantificare il danno morale, psicologico, le conseguenze sulla sua vita coniugale? E come stabilire il danno subito dalla moglie, casalinga? Come tradurre in cifre l'angoscia di una donna di 39 anni che si ritrova un marito non più in grado di procreare e di avere una normale vita coniugale? La vicenda, di cui ora anche la donna soffre le conseguenze, non ha precedenti in giurisprudenza. La sua storia è destinata a trasformarsi in un caso pilota. Ieri s'è iniziato il processo in pretura per stabilire se l'imputato, amministratore delegato della ditta, può essere ritenuto responsabile da un punto di vista penale. Ma i veri nodi di questa storia dovranno essere sciolti in sede civile, quando si tratterà di dare un valore monetario alle conseguenze dell'incidente. L'episodio risale al 7 giugno 1990. G. P., dipendente da molti anni della lime, ditta di Settimo Torinese con sede in strada Ce- brosa 19, ha finito il suo turno di lavoro e sta per rientrare a casa. Un collega, Livio, gli offre un passaggio in auto. Salgono sulla vettura anche altri due operai. Livio ha parcheggiato sul piazzale davanti alla fabbrica, dietro un muro. Per uscire deve fare retromarcia, una manovra che ha ripetuto decine di altre volte. Quel pomeriggio però sul piazzale è in movimento un «muletto». L'operaio che manovra la macchina sollevatrice non s'accorge della vettura di Livio in retromarcia. Nell'urto le forcole del «muletto» perforano le portiere dell'auto sul lato destro, colpiscono due operai all'inguine. Uno se la cava, per G. P. è il dramma. Il ferro gli trafigge il basso addome. Evirato. I soccorsi sono inutili, G.P. è disperato. Si inizia un lungo periodo di interventi complicati, di operazioni di chirurgia plastica che falliscono uno dopo l'altro. Non c'è più niente da fare. Il magistrato manda a giudizio Giulio Bussone, allora amministratore della lime, difeso dagli avvocati Accatino e Obert. E' ac¬ cusato di lesioni gravissime: non ha provveduto alle necessarie misure di sicurezza per evitare incidenti sul piazzale. G. P. e la moglie si costituiscono parte civile con l'avvocato Capelletto. Il processo penale si discute davanti al pretore Maria Iannibelli. Per l'evirazione è stabilito un danno biologico del 40%. Tradotto in lire significa che G. P. percepirà dall'Inail una pensione di invalidità specifica che dovrebbe aggirarsi sulle 600 mila lire mensili. Poi G. P. sarà risarcito dalla compagnia di assicurazione della lime. E la moglie? Anche lei ha subito un danno morale, quindi dev'essere risarcita. La Cassazione, con una sentenza del novembre 1986, ha stabilito il principio che «il terzo che cagiona colposamente a persona sposata lesioni fìsiche tali da rendere impossibili i rapporti sessuali, deve risarcire il danno che ne deriva in via immediata e diretta all'altro coniuge». Nino Pietropinto
Persone citate: Accatino, Capelletto, Giulio Bussone, Maria Iannibelli, Nino Pietropinto, Obert
Luoghi citati: Italia, Settimo Torinese
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