In Mozambico per fare carriera. A scuola per «riformare la riforma» di Si. Ro.

In Mozambico per fare carriera. A scuola per «riformare la riforma» LETTERE AL GIORNALE In Mozambico per fare carriera. A scuola per «riformare la riforma» Militari intorpiditi dalla vita di caserma Nell'articolo «Pane al pane», pubblicato su La Stampa del 12 gennaio, Lorenzo Mondo ha ampiamente illustrato le ragioni che spingono al volontariato in Mozambico molti militari di leva, fra le quali spiccano l'attrazione per il lauto stipendio e r«intorpidimento causato dalla vita di caserma». Ma, forse per non infierire sull'«organizzazione (!)» militare, non è andato oltre, e così molti lettori non hanno potuto comprendere appieno i motivi dell'«intorpidimento». Ed è bene spiegarne almeno uno. Molti di questi ragazzi, dopo il Car, hanno seguito corsi di specializzazione con relativi esami, ed ora si trovano costretti a lavorare privi delle attrezzature necessarie a giustificare i suddetti corsi. Morale: almeno 5-6 mesi a disposizione dello Stato per «intorpidirsi» (malessere del resto non nuovo nei periodi di naja) e magari giustificare le carriere militari. Lettera firmata, Torino In pericolo la libertà d'insegnamento La libertà individuale d'insegnamento rischia d'essere sostanzialmente soppressa dall'attuazione delle proposte della «commissione Brocca». Essa, infatti, determina discontinuità didattiche e dolorosi contrasti fra docenti e fra docenti e presidi; rischia di costituire l'ennesima «riforma da riformare»; favorisce la numerosità e l'aggressività verbale, a danno della qualità e dello studio silente; infine potrebbe relegare il docente al ruolo di servo di molteplici padroni (non sempre colti): presidi, gruppi di docenti, maggioranze d'organi collegiali, alunni, genitori, industriali e commercianti e fazioni sindacali e partitocratiche. La propensione eccessivamente collegiale risulta passatistica ed obsoleta e contrasta la principale condizione di progresso civile ed economico: la valorizzazione dell'individuo e della sua responsabilità. Alle scuole occorre non una riforma demagogica, ma l'educazione all'etica dello studio, del lavoro, del dovere; e un più deciso impegno contro l'assenteismo. Gianfranco Nìbale, Padova La legge sull'aborto non va inasprita Si parla della necessità di inasprire la legge sull'aborto. Chi chiede nuove restrizioni non capisce che aumenterebbero gli aborti clandestini con le solite tragiche conseguenze. L'aborto è un trauma gravissimo, le donne vi ricorrono per disperazione. Se si vuole ridurre il numero di questi interventi si deve diffondere una sana conoscenza dei metodi anticoncezionali, ve ne sono di consentiti anche ai cattolici più osservanti; e aiutare le madri nubili, finanziariamente e moralmente, fornire indirizzi di enti che le assistano e sappiano difenderle dal terrorismo dell'ambiente (pensiamo ai bambini gettati nei cassonetti per «paura della gente»). Alle nubili che partoriscono in ospedale si dice che possono lasciare lì il loro figlio perché sia adottato. Ma le madri che partoriscono terrorizzate nel bagno di casa, a chi devono portare il neonato che non possono tenere? Io, per esempio non lo so. D'informazioni e aiuto c'è urgenza, non di leggi più severe. Giovanna Scotto, Roma «Non toccate la Rai per favore» Per favore non toccate la Rai! Soltanto rimanendo un'azienda pubblica può garantire la libertà di informazione, diritto inviolabile della Costituzione. Inoltre le tre reti attuali coprono lacolorazione politica di tutti i cittadini. Quindi no alla privatizzazione e al commissariamento. L'unica cosa che la Rai dovrebbe imparare dal privato è il minor spreco e una maggiore autonomia professionale a coloro che la gestiscono. Aboliamo, poi, il tetto alla pubblicità, ma premiamo gli abbonati abolendo il canone. Bruno Argenta, Torino L'aiuto dell'Italia ai bimbi di Shibis Con riferimento alle cronache di Giuseppe Zaccaria, inviato della Stampa a Mogadiscio, vorrei dire, a nome del ministro degli Esteri Colombo, quanto sia stato apprezzato l'interesse dimostrato per la condizione dei bambini ospitati nell'orfanotrofio di Shibis e, in particolare, per i delicati casi umani rappresentati dai piccoli presumibilmente figli di connazionali. Come riportato nei suddetti articoli, il rappresentante speciale del ministro Colombo, ministro plenipotenziario Enrico Augelli, si è prontamente adope¬ rato per tentare di alleviare il grave disagio in cui vivono i bambini. Al riguardo può essere utile portare a conoscenza dei lettori che i nostri militari effettuano una costante opera di pattugliamento degli immobili sede dell'orfanotrofio allo scopo di tutelarne la sicurezza. Inoltre, un primo invio di generi alimentari all'Istituto, nell'ambito degli aiuti forniti dalla Cooperazione Italiana, verrà effettuato già a partire da domani. Anche i nostri sanitari presenti nella martoriata capitale somala sono stati mobilitati per verificare sia le condizioni di salute dei bambini sia lo stato di efficienza sanitaria della struttura che li ospita. Circa i bambini di presunta origine italiana, siano essi ospitati nell'orfanotrofio o altrove residenti, dovrebbe trattarsi di poche unità. I competenti uffici del ministero degli Esteri stanno effettuando tutti gli accertamenti necessari al fine di verificarne l'effettiva cittadinanza, anche attraverso contatti con i presunti parenti italiani. Tale indagine consentirà di vagliare, con ogni positiva predisposizione, la possibilità di un loro eventuale trasferimento in Italia. Bruno Cabras Capo del Servizio stampa e informazioni del Ministero degli Affari Esteri Ringrazio per l'apprezzamento. Mi sembra però importante precisare un dato: a quanto mi risulta, solo nel quartiere di Shibis gli «italiani» sono almeno una quarantina. [g. z.] Il Centro, la burocrazia e la Wertmuller Per evitare che la sempre più estesa mancanza di memoria storica aggravi l'incompletezza dell'informazione, vorrei fare qualche precisazione a proposito dell'articolo di Simonetta Ro biony pubblicato a pagina 24 de La Stampa del 14 gennaio. Non mi risulta che l'incarico di commissario del Centro speri mentale di cinematografia sia stato dato a Lina Wertmuller dopo anni che il Centro «soffocava tra sindacalizzazione selvaggia, ribellismo degli studenti, eccessi di burocrazia, lottizzazioni disa strose...». Fra il 1982 e il 1988, anni in cui chi scrive ebbe l'onore di presiederlo, il Centro ebbe certamente delle difficoltà, per la sua sciagurata collocazione nel parastato, dove tuttora si dibatte, ma non soffocò affatto. Al contrario, per unanime giù dizio, estraneo alle lottizzazioni cui in seguito fu soggetto, si ri prese da un lungo letargo e si aprì al futuro con una serie di iniziative che rivitalizzarono suoi vari settori (la scuola, la Ci neteca nazionale, l'editoria, la sperimentazione). Cortometrag gi prodotti dal Csc vinsero i mas simi premi a festival internazionali, e la voce degli studenti fu doverosamente ascoltata, come prescritto dallo statuto, in consiglio d'amministrazione. Anche l'esempio addotto a proposito della difficoltà di ospitare illustri maestri è, vedi caso, mal posto. Proprio F. Ford Coppola venne al Csc a tenere una lezione passando per Roma nel 1984, preceduto da Cassavetes e Barbra Streisand, e seguito da Akira Kurosawa. Giovanni Grazzini, Roma Vorrei precisare che Lina Wertmuller non si riferiva con quel giudizio agli anni della sua presidenza bensì ad un periodo di difficoltà assai più lungo che il Centro di Cinematografia s'è trovato ad aura versare. Difficoltà che oggi non sono finite ancora perché, come scrive lei e come sostiene Lina Wertmuller, dipendono soprattutto dalla «sciagurata collocazione nel parastato» [si. ro.]

Luoghi citati: Italia, Mogadiscio, Padova, Roma, Torino