In una chiesa di Sulmona l'addio a Trombadori
Il giudice Priore a Napoli indaga sulle foto degli sposi E' stata la moglie a volere il funerale religiose * In una chiesa di Sulmona l'addio a Trombadori SULMONA DAL NOSTRO INVIATO «In fondo anche San Francesco era comunista». Saio, sandali e calzini impolverati, alle otto della sera un frate di ottantotto anni accompagna con lo sguardo la bara che sta lentamente uscendo dalla sua chiesa. Padre Arcangelo Gabriele non conosceva Antonello Trombadori. E nemmeno la moglie Fulvia, che pure è nata a Sulmona. E' stata lei a volere questo funerale religioso, consumato lontano dai riflettori della grande città, che si erano spenti poche ore prima nei saloni del Campidoglio: il cappottino blu di Andreotti, la sciarpona bianca di Spadolini, la corona di garofani rossi firmata «Bettino Craxi», la latitanza incolore di Occhetto e D'Alema. Per vedere tanti pidiessini bisognava venire a Sulmona, fra le pareti raccolte e un po' anonime della chiesa di Sant'Antonio, dove davanti a padre Arcangelo sostano sindacalisti paesani della Cgil e consiglieri comunali della Quercia, col berretto in mano e la testa bassa. «Preghiamo per Antonello. Non noi lo dobbiamo giudicare, ma Dio. Che ad Antonello non chiederà ragione delle sue idee, ma delle sue opere». Padre Arcangelo finisce così la sua omelia. Nessun elogio del defunto, «perchè gli elogi non si fanno in chiesa, ma fuori». Fuori, nella sala Protomoteca del Campidoglio romano, alle tre del pomeriggio una folla di cinquecento persone aveva partecipato ai funerali laici di Trombadori. Tante fàcce illustri, ma più impressionante di tutte quella di una nipotina del defunto, che proprio non voleva smetterla di piangere e ha continuato a farlo, sommessamente, durante tutta la lunghissima orazione funebre di Maurizio Ferrara. C'erano politici, uomini di cinema e storici dell'aite, in rappresentanza dei tre grandi interessi dello scomparso. Più i socialisti che i pidiessini, comunque, anche se c'erano Napolitano, Macaluso e, molto defilato, Pietro Ingrao. E poi Ronchey, Sgarbi e il suo nemico d'arte Sisinni; Monica Vitti e Francesco Rosi, che al microfono ha ricordato di quando Trombadori si battè come un leone per garantire a Luchino Visconti i soldi comunisti necessari a finanziare «La terra trema». Nella notte di Sulmona, Padre Arcangelo alza le mani sulla bara e traccia nell'aria fredda il segno della croce: «Non so se all'ultimo si è convertito. Se il cardinal Angelini... Trombadori era comunista? Ci son tanti che si dicono cristiani e poi ne combinano di tutti i colori. Altri, invece, si professano laici.e poi rallegrano il mondo con le lóro opere di bene. Lui era fra questi? Non lo so: ripeto, io non lo conoscevo. Ma Dio sì». Massimo Gramelli ni Un francescano «Ci son tanti che si dicono credenti e poi ne combinano di tutti i colori E ci sono atei che riempiono il mondo di opere di bene» Antonello Trombadori e Giulio Andreotti in una foto di qualche anno fa
Luoghi citati: Sulmona
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