Bologna orfana dell'ultimo sindaco comunista di Pierangelo Sapegno

L'addio inatteso, un segnale del cambiamento: troppo burocrate e troppo amato per essere l'uomo del futuro L'addio inatteso, un segnale del cambiamento: troppo burocrate e troppo amato per essere l'uomo del futuro Bologna orfana dell'ultimo sindaco comunista La città rimpiange Imbeni: con lui tramonta il «modello Anni 50» . : IL «MITO i» CBOLOGNA ARO sindaco, che tristezza. Oggi è uno di quei giorni che Bologna si nasconde sotto un cielo bigio, vien quasi voglia d'andarsene. Dicono che quando uno parte la prima cosa che si porta via è un ricordo, la foto di famiglia, un oggetto qualsiasi, che ne so, anche un tagliacarte. Ma Renzo Imbeni, assieme alla sua immagine così contraddittoria, i baffi tristi da impiegato delle Poste, gli occhi all'ingiù, la giaccia grigia e la cravatta a pallini che s'è messo oggi per l'ultima seduta della giunta, e quella simpatia emiliana fatta di sorrisi spontanei, di modi bonari, di sguardi complici, s'è preso qualcosa di più importante, che non può stare in nessuna valigia, che non si può mettere in nessuno scaffale, che non si potrà mai lasciare in un angolo della casa: Renzo Imbeni, sindaco dimissionario della Bologna rossa, «s'è portato via un'epoca, quella del modello», come dice il poeta Roberto Roversi, «l'illusione di un sogno che sembrava vicino», s'è portato via l'idea dolce di un porto dove approdare prima o poi nella vita, per milioni e milioni di persone che hanno creduto nel riscatto della politica e nella chimera del comunismo adattato al benessere. Per assurdo, forse, sarà anche per questo che Bologna oggi pare così triste, con il suo cielo grigio. A Palazzo d'Accursio vanno e vengono i cronisti, e i fotografi aspettano seduti sulle scale, mentre alla radio raccontano di un altro addio, di là dall'Oceano, quello di George Bush. E' difficile perdere un'abitudine, un'idea, una sicurezza. E sarà più difficile per Bruna Minardi, la segretaria fedele, cosi devota da sembrare impersonale: «Quandi) s'è presentato elegante e sorridrnte e ha esordito: "Devo dirti unn cosa", ci ho messo mezzo secondo per capire. Non è il suo compleanno, non è l'anniversario del matrimonio, dunque è fatta, mi sono detta. Il sindaco si dimette». Ma non è tanto questo che brucia. «Dimettersi è una cosa così rara che va rispettata e considerata con stima», dice lo scrittore Stefano Benni. E «smettere dopo dieci anni :ni pare un motivo eccellente», aggiunge Michele Serra, direttore di Cuore: «Rivela misura e intelligenza». Certo. E non è neppure l'uscita di un uomo, quella che aspettano i cronisti. Con tutto il rispetto per Imbeni, un po' ha ragione Nicola Matteucci, filosofo liberale, fondatore del Mulino, quando dice che «gli altri sindaci di Éologna, Renato Zangheri, Gui- do Fanti, Dozza o Zanardi erano I un'altra cosa», sicuramente più famosi. Il fatto è che da oggi, forse, non esiste più Bologna la rossa, anche se continueremo a chiamarla così perché siamo troppo attaccati agli stereotipi per rinunciarci, non esiste più «la capitale del buon governo, delle giunte di sinistra». Crescerà la Lega pure qui, e chissà che alleanze faranno, come cambieranno. E anche se Nicola Matteucci dalla roccaforte del Mulino rilascia giudizi severi e si augura «le elezioni, facce nuove e professionalmente preparate, una generazione capace di amministrare Bologna come lo fu quella di Guido Fanti»; anche se il suo grande rivale, il senatore de Nino Andreatta, lo boccia con parole piene di rispetto («L'accattivante simpatia del personaggio copriva carenze nella gestione e nell'organizzazione delle scelte operative e future»), quello che resta davvero alla fine, nella città òrfana del suo sindaco come un paese senza il suo prete, è la sensazione più profonda di un distacco epocale, speculare alla crisi del sistema che pesa sull'Italia ferita. E la verità pare essere proprio questa, che Imbeni non poteva essere il sindaco del futuro. Troppo comunista, troppo burocrate, amato dalla gente, onesto e popolare, ma troppo immobilista, in una città mercuriale e industriale che non ha più richieste omogenee, divisa fra l'opulenza e la paura della crisi. Il pei era stato la stella polare della socializzazione emiliana nei tempi lunghi della ricostruzione, dando alla città quello che la città chiedeva: una guida negli Anni Cinquanta, le case in quelli Sessanta, i servizi nei Settanta, la ricchezza diffusa e sfacciata negli Anni Ottanta. E il comunismo bolognese era stato coraggioso ai tempi di Dozza, innovatore in quelli di Fanti, maestro di pubbliche relazioni con Zangheri. Paternalista, bonario, antico, con Imbeni, l'ultimo sin¬ daco comunista. «L'ultimo sindaco Anni Cinquanta», come lo definisce il cronista dell'Unità. Ma anche, proprio per questo, «il sindaco della conservazione», come dice Gianandrea Rocco di Torre Padula, presidente degli industriali: «Ha gestito bene Bologna nei momenti in cui il confronto sullo sviluppo poteva limitarsi ad ambiti meno ampi degli attuali. Ha mostrato mancanza di corag¬ gio nello sfruttare le risorse imprenditoriali di una città che doveva aprirsi all'Europa». Nel giorno che passa, fra le antiche mura, i vicoli, i colori papalini delle case, adesso diranno di tutto. Dicono che le dimissioni di Imbeni siano piaciute a Roma. Anzi, dicono di più, che siano state volute proprio da Roma. Caro sindaco, che tristezza. Che importanza ha tutto questo? In piazza Roosevelt, gli attacchini finiscono di appiccicare l'ultimo cartellone pubblicitario: «Fortissima emozione. Nasce la Petrus. Vuoi esserci?». Alla radio spiegano che Alberto Tomba, un altro bolognese famoso, «ancora una volta non è riuscito a vincere». E' arrivato secondo, «per soli 7 centesimi». Eppure, anche 10 anni «possono essere rapidi e coinvolgenti come un lampo. I dieci anni di Imbeni sono stati i più difficili se non i più lunghi per Bologna nel dopoguerra», dice Roversi. Avverte monsignor Ernesto Vecchi, provicario generale, «il cardinale Biffi è molto triste, è dispiaciuto». Pierangelo Sapegno «Anche per il cardinale Biffi è un giorno molto triste» Ma Botteghe Oscure ringrazia Nella foto grande: Renzo Imbeni sindaco dimissionario Qui a destra Renato Zangheri suo predecessore sulla poltrona di primo cittadino a Bologna