Un italiano su venti rischia il posto

Il Censis: un milione di addetti in pericolo. E da governo e Regioni arrivano 50 mila miliardi Il Censis: un milione di addetti in pericolo. E da governo e Regioni arrivano 50 mila miliardi Un italiano su venti rischia il posto Amato: «Chiperde il lavoro non vive di uninominale L'occupazione è cruciale come le riforme istituzionali» ROMA. «Se fossi un italiano che rischia di perdere il lavoro, troverei terrificante che le istituzioni si occupassero esclusivamente di uninominale e plurinominale. Chi non ha un posto, ai figli non può dare da mangiare né l'uninominale né la plurinominale». Le parole sono di Giuliano Amato, la sede quella della conferenza Stato-Regioni. Ecco la conclusione: «Sulla questione dell'occupazione occorre che ci sia un'attenzione non inferiore a quella che c'è sulle riforme istituzionali». E' una guerra: secondo il Censis i posti a rischio sono 700 mila, forse un milione: in pratica quasi un italiano ogni venti di quelli che costituiscono la popolazione attiva. Il governo si mobilita stanziando 50 mila miliardi subito insieme al Capo dello Stato (l'altro ieri aveva ricevuto ministro del Lavoro e sindacati) e alle forze sociali. Soffre l'Italia del lavoro. Il Censis, in una ricerca presentata ieri, stima che almeno 700 mila posti di lavoro, forse un milione, spno malati. La loro cagionevolezza non evolverà necessariamente in licenziamento, ma di certo segna la fine del mito del «posto sicuro», anche nello Stato. I settori maggiormente in crisi sono quelli del credito, del commercio, il metalmeccanico, il chimico, l'edile e l'agroalimentare. Nel settore pubblico vivono in bilico la scuola (circa 200 mila insegnanti a rischio), le poste, le dogane e le forze armate. La mobilità professionale appare bloccata: calano i lavoratori dipendenti e quelli autonomi non aumentano. Gli ammortizzatori sociali - come la cassa integrazione - stanno entrando in crisi, il terziario non assorbe più gli esuberi delle attività produttive, i contratti di formazione e lavoro e le altre agevolazioni per la prima occupazione vengono utilizzati seiripre meno. La «flessibilità» occupazionale della maggior parte dei lavoratori - dice il Censis - è minima. Tradotto: chi sa fare un mestiere è buono solo per quello e si ricicla con estrema difficoltà. L'origine di questa situazione - dice ancora il Censis - sta nell'allarmante carenza formativa. Due lavoratori su tre non hanno neppure la scuola dell'obbligo e più di un quarto dei quadri intermedi ha solo quella. Quindi la «capacità di gestire la risorsa umana» diventa il fattore discriminante per uscire da questa impasse. Insomma bisogna investire sulla formazione sia scolastica che «permanente», cioè rivolta a chi già si trova nel mondo del lavoro. Similmente bisogna agire in materia di orientamento scolastico e professionale, e sul fronte dell'apprendistato che deve recuperare i suoi contenuti formativi. Per fronteggiare la crisi occupazionale sono disposti a seppellire l'ascia di guerra anche Confindustria e sindacati. Oggi - secondo l'agenzia AdnKronos - le due parti dovrebbero firmare una intesa sulla gestione dell'offerta di lavoro. Il protocollo d'intesa dovrebbe riguardare la mobilità, la formazione professionale e anche il lavoro interinale. L'accordo di fatto sancirebbe la nascita di un organismo bilaterale sindacati-imprenditori. Passiamo sul fronte istituzionale. Nell'anno appena iniziato il governo spenderà per l'occupazione oltre 50 mila miliardi. Alla cifra si giunge - come ha spiegato il ministro Reviglio nel corso dell'incontro con le Regioni - sommando le risorse già stanziate in sede di bilancio per le opere pubbliche (38-39 mila miliardi) e i fondi strutturali della Cee, più ancora quelli della nuova legge per il Mezzogiorno. «Il contenuto di occupazione della parte relativa alle opere pubbliche - ha sottolineato Reviglio - è di circa 700 mila posti di lavoro. Non si tratta però solo di nuovi posti, perché una parte degli investimenti si sarebbe realizzata lo stesso. Si tratta invece di diretta e indiretta occupazione attivata da questi investimenti». La conferenza Stato-Regioni ha costituito dei gruppi di lavoro che, entro il 9 febbraio, data di una successiva riunione, dovranno presentare delle istanze operative in materia di occupazione nei rispettivi territori, più delle proposte per opere pubbliche immediatamente cantierabili. I campi di intervento dovrebbero essere quelli del lavoro, dei lavori pubblici, dell'edilizia scolastica, dell'ambiente, dei trasporti e dell'industria. E se il 9 febbraio si fosse ancora allo stesso punto di oggi? Risponde Amato: «Allora vuol dire che abbiamo fallito». Raffaello Masci 7,20 < C/5 11,8 O «I o I GRANDI A CONFRONTO (TASSI DISOCCUPAZIONE IN %; DATI NOVEMBRE '92] 10,3 o a. <C CD ce co 10,5 < o 7,10 z 5 ce LU co 10,6 _l I tassi di disoccupazione dei 7 grandi; sotto il presidente Giuliano Amato

Persone citate: Giuliano Amato, Raffaello Masci, Reviglio

Luoghi citati: Italia, Roma