Kung: ebrei perdonate le persecuzioni cristiane

IL CASO IL CASO . Parla il teologo: niente pace fra gli Stati senza pace fra le religioni Kùng: ebrei perdonate le persecuzioni cristiane ~7y|1 TUBINGA 1 E' sempre attesa per un I libro di Hans Kùng che 1 i sta per uscire. E non solo \A I parche il professore di Tubinga, salito alla ribalta delle cronache per i suoi contrasti con il Vaticano, è certamente il teologo più famoso d'Europa ma perché ogni sua opera è sempre una sfida, audace e ambiziosa che esce dal chiuso dei circoli accademici e si rivolge all'intera società. Il più protestante dei teologi cattolici e il più cattolico dei teologi protestanti, come è stato sbrigativamente ma efficacemente definito, affronta ora la millenaria storia dell'Ebraismo (così s'intitola il libro di oltre 700 pagine che sta per uscire da Rizzoli). Kùng, 64 anni, sacerdote, svizzero, enfant prodige della teologia ai tempi del Vaticano II, non è nuovo a sforzi teoretici di questo respiro, anzi in questo caso la sfida con l'immenso corpo di problematiche emerse nei secoli della storia dell'ebraismo è solo il primo passo di un'opera che vuole abbracciare in una prospettiva ecumenica «postmoderna» le tre grandi religioni del Libro. Il metodo d'indagine è quello messo a punto nelle ultime opere, fondato sulla teoria epistemologica dei paradigmi di Thomas Kuhn. Un approccio scientifico «che non ha paura di dire la verità né a destra né a sinistra». Fedele a se stesso, Kùng non abbandona quello spirito intransigentemente moderno che gli è valso il ritiro della patente di teologo cattolico da parte del Vaticano. Il libro è destinato a provocare i lettori ebrei «Come può un teologo cristiano osare immischiarsi in questo modo negli affari interni dell'ebraismo?». Dai problemi della Legge all'Olocausto allo Stato di Israele. Ma anche a provocare i lettori cristiani (e forse anche qualche musulmano): «Come può un teologo cristiano andare così incontro all'ebraismo ed esercitare tanta autocrìtica alla luce dell'ebraismo?». La religione degli ebrei è affrontata in tutta la sua autonomia, anzi criticando quelle importanti formulazioni teologiche cristiane che interpretano l'Antico Testamento soltanto alla luce del suo completamento e superamento nei Vangeli. Chiediamo al professor Kùng, che è appena tornato da Gerusalemme nella sua casa tra i boschi a Tubinga, il motivo di questa scelta: «Oggi sappiamo che ogni religione ha il diritto di essere intesa così come essa intende se stessa. Per secoli ogni religione si è fatta delle altre un'immagine basata unicamente sui propri parametri. Ne è risultata una caricatura delle altre religioni. Ed è in particolare l'ebraismo ad avere il diritto di essere inteso così come esso intende se stesso, dopo che la caricatura dell'ebraismo, proposta nel corso dei secoli dal cristianesimo, ha condotto a indicibili persecuzioni e discriminazioni, anzi a ripetuti tentativi di sterminio degli ebrei. Nel mio libro mi sono quindi sforzato di comprendere in tutto e per tutto l'ebraismo dall'interno». Ma come si concilia con questa visione l'universalità del cristianesimo? «Ciò non significa che io, come cristiano, debba rinunciare al mio punto di vista cristiano nel dialogo con i non cristiani. Ho appena partecipato a Gerusalemme a un convegno ebraico cristiano organizzato dall'istituto Shalom Hartman nel corso del quale ho avuto il piacere di constatare che, anche nel contesto ebraico, è possibile sostenere in modo credibile il punto di vista cristiano e discutere, in spirito di amicizia e nel rispetto reciproco, questioni controverse come Paolo e la Legge. Gli ebrei non apprezzano chi, in quanto cristiano, si mostra troppo spesso "compiacente"; apprezzano molto di più chi invece, in modo intelligente e degno di fede, sa mettere in luce anche gli elementi che ci separano e sulla base dei quali è possibile stabilire un dialogo». Se ogni religione mantiene la sua prospettiva universale, com'è possibile un vero dialogo? «Quando sottolineo la disponibilità al dialogo e la pretesa di universalità non c'è contraddizione. Infatti il messaggio cristiano (come quello di altre religioni) vuole restare universale, vuole cioè che ovunque nel mondo l'uomo lo possa accogliere. Nel mio libro sostengo anch'io che il cristianesimo non deve diventare la religione di una nazione o di una tradizione culturale, bensì restare un messaggio universale». Però nella storia questo messaggio talvolta è stato imposto a culture estranee che ne hanno dovuto accettare per forza l'universalità. «Bisogna superare il vecchio concetto di "missione" in senso colonialista e imperialista. "Missione", termine con il quale si è imposta per secoli alle altre nazioni e culture l'esigenza universalistica del cristianesimo, ha perso oggi tutta la sua credibilità. Abbandonerei questo termi¬ ne e preferirei parlare della "testimonianza" degna di fede del cristiano. Un cristiano deve ovunque nel mondo difendere in modo credibile, nella teoria e nella prassi, la sostanza del Vangelo, e quando lo fa troverà rispetto anche tra i non cristiani. Pertanto disponibilità al dialogo e testimonianza di fede non si escludono, ma anzi si implicano reciprocamente». Nel suo libro lei compie un imponente sforzo sistematico per cogliere l'ebraismo nel rapporto con se stesso e con le altre religioni. Non teme che un'impostazione cosi analitica possa togliere al lettore quel gusto del sacro e del mistero che a molti sembra una delle caratteristiche principali dell'esperienza religiosa? «Il mio libro non è una predica né una meditazione teologica né una riflessione mistico-spirituale. E' un'analisi scientifica dell'ebraismo. Perciò sono interessato all'unico grande mistero che rende così provocatorio l'ebraismo in quanto religione: come Dio abbia potuto agire nella storia di questo popolo insignificante, costretto a vivere tra le grandi potenze. Su questo anche noi cristiani abbiamo il dovere di riflettere a fondo, dal momento che anche noi possiamo prendere in considerazione e comprendere l'azione di Dio nell'ebreo Gesù di Nazareth soltanto partendo dalla storia di Dio e del suo popolo». Dopo questo libro sull'ebraismo lei ne ha in programma un altro sul cristianesimo e un altro sull'islamismo. Perché le religioni del Libro devono trovare un progetto unitario? «Ebraismo, cristianesimo ed islamismo hanno una storia comune. Il cristianesimo infatti, nonostante il suo antiebraismo, ha sempre sostenuto che Dio si è già rivelato nella storia del popolo di Israele. E anche l'islamismo sostiene che al di là di ogni dubbio Maometto può essere inqua- drato solo nella storia degli altri profeti, dei profeti dell'Antico Testamento e delle grandi figure del Nuovo Testamento». Qua! è la base comune da cui partire? «A differenza dalle religioni di origine cinese (taoismo e confucianesimo) o di origine indiana (hinduismo e buddhismo) le tre religioni profetico-monoteiste, originarie del Medio Oriente, ovvero ebraismo, cristianesimo e islamismo, presentano questo elemento comune: la fede in un unico Dio, creatore, reggitore e autore nella loro compiutezza dell'uomo e del mondo, nonché la fede nella rivelazione concreta della Volontà divina nei comandamenti che Dio ordina agli uomini di seguire». E su questa base cosa si può costruire oggi, in un mondo pieno di guerre, in cui una delle aree più incandescenti è proprio il Medio Oriente, dove l'odio sembra rendere impossibile il dialogo tra le tre religioni del Libro? «E' di grande importanza ecumenica che noi oggi si sottolinei con maggior incisività questo aspetto comune proprio nell'ethos fra le religioni. Per secoli ebraismo, cristianesimo e islamismo hanno prodotto immagini ostili l'uno dell'altro, hanno perfino scatenato guerre tra loro. E' giunto il tempo di una teologia della pace. E a tale scopo è necessario lo sviluppo di un ethos comune, il dialogo. Perciò il mio progetto abbraccia tutte le religioni profetico-monoteistiche. In un mondo che cresce sempre più omogeneo dal punto di vista economico, tecnologico e della comunicazione, il compito delle religioni è quello di lavorare per la pace fra le religioni. Giacché di una cosa sono convinto: non ci sarà pace fra le nazioni senza pace tra le religioni. Ognuno dovrebbe cominciare dal proprio ambito specifico. Questo vale in Germania esattamente come in Italia». Claudio Gallo L'ultima sfida del sacerdote svizzero: «Basta con il vecchio concetto colonialista e imperialista di missione» Nellafoto grande Hans Kùng. Il teologo svizzero crìtica le teorie cristiane che considerano l'Antico Testamento «completo» solo grazie ai Vangeli. A fianco, Mose Nella foto sopra, il muro del pianto a Gerusalemme

Persone citate: Claudio Gallo, Gesù, Hans Kùng, Nazareth, Thomas Kuhn

Luoghi citati: Europa, Germania, Gerusalemme, Israele, Italia, Medio Oriente