Santa Ghigliottina 21 gennaio 1793 : il vecchio mondo perde la testa di Barbara Spinelli

Santa21 gennaio 179 - il vecchio mondo Duecento anni fa veniva decapitato Luigi XVI: viaggio tra i simboli e i personaggi del Terrore Santa21 gennaio 179 - il vecchio mondo perde la testa Mina PPARIGI RIMA di fabbricare la ghigliottina, il falegname tedesco Tobias Schmidt 1 costruiva clavicembali. Le meccaniche complicate erano la sua specialità. Il disegno della macchina decollatrice era scabro, il meccanismo trasparente. Alla base un ripiano di legno di quercia; ai lati due montanti scanalati sorreggevano una traversa, e formavano con' essa un rettangolo monumentale. Agganciato alla traversa il grande triangolo della lama, pesante 32 chilogrammi, che cadeva sul collo da 2 metri e 10 d'altezza, alla velocità di 4 metri il secondo. In speciali astucci erano custodite due lame di riserva. In basso, le due sezioni del cerchio dentro cui era infilata la testa del condannato. Corredavano l'apparecchio: un paravento per proteggere il carnefice dagli spruzzi di sangue, sei tute azzurre per boia e aiutanti, un cesto per raccogliere la testa tagliata, un paio di forbici da parrucchiere per evitare che i capelli resistessero alla lama. Una perfezione insomma, come le macchine concepite dagli enciclopedisti del Settecento. Finite le torture, finiti gli squartamenti, gli olii bollenti, e i penosi corpo a corpo tra boia e vittima. La macchina alfine li separava, per uccidere bastava azionare la puleggia, e in una frazione di secondo la vita non era più. Il triangolo, il rettangolo, il cerchio: la «bella macchina», come fu definita,'sanciva il trionfo delle forme geometriche sul mondo confuso di ieri, e sulla monarchia che per oltre un millennio l'aveva incarnato. Così la ghigliottina divenne simbolo della rivoluzione, e addirittura l'inaugurò, la fondò. Rapida era la morte, e finalmente egualitaria, e laconica. Faticosissimo era dire un'ultima parola, perché subito la lama cadeva, a spezzare la vita, e la voce. Bisognava dunque concentrare quel che s'aveva da dire in piccole frasi densissime, quando c'era forza di carattere e volontà di salvare una memoria. L'abitudine francese alla «petite phrase» - assassina se necessario, fatidica comunque - è al tempo stesso invenzione rivoluzionaria, e patibolare. «E' impossibile governare senza laconismo», ripeteva Saint-Just, e certo aveva in mente il bell'apparecchio che il 21 gennaio del 1793 avrebbe laconicamente decapitato Luigi Capeto, ultimo re di Francia per diritto divino. Ma non solo bella era la macchina, bensì anche buona, anche filantropica. In questi termini fu d'altronde magnificata dal deputato Joseph Ignace Guillotin, il 1° dicembre 1789, di fronte all'Assemblea costituente: «In tutti i casi in cui la legge pronuncerà la pena di morte il supplizio sarà lo stesso, quali che siano il rango del colpevole e il suo censo. Il criminale sarà decapitato, e la decapitazione avverrà per effetto d'un semplice meccanismo». Questo fu detto, ed è chiaro che non si trattava di perfezionare soltanto la vecchia mannaia d'origine italiana. Educato dai gesuiti, medico delle anime nonché dei corpi, il rivoluzionario Guillotùi è convinto che la «semplice macchina» servirà la grande Rivoluzione. Che sarà una macchina filosofica, figlia dei Lumi, umanitaria. Prima ancora di divenire eguali di fronte alla legge, gli uomini saranno eguali davanti alla morte. Non ci saranno più differenze, non ci saranno più privilegi: la pena inflitta al Re non sarà diversa da quella riservata all'ultimo dei sudditi. L'Uomo al posto di Dio La macchina consacra il nuovo soggetto storico che abolirà le gerarchie di ieri, che diverrà Sovrano al posto del Re, e sul patibolo battesimale riceverà il nome di Umanità, o volontà generale, o Popolo, o Nazione. Eretta nel mezzo di piazza della Rivoluzione, oggi piazza della Concorde, la ghigliottina incarna il trionfo del Bene, l'amore dell'Uomo. Non del singolo uomo - Sacche è proprio lui che si vuoannientare - ma dell'Uomo astratto. E' l'idea di uomo che dovrà sostituirsi al monarca, spodestare assieme al monarca Dio, divenire al loro posto padrone assoluto dell'universo, ricreatore del mondo, e suo finale giustiziere. La ghigliottina è lo strumento che permette di anticipare, sulla terra, il giudizio della fine dei tempi. «La storia universale è il giudizio universale», dirà più tardi Hegel, salutando l'internazionalismo rivoluzionario di Napoleone. Ma fin dall'inizio, e grazie alla ghigliottina, la rivoluzione imiterà teatralmente l'ultimo giudizio divino: da una parte i giusti, il popolo beatificato che assiste tripudiarne, inneggiante, all'esecuzione del maligno. Dall'altra i condannati, trascinati nei gironi infernali dal fiume di sangue purificatore che la macchina secerne. Si aprono le tombe, e dalle tombe s'innalza una nuova Umanità rigenerata. Salvata non più da Cristo ma dal Popolo, dall'uomo divinizzato e a sua volta Pantocrator, governatore della totalità. Santa ghigliottina, la chiamarono i giacobini durante il Terrore. Ma è con l'esecuzione di Luigi XVI che la ghigliottina è canonizzata, e diventa maestosa¬ mente sublime: lama eccelsa che incutendo terrore solleva gli animi, come sempre agisce sugli spiriti il sublime. Che recide tutti i rami del vecchio mondo e inaugura, nel sangue, il mondo nuovo. La rivoluzione è apocalittica, e apocalittica è la sua lama. «Noi abbiamo opposto la spada alla spada, e la libertà è fondata. Essa è sgorgata dal seno delle tempeste: tale origine l'accomuna al mondo, uscito dal caos, e all'uomo, che nasce nel pianto»; così Saint-Just, angelogiustiziere d'una rivoluzione che fu metafisica-romantica prima che sociale: come tutte le successive rivoluzioni fatte in nome di un'umanità astratta, di un giudizio universale da anticipare. Non avvenne allo stesso modo la decapitazione di Carlo I in Inghilterra, e non a caso al processo politico - non giudiziario - di Luigi XVI, Robespierre e SaintJust prenderanno le distanze dal regicidio britannico. In Francia non era solo in gioco il tradimento del re contro la patria, la fuga invero vigliacca, degradante, di Varennes. Qui si trattava di uccidere ambedue i corpi del re: quello naturale e quello mistico, quello mortale e quello immortale legato a Dio, quello che si chiamava Luigi Capeto e quello unto nella cattedrale di Reims col nome di Luigi XVI. «Il re non muore mai», aveva scritto Boileau, ed è precisamente questa sua mistica effigie immortale che la ghigliottina è chiamata a recidere: «Non si regna innocentemente», aveva decretato Saint-Just, la monarchia in sé e per sé è un crimine. Solo sconsacrandola è possibile sacralizzare la rivoluzione, e il nuovo Sovrano: la Volontà Generale, non scomponibile nella volontà di tutti e ciascuno. Il regicidio è al tempo stesso un deicidio. Morto Dio tutte le inversioni di ruoli saranno permesse all'umanità, che diventa nuovo corpo mistico e prenderà, nelle ore più perverse della storia, le più svariate forme. Nella rivolu¬ zione francese sarà la Nazione a divenire corpo inviolabile, in guerra contro tutte le nazioni non ancora convertite. Nella rivoluzione comunista sarà il proletariato a impersonare l'umanità che i nemici del socialismo vogliono riincatenare. Ogni volta che un partito unico pretenderà - alla stregua dei giacobini - di incarnare l'umano nella sua totalità, appariranno i concetti adoperati nel processo contro il re di Francia: i concetti di nemico dell'umanità, di straniero alla nazione, di criminale che essendo escluso dal genere umano non può appellarsi alle leggi dell'uomo, non può rivendicare altra giustizia se non quella politica, rivoluzionaria, fabbricata espressamente per il mostro. Pietà per un cane Ma anche il Popolo, che la rivoluzione mette sul trono del monarca, ha - come lui - due corpi: uno mistico-ideologico e uno naturale, uno immortale e uno più che mortale. Come unità compatta è identificato con l'Ente supremo, con la Dea Ragione venerata dalla rivoluzione. In suo nome si versa tutto quel sangue che appesta le strade, che inebria e disgusta la gente, che innaffia a Parigi piazza della Rivoluzione e a Lione lambisce addirittura i primi piani delle case antistanti il municipio. In nome del Bene, tanto sangue. Ma preso uno per uno, l'uomo diventa un mucchietto di carne disprezzabile, violabile, sospetto qualsiasi cosa faccia: è sospetto se è indifferente alla rivoluzione o se l'approva con tiepidezza, se sta attendendo il certificato di civismo, se dà nell'occhio al vicino di casa, se prega. La lama è dietro l'angolo, ogni minuto può essere il tuo turno. Davanti alla ghigliottina si radunerà un popolo-plebaglia, e tutti i vizi umani potranno esplodere: le donne soprattutto «diventano arpie», scrivono i bollettini, e urlano isteriche la loro passione più bassa, l'invidia, quando vedono donne salire il patibolo con dignità, e per di più commoventi nella loro bellezza. Non saranno anni di umanità, quelli. Un giorno sale sul patibolo un disertore, signor Notter, accompagnato dal cane. L'animale, fedele al suo padrone, cercherà di salire sul patibolo, emetterà un guaito disperato quando cadrà la lama. Stizzito, un gendarme lo infilza con una picca ed è a questo punto che la folla, fin qui impassibile, si scatena rabbiosa e lancia sassi contro il gendarme e la ghigliottina. Il cane suscita pietà, non il genere umano che la rivoluzione ha mandato - via ghigliottina - in paradiso. Verrà il giorno in cui troppo sangue avrà coperto piazza della Rivoluzione, e i cittadini che abitano presso i giardini delle Tuileries non ne soffriranno più l'odore. La ghigliottina verrà allora spostata a piazza della Bastiglia. Lì c'è il popolo duro e puro - si illudono i giacobini -, nei quartieri di Saint-Antoine ci sono i rivoluzionari veri. Ma i lavoratori sopportano ancor meno la lama redentrice. Sono infastiditi dai laghi pestiferi di sangue, non inneggiano più. Da tempo sanno che non sono solo gli aristocratici che subiscono la condanna. Leggono sui bollettini le liste dei giustiziati e si chiedono: dove sono i nobili? Dove i complici dell'Ancien Regime? Il popolo per cui è stata fatta la rivoluzione è minacciato a sua volta dalla lama. Basta percorrere uno dei tanti elenchi: Joseph Leroy, gerente d'un caffè della stazione; Francois Dupont, venditore ambulante; Paul Berson, calzolaio; Louis Laforge, fabbricante di bottoni; Jacques Valentin, portatore d'acqua; Pierre Joseph Masse, falegname; Jacques Curon, domestico; Francois Etienne Prevost, pasticciere; André Salet, fabbricante di corde di violino. Lo stesso SaintJust riconoscerà che «l'esercizio del Terrore ha disincantato il crimine, come i liquori forti disincantano il palato». I sensi alla fme si ribellano, quando i tribunali politici sostituiscono le leggi. Il disgusto metterà fine al Terrore. Il disgusto di fronte a un fabbricante di violini decapitato. Il disgusto di fronte a una macchina uscita dalle mani d'un costruttore di clavicembali. Barbara Spinelli Con la «macchina buona», la morte è uguale per tutti

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