Vienna, arriva Scalfaro ma non c'è l'ambasciatore

Vienna, arriva Scalfaro ma non c'è Kambasriojore Il 27 gennaio la visita del Presidente, febbrili trattative con il Consiglio di Stato per trovare una soluzione Vienna, arriva Scalfaro ma non c'è Kambasriojore Tempesta alla Farnesina: bloccata la carriera al fedelissimo diDeMicbelis IL CASO POLITICA E CARRIERE QROMA UANDO il presidente Scalfaro compirà la sua visita di Stato in Austria la settimana prossima la polvere sollevata dalle macerie della partitocrazia si sarà spinta fino ai saloni rococò di Palazzo Mettermeli, storica sede dell'ambasciata d'Italia a Vienna. Dall'autunno scorso, quando il Consiglio di Stato sospese nomine e promozioni degli ultimi anni alla Farnesina, l'ambasciatore Alessandro Grafini non ha più il grado per reggere quella sede. E così, oltre ai preparativi per la visita di Scalfaro, lo stato maggiore della Farnesina si trova impegnato in complicate trattative con il Consiglio di Stato per trovare una via d'uscita all'imbarazzante situazione. La vicenda del nostro ambasciatore «dimezzato» è emblematica di questo fine-regime. Fedelissimo dell'ex ministro degli Esteri Gianni De Michelis, che lo volle al suo fianco durante il suo movimentato triennio alla Farnesina, Grafini fu ricompensato con ben due promozioni e la prestigiosa ambasciata di Vienna. «Nientepopodimeno che Palazzo Mettermeli», commentarono acidamente alcuni diplomatici, che nel frattempo cominciarono ad affilare i coltelli in attesa di vendicarsi del collega ai loro occhi eccessivamente premiato. Ma Grafini non era stato l'unico ad aver fatto un gran balzo in avanti nella carriera, superando molti colleghi più anziani in graduatoria. Decine di diplomatici vicini a De Michelis, ma anche ad Andreotti e al presidente Cossiga, furono ricompensati con nomine e promozioni. Spronati dal Sndmae, il più potente sindacato al ministero degli Esteri, i diplomatici esclusi dalle grandi manovre fecero ricorso al Tar, sostenendo che i loro colleglli erano stati promossi per motivi politici anziché sulla base di criteri professionali o di anzianità. In attesa della sentenza chiesero al Tar di sospendere gli effetti amministrativi delle nomine e promozioni. Il tribunale respinse questa seconda richiesta e aìlora i diplomatici fecero appello al Consiglio di Stato. A quel punto, lo smottamento della partitocrazia era iniziato e all'interno delle istituzioni cominciava a soffiare un'aria nuova. Così lo scorso novembre il Consiglio di Stato, contraddicendo il Tar, sospese tutte le nomine e promozioni approvate dal 1988 in poi, ad eccezione di quelle relative al biennio 90-91 nel corso del quale non si era registrato alcun ricorso. Furono circa un centinaio i diplomatici colpiti da quel provvedimento a tappeto e molti di loro avevano ottenuto la loro promozione faticosamente, dopo anni di attesa. Ora la vedono sfumare per il solo fatto di esser stati promossi insieme ai raccomandati. Nel frattempo la sentenza del Consiglio di Stato si è trasformata in un incubo arnministrativo per il nuovo direttore generale del personale, ministro Joseph Nitti, che tenta di riportare un po' d'ordine nel pasticcio. Stipendi ridotti, incarichi da modificare, graduatorie da rifare e una miriade di dettagli protocollari da controllare e aggiornare. Per non parlare degli aspetti surreali della vicenda, con lettere del tipo «caro ministro, lei non è più ministro...». Il caso più spinoso, che i giuristi della Farnesina stanno esaminando proprio in questi giorni con i colleghi del Consiglio di Stato, è quello di Alessandro Grafini, ex ministro plenipotenziario di prima classe adesso declassato al rango di consigliere d'ambasciata. La legge italiana prevede che un diplomatico debba avere per lo meno la carica di ministro plenipotenziario di seconda classe per guidare un'ambasciata euro¬ pea. Allo stato, dunque, Grafini dovrebbe rinunciare a Palazzo Mettermeli, ma le sue credenziali sono già state accettate e il suo ritiro provocherebbe imbarazzo. Allora che fare? Approvare d'urgenza un «decretino» per nominarlo ministro di seconda classe? Farne un semplice incaricato d'affari per poterlo comunque tenere a Vienna? Grafini non è solo: altri ambasciatori freschi di nomina si trovano in una situazione simile alla sua. Ma la visita di Stato del presidente Scalfaro dal 27 al 29 gennaio rende questo caso più delicato. Lui, Grafini, prende la vicenda tutto sommato con filosofia. «Certo, non posso essere contento, ma del resto sono abituato: ho avuto una carriera tormentata». Poi aggiunge, con sincera malinconia: «Una cosa mi dispiace, quella sì: non potermi godere in pieno Palazzo Mettermeli». Andrea di Robilant Si pensa a un «decretino» E' guerra fra i diplomatici De Michelis (foto a sinistra) Il presidente . Scalfaro a destra

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