«Giapponesi baciatevi, è un ordine»
«Giapponesi baciatevi, è un ordine» Furono gli americani a introdurre le scene d'amore nei film orientali «Giapponesi baciatevi, è un ordine» Tutti a Hollywood per imparare la tecnica NEW YORK. «Grazie agli americani la sessualità diventò audace nei film giapponesi del dopoguerra». Lo dice Kioko Hirano nel suo libro «Mister Smith va a Tokyo» che racconta gli effetti, spesso divertenti, della censura del governo di occupazione sull'industria di film giapponesi e sulla cultura popolare nel secondo dopoguerra. «Ci ordinarono di mettere scene di baci - spiega Hirano - che per i giapponesi erano il simbolo della decadenza occidentale, qualcosa che non doveva essere fatto in pubblico. Per gli americani rappresentavano invece la forza democratica in una terra di repressione. Alcuni attori rifiutavano i ruoli in cui bisognava baciarsi, un'attrice invece andò a Hollywood a studiarne le tecniche. Quando il primo film con bacio venne proiettato, nel maggio 1946, i giovani studenti del pubblico urlarono "banzai!"». Il libro è sottotitolato «Il cinema giapponese durante l'occupazione americana nel 1945'52» e mostra con ironia la determinazione statunitense nell'incoraggiare la democrazia in Giappone attraverso i mass-media. Via i militari, la tradizione, spade, samurai, lealtà feudale, donne che camminano dietro ai mariti e il simbolo nazionale, il Fujiyama. Sì, invece, a scene di baci, partite di baseball, donne determinate e storia contemporanea. La bomba atomica era naturalmente tabù. Ogni riferi¬ mento all'Imperatore come criminale di guerra fu annullato: Hirohito doveva diventare il simbolo del Giappone occupato unito. «I giapponesi erano commossi dall'idealismo americano. Abbracciarono le idee democratiche e s'innamorarono della loro cultura. Anche se molti registi giapponesi non si sentivano pronti, la gente si abituò in fretta al nuovo stile», scrive la Hirano. L'autrice non ha vissuto in prima persona quel periodo: «Nacqui nel giugno 1952, due mesi dopo la fine dell'occupazione. Tutti quelli che ho interrogato mi hanno dato una prospettiva diversa di quegli anni: io ho cercato di mostrare sia i lati comici sia i tragici». Akira Kurosawa, nel suo libro «Quasi un'autobiografia» dell'84, commenta che i censori americani «avevano un modo di fare da gentiluomini». «Nessuno ci trattava come bestie - scrive - come facevano i censori giapponesi». A volte gli statunitensi cadevano in eccessi di zelo. Nello sceneggiare il popolare romanzo pacifista del '47 «Storia di una prostituta» nel film del 1950 «Diserzione all'alba», la sceneggiatura fu rifatta sette volte. La storia era quella di una ragazza di piacere coreana forzata a prostituirsi per i soldati giapponesi durante la seconda guerra mondiale. Gli americani pensavano che la cosa fosse troppo forte e la storia divenne quella di una cantante giapponése che amava un povero soldato, vittima di comandanti sadici. Gli americani temevano i mostrare l'esercito giapponese con otto e di alimentare così una rivoluzione comunista. Il film ebbe enorme successo e andò a Cannes del 1951. Nel libro c'è una descrizione della trasformazione dell'imperatore Hirohito da capo militare a cittadino modello. Inizialmente gli americani avevano pensa¬ to di fare una sorta di crociata contro il sistema imperiale, come dimostra un documentario del '46, «La tragedia giapponese». Ma poi pensarono che èra più sicuro preservare il sistema esistente e tentare di umanizzarlo, secondo l'idea del generale Mac Arthur, e il documentario fu censurato. «La scelta spiega la Hirano - era fra gli ideali degli occupanti e il funzionamento tranquillo dell'occupazione. Prevalse la seconda istanza». La Hirano spera che il suo libro ricordi sia agli americani che ai giapponesi come un tempo riuscirono a cooperare. «Mi piacciono i film che sottolineano le cose che i nostri due popoli hanno in comune - conclude lei non le differenze. Il periodo dell'occupazione dimostrò che era possibile collaborare: non c'è dubbio che gli americani liberarono la cultura giapponese dal gioco della guerra». (s. n.] Scene di affettuosità nelle pellicole del Sol Levante: il primo film dove si vedeva un bacio fu accolto dalla platea con l'urlo «Danzai!»
Persone citate: Akira Kurosawa, Hirano, Kioko Hirano, Mac Arthur, Mister Smith
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