Lo stilista: «Milano non è riuscita a fere il grande salto» di Alain Elkann

Lo stilista: «Milano non è riuscita a fere il grande salto» Lo stilista: «Milano non è riuscita a fere il grande salto» «Alla moda serve una dieta Soprawiverà solo chi vale» DOMENICA CON GIANFRANCO GIANFRANCO Ferré è nel suo ufficio, indossa una giacca blu, un gilè grigio, una camicia a righe (porta solo camicie a righe). Qual è la sua donna ideale? «Una donna bruna, veloce, impegnata». Un esempio? «(Ava Gardner». Se lei fosse una delle sue clienti, come si vestirebbe? «Un foulard di Issé Myake, una sottana ricamata di Armani, magari una cintura di Krizia, una camicia bianca di Ferré e, perché no? una giacca con le borchie d'oro di Versace». Perché la camicia bianca di Ferré? «A me piacciono solo tinte molto classiche: bianco, blu, nero, grigio e magari, talvolta, una macchia di colore». Lei ha imparato a guardare i colori in India quando vi lavorò per lunghi periodi dopo la sua laurea in architettura... «Sì, laggiù il colore più usato è il rosa; il rosa è la tintura meno costosa. Una volta mi colpì una macchia di colore diverso. Una donna vestita con un sari di un viola straordinario». Andy Warhol disse di lei, poco dopo i suoi inizi: «Ferré è un genio». «Sì, è vero, ma sono cose che non m'importano molto. Io sono una persona con i piedi per terra. Ammiravo Warhol, ma mi fece più impressione Diane Vreeland, la mitica direttrice della rivista "Vogue America". Fu lei a spiegarmi che il rosa era per gli indiani quello che i blue-jeans sono per gli americani»-'.'".".".""' ...." Come fa lei a essere Gianfranco Ferré a Milano e Ferré che ha preso il posto di Christian Dior a Parigi? «Quando il mio aereo si posa a Parigi, divento parigino; mi sposto nel mio albergo dove ho un appartamento e vado ad Avenue Montaigne dove è la sede di Dior. Dalle mie finestre, a Parigi, vedo spazi e luce. A Milano non c'è luce; il lavoro è più concentrato, diverso». Parigi, secondo lei, è la capitale della moda? «Sì, senz'altro, perché lo Stato francese e il sindacato della moda sono molto potenti. E' un mestiere rispettato; vi sono scuòle, concorsi, artigiani. Forse in Italia c'è più elasticità, più fantasia». Lei è di Legnano, suo nonno costruiva le famose biciclette. Come si trova a Milano? «Milano è la città dove ho studiato, dove mi sono laureato in architettura, dove mi sono creato le mie amicizie che ho tuttora. Legnano è il luogo dell'infanzia; il nostro giardino, i primi anni di scuola. Comunque torno sovente a Legnano nella nostra casa di famiglia dove vive ancora-una mia zia molto anziana». Come trova la Milano di oggi? «Trovo che non è diventata la grande metropoli europea che sembrava potesse diventare. La gente guarda molto per terra, tutto è chiuso in cortili e giardini interni. A Parigi si sente l'aria, c'è più luce». E Roma? «Roma è una città bellissima; anche Venezia è splendida, ma è come un'amante». Cosa pensa della moda oggi? C'è la crisi? «Penso che resteranno solo le cose solide, le cose che durano. In un certo senso sono contento che il mondo della moda si ridimensioni». Chi sono i sarti che stima di più? «Issé Myake, Armani, Vivian Westwood, Azedine Alaia, Yves Saint-Laurent...». Lei vive in una torre d'avorio? «Non è vero! Io vado spesso in giro per la città, mi guardo intorno, entro nei negozi. Vedo molti amici, leggo». Le tremavano le gambe quando presentò la prima collezione di Dior? «No. Certo, mi sembrava tutto un po' come un sogno». Si definirebbe un sarto europeo? «Sì certo, viaggio molto in Europa, sono lombardo, sto tra Milano e Parigi, mi piace l'Inghilterra». Come mai indossa sempre il gilè? «Perché quando arrivai da Dior mi dissero che era tradizione della Casa Dior che il sarto indossasse una specie di grembiule bianco. Non era il mio genere e scelsi d'indossare il gilè». Cosa pensa del razzismo?" «Mi fa orrore. Mi fanno orrore quei gióvani senza ideali che cambiano cantante ogni due mesi. Penso che il mondo occidentale oggi sia molto monotono, piatto. Così i giovani rispolverano i brutti fantasmi del passato». Lei come vive? «In questi giorni sono a dieta ferrea, voglio perdere almeno dieci chili. Ho lo stesso dietologo di Pavarotti. Come vivo? Ho imparato a non lavorare nei week-end e a fare un mese di vacanza d'estate. Sennò, mi sveglio alle sette e alle otto e mezzo sono in ufficio. Anche a Parigi vado in ufficio presto e spesso risalendo l'Avenue Montaigne mi capita d'incontrare il cameriere di Jean-Paul Beimondo che porta a passeggio il cane». E' vero che lei, a volte, è molto collerico, ma, in fondo, è buonissimo? «Non sta a me dire se e quanto sono buono. Cerco di essere generoso con le persone cui voglio bene. Mi capita di arrabbiarmi, e urlare quando vedo uno sba-] glio. Detesto la negligenza e la trascuratezza». Alain Elkann «A Legnano e in India ho capito le verità che mi hanno fatto diventare l'erede di Dior» «ehlcfl Gianfranco Ferrè tra le sue modelle e (sotto) con Isabelle Adjanl. In basso a sinistra Ava Gardner, suo mito femminile