I/uomo che ha tradito il boss

I/uomo che ha tradito il boss I/uomo che ha tradito il boss «Balduccio», carriera di un pastore PALERMO. Le informazioni fornite da Baldassare Di Maggio, 39 anni, originario di San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo, alla cattura di Salvatore Riina sono state definite dai carabinieri di Palermo «importanti, e tuttavia comparabili ad un cerino acceso lanciato dentro un braciere che sta già divampando». Baldassare Di Maggio, probabilmente penultimo autista del capo della Cupola, è figlio di un pecoraio, Andrea, detto «Peppino u turcu», in anni lontani sospettato di appartenere alla mafia. Avrebbe agito spinto dall'odio per Riina, ma forse, anche dalla paura: paura che Totò lo sospettasse di tradimento e avesse deciso di farlo eliminare. Per questo era fuggito al Nord finendo, una quindicina di giorni fa, nella rete dei carabinieri nei pressi di Borgomanero, in provincia di Novara. Di Maggio figlio aveva acquistato cinque anni fa un grande appezzamento di terreno, in posizione panoramica, in contrada Ginestra, tra Altoforno e San Giuseppe Jato, nei pressi di imo svincolo della strada a scorrimento veloce Palermo-Sciacca. Su quest'area aveva costruito la struttura di cemento armato di una grande villa, del valore di alcune centinaia di milioni. In paese, quando si era appreso dell'investimento immobiliare del figlio del pecoraio, che per altro non svolgeva attività economiche significative, la gente aveva concluso che «Balduccio era stato colpito da improvviso benessere», una formula di largo uso, quando si parla della manovalanza mafiosa che approda al traffico di stupefacenti. Poi qualcosa, circa due anni fa era cambiata: Balduccio si vedeva raramente in paese, era guardingo, aveva messo in vendita la sua proprietà di contrada Ginestra, senza tuttavia trovare un compratore. Di Maggio era stato segnalato dai carabinieri di Monreale alla magistratura per l'irrogazione di una misura di prevenzione nel 1982 e nel 1990. Con il primo rapporto si sottolineava che l'uomo frequentava abitualmente pregiudicati e presunti mafiosi, il secondo lo indicava come vicino a Giovanni Brusca. Sempre nel 1990 veniva denunciato per associazione a delinquere finalizzata ad una truffa alla Cee sulla base di una richiesta di contributi per l'allevamento. Di Baldassare Di Maggio ha parlato anche il pentito Leonardo Messina, che ha ricordato di averlo incontrato alla fine del 1987 o nei primi dell'88 quando si recò a San Giuseppe Jato con un altro presunto mafioso, Carmelo Ferraro, per un appuntamento con il «rappresentante della provincia di Trapani». Il luogo convenuto per rincontro era «all'ingresso del paese, sulla destra, nell'officina meccanica, sottomessa al piano stradale, di Di Maggio, che non mi fu presentato come uomo d'onore». Messina ha sostenuto di avere incontrato successivamente a cena, più volte, in locali pubblici, Di Maggio, mentre era in compagnia del costruttore Angelo Siino, di Carmelo Calò e di un medico palermitano di cui non ha saputo ricordare il nome. Scopo di questi incontri era, secondo Messina, il «pilotaggio» di una gara per la costruzione dell'istituto tecnico per geometri di Caltanissetta. Angelo Siino è capofila di un processo in corso a Palermo. Insieme con altri cinque imputati il costruttore deve rispondere di associazione mafiosa finalizzata al controllo di pubblici appalti. Secondo l'accusa, Siino era il capo di una «centrale» che rappresentava interessi della cosca corleonese ed aveva diramazioni in tutta la Sicilia. Siino avrebbe avuto contatti, secondo un rapporto del Ros, con esponenti politici ed alti burocrati. [Ansa] La soluzione dei giochi è rinviata a domani per mancanza di spazio