Nella Somalia affamata montagne di cibo al macero di Giuseppe Zaccaria

Nella Somalia affamata montagne di cibo al macero Adesso nella città a Sud di Mogadiscio sono sbarcati i soldati italiani accolti come liberatori dagli abitanti Nella Somalia affamata montagne di cibo al macero La sultana diMarka: i marines lasciano marcire i viveri sulla spiaggia REPORTAGE IN MISSIONE COL SAN MARCO MEHKA DAL NOSTRO INVIATO Le pareti traforate del terrazzino sembrano tener fuori non solo il caldo, ma anche polvere dei vicoli ed urla dei portatori. La discrezione si addice ai principi: e all'ombra delle volute arabeggianti Mana, Sultana di Merka e dello Shabel Dhexe, sta amministrando giustizia con tono sommesso. La giornata è di quelle storiche. C'è appena stato lo sbarco italiano, ma è uno sbarco pacifico: adesso, si tratta di distribuire 200 tonnellate di aiuti. «Ha visto cosa c'era sulla spiaggia? Tonnellate e tonnellate di riso, farina, olio, legumi che marciscono da quasi un mese. Erano aiuti della Croce Rossa, avrebbero dovuto distribuirli gli americani, e invece continuano a disfarsi sull'arenile». Fa un certo effetto, trovarsi calati nell'atmosfera senza tempo di questa piccola corte e scoprire che mentre intorno impazzano camion e mezzi da sbarco, elicotteri e incrociatori, qui tutto dipende da questa dolce signora che, in perfetto italiano, è pronta a parlare della storia della sua casata come degli ultimi eventi della nostra politica interna. «Sono stata da voi, prima a Roma poi al Nord, fino all'aprile scorso. Poi ho capito che qui c'era bisogno di me». E Merka, un centinaio di chilometri a Sud di Mogadiscio, 20 mila abitanti prima della guerra, adesso quasi il doppio, sembra aver ritrovato equilibrio proprio grazie a questa moderna reincarnazione di un potere secolare. Fino al regime di Siad Barre il potere dei Sultani sui gruppi tribali era riconosciuto anche dalla legge. Poi non lo è stato più, ma proprio la storia di Mana dimostra quanto sia rimasto radicato. E' dal decimo secolo che la dinastia regna sulla tribù dei Bimal, che occupa l'intera regione, e sui Ghibilat, gli «uomini chiari», discendenti lontani di arabi e portoghesi. Fino a pochi mesi fa, a Merka era il caos. Il ritorno del Capo, di un capodonna, di una donna battezzata (ha studiato dalle suore) eppure musulmana, che indossa la tunica tradizionale ma porta occhiali di Gucci, è servito a compattare più di qualsiasi politico o generale. «Mio padre, il Sultano Abdirahman Ali Issa, morì nel '68 senza figli maschi, e la carica passò a mio cugino Abukhar. All'epoca ero sposata con un colonnello dell'esercito, ma nel '78, dopo una brutta ferita nelle battaglie deU'Ogaden, morì anche lui. Mio cugino è anziano, forse gli avvenimenti l'hanno travolto... Pochi mesi fa, mentre mi trovavo ad Ostia da una delle mie sorelle, da Merka mi mandarono a dire che la mia presenza sarebbe servita». E' città antichissima, Merka, ancora avvolta intorno a una ragnatela di vicoli: «Qui c'è solo una strada per entrare e uscire racconta la Sultana -. Forse è per questo che qui Siad Barre non ha messo piede. La guerra in fondo ci ha risparmiati, anche se l'Italia di De Michelis ha grosse responsabilità nell'aver armato il dittatore. La politica comunque è cambiata, lo sappiamo bene. Sappiamo chi siete, vi conosciamo: speriamo che gli americani se ne vadano e voi restiate qui». Già, gli americani: la piccola guarnigione che da un mese sorveglia il porto, ieri mattina era rimasta esterrefatta dall'apparire all'orizzonte della squadra navale italiana. Un incrociatore, il «Vittorio Veneto», la nave «San Giorgio», e subito dopo uno sciamare di mezzi da sbarco che trasportavano fino alla spiaggia ca¬ mion dell'esercito carichi di riso, pasta, olio, conserve, farina. C'è stato qualche momento di incomprensione, poi l'operazione è proseguita senza intoppi, se non quelli causati dal mare grosso, con onde alte fino a sei metri. Adesso, mentre in compagnia della Sultana scendiamo verso la spiaggia, dietro le barriere di filo spinato che proteggono l'area di sbarco ci saranno mille somali che guardano, salutano, applaudono. Lei ha l'incedere della principessa, ma a tratti anche lo stile cede alla rabbia: «Guardi lì: migliaia di pacchi, scatole, sacchi, tutti di aiuti preziosi. Prima non li hanno distribuiti perché era pericoloso, poi perché non erano pronti, poi perché gli americani non avevano uomini. E' tutta roba che sta marcendo. La verità è che anche nelle organizzazioni umanitarie c'è gente che tenta di arricchirsi». Qui non succederà: dai camion italiani, colonne di portatori scaricano il cibo diret¬ tamente nei magazzini della Sultana, che in accordo con l'altra personalità cittadina ne curerà la distribuzione. Anche l'altro polo dell'autorevolezza, a Merka, è rappresentato da una donna: Annalena Tonelli, questa Madre Teresa laica che da un anno ha organizzato il tubercolosario. E' la tbc il male più diffuso nel la regione: nell'ospedale della Tonelli ci sono 700 ammalati. Ogni giorno, muoiono almeno cinque bambini: i parenti riportano il braccialetto con cui l'ammalato era stato contrassegnato, e l'o spedale fornisce un lenzuolo per la sepoltura. «Approfitto di voi per un appello - dice lei -: dite alle organizzazioni specializzate nella lotta alla tbc di mandare qui i loro specialisti». Ma bisogna ripartire: sulla nave «San Giorgio» il plenipotenziario Augelli deve insignire la Tonelli di un'onorificenza. Giuseppe Zaccaria *^^w^^^^9^11^^^ Un bambino somalo guarda la distribuzione dei viveri a Mogadiscio (FOTO ANSA]

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