Alice nel bordello delle meraviglie

Galateo erotico, torna l'«infernale» Louys Galateo erotico, torna l'«infernale» Louys Alice nel bordello delle meraviglie EN minuscolo martello metallico fece trillare il campanello dal suono acuto. "Chi è?". Una vocina, distinta e debole oltre il legno della porta, rispose: "Una figlia di puttana". Entrò una buffa ragazzina, dall'aria furba, canagliesca, schietta, arguta, con le braccia ciondolanti e il naso al vento...». La ragazzina si chiama Lili, è una delle quattro smodate e saffiche (ma non solo, per carità) protagoniste del romanzo erotico di Pierre Louys Figlie di tanta madre. Il libro era circolato sottobanco a Parigi dalla fine degli Anni Venti e per tutti i Trenta per diventare poi inquilino dell'«Enfer», la biblioteca «(proibita» parigina che, ormai senza più odore di zolfo, continua a ospitare, da Sade a Miller, il meglio dell'hard mondiale. In realtà tutta la prosa di Louys sembra meritevole dell'inferno. Il più timorato dei suoi testi è il celebre La femme et le pantìn da cui furono tratti film altrettanto famosi con Marlene e con BB e che ha ispirato a Bunuel Quell'oscuro oggetto del desiderio. Ma da pornografo Louys si comporta anche componendo versi. Il parnassiano-simbolista, il dandy-barbone, morto quasi cieco a 55 anni nel 1925 in una ex meravigliosa villa del 16° arrondissement, pieno di coca, di Porto, di debiti e di sudiciume, ha scritto anche qualche poemetto casto e funereo. Però il meglio di sé lo ha dato a luci rosse: nelle quartine che con regolarità metteva a disposizione e a conforto dei suoi amici artisti e mondani, Mallarmé, Valéry, D'Annunzio e gli altri dell'intelligencija europea inizio secolo. Gli irriferibili componimenti verranno tradotti e pubblicati in Italia da ES: la stessa casa editrice che in questi giorni manda in libreria un'operina minore quanto ardita, il Piccolo galateo erotico per fanciulle (ad uso degli istituti di educazione) nella versióne di Paolo Bianchi; curatore e autore della postazione il francesista Alberto Capatti, da tempo esegeta italiano di Louys e perfettamente d'accordo con Mario Praz. L'autore di La carne, la morte e il diavolo incitava, sessanta e più anni fa, a una esplorazione finalmente organica della letteratura «genitale». Ora si sta facendo. Pur con l'inevitabile perdita, nel passaggio tra le due lingue e soprattutto tra i due mondi, di alcune straordinarie finezze. Un esempio? Già dal titolo del Galateo. Nell'originale il torrido vademecum viene presentato come Manuel de civilité pour petites filles: dove civilité al posto di erotisme dimostra la passione di Louys per il funambolismo, l'ambiguità, l'eleganza culturale; oltre a un tocco, gemale, d'ironia. «Lo stile alto della letteratura erotica francese tra '800 e '900 è ben noto - ci ricorda Edoardo Sanguineti, poeta tutt'altro che insensibile al fascino del sesso -, Le sue radici sono forti, affondano nelle pagine libertine del '700. Nell'ambito della cultura simbolista, poi, questa "energia" è sembrata riaccendersi». E non ha fatto che «raffinare» la grande tradizione transalpina con la quale il nostro Paese, talvolta anche nelle sfumature, non può competere. Trentaquattro capitoletti incandescenti guidano, in altrettante situazioni di vita quotidiana, le ipotetiche fanciulle del Galateo (restando forte il dubbio) che le vere destinatarie siano' poi, perfidamente, le loro madri, spesso vivacissime e per le quali il volumetto poteva servire a poco più di un ripasso). Comunque:, consigli, ammonimenti, diktat, per comportarsi bene a tavola: («Non usate due mandarini per' fare i coglioni a una banana»), in classe («Se la somma che vi fanno fare dà come risultato 69, non mettetevi a sghignazzare come una piccola imbecille»), in confessione («Se il vostro confessore vi chiede quante volte vi siete profanata, non gli rispondete: "E lei?"»). E avanti così: al mare e in visita, con i domestici, con l'amante di mamma, con il Signor Presidente della Repubblica. In questo caso, attente, ragazze, dice Louys: «Potete chiedergli una ciocca dei suoi capelli per ricordarvi dei suoi favori...». Sarebbe invece indiscreto, è la conclusione del «docente», mutilarlo per conservarne la memoria. Routine? Non proprio. Il buon Louys è uno squisito porcello, come lo chiama Capatti, e le sue destinatarie sono fotocopie di una Vispa Teresa dalle pose sconce, di un'Alice nel bordello delle meraviglie, sono in certo un sangue sifilitico». Il prodotto poetico nato da simili esperienze reali e immaginarie è talmente scandaloso che, quando il suo autore comincia a farlo conoscere all'inizio del '900, persino il lettore più vizioso si sente offeso. La prima edizione postuma di Figlie di tanta madre non viene venduta interamente. Il romanzo, a Parigi, imbarazza, anche perché ricalca la storia di Madame Hérédia, consorte dell'accademico di Francia, e delle sue tre fighe, una delle quali è stata moglie di Louys, un'altra sua amante. Terreno di conquista dello scrittore «maledetto» nei primi vent'anni del secolo, restano allora soltanto i salotti parigini, le padrone di casa alla Verdurin, l'appartamento, al 20 di rue Jacob, dell'americana Natalie Barney, la musa chiamata «Amazone». Di lei Gide dice: «E' una delle poche persone che bisognerebbe incontrare...»; tra i suoi amici stretti si contano Rilke, Pound, T. S. Eliot, Berenson. E naturalmente Marcel Proust, affascinato dall'atmosfera da Gomorra aleggiante attorno alla dama. Anche Louys ne è stregato, benché per ragioni opposte: la figura femminile è il motore della sua vita. Ma la donna viene da lui rappresentata attraverso un solo personaggio: l'ade se atrice scafata, trionfante sul, maschio mprtificato, l'eterna Carmen. Un «amore», con forte sentimento di vendetta. Perché, poi? Cercando nella biografia dello scrittore qualche lume ne deriva, si può partire dalla data di nascita: Gand, 1870. Il bambino Pierre è concepito dalla madre insieme con il figliastro, nella casa del quale vive una amara giovinezza dilapidando il patrimonio lasciatogli dal padre legale. «Un figlio della disfatta e dell'incesto spiega Capatti -. Ai piedi della sua culla tre fate, uscite da un antico Béguinage, avevano certa¬ mente recitato le orazioni prima di deporre malaugurati doni: la sifilide, la droga, la foiba». Louys sforna, per le sue amichette, quartine feroci; sul terreno di quella che presenta come la propria incurabile pedofilia, si concede tutto. E sa essere cattivo, opportunista, ipocrita. Non tollera l'omosessualità maschile (come l'epoca gli suggerisce) arrivando a troncar di netto il sodalizio con Wilde dopo la condanna dell'amico. Però non smette di stimolare gli amplessi lesbici delle sue compagne. Tra le mura protettive del salotto, naturalmente. Uno sfacciato voyeur, in definitiva. Ma, bisogna riconoscerlo, molto, molto divertente. «Certo più del Divino Marchese, del maestro dei maestri», come dice Sanguineti, con ragione. Il fatto è che, come pornografo, Pierre Louys è assolutamente poco serio. Mirella Appetti Louys lo e In alto Pierre Louys, parnassiano-simbolista, dandy-barbone, morto nel 1925 a 55 anni. Il disegno è di G. Barbier

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